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Cosa può insegnarci una foglia di ninfea gigante sulla progettazione degli edifici?

Le foglie della ninfea gigante dell’Amazzonia sono le piante galleggianti più grandi e robuste del mondo. La loro forma costruttiva è fonte di ispirazione per la realizzazione di edifici, dai grattacieli alle torri eoliche.

DI Richard Sima

pubblicato 04-04-2024

Cosa può insegnarci una foglia di ninfea gigante sulla progettazione degli edifici?

Petra Putova, capo giardiniera presso il Giardino botanico di Liberec nella Repubblica Ceca, mostra la più piccola ninfea del mondo, la Nymphaea thermarum, accanto a quella più grande, la ninfea gigante dell’Amazzonia (Victoria amazonica).

FOTOGRAFIA DI RADEK PETRASEK, CTK/AP IMAGES

La ninfea gigante dell’Amazzonia affascina da sempre scienziati, architetti e artisti per la sua bellezza e le sue enormi dimensioni.

Ma il modo in cui le sue foglie riescono a raggiungere un diametro di 3 metri diventando abbastanza solide da sostenere il peso di un bambino piccolo è rimasto per lungo tempo un mistero; poi, la ricerca ha trovato una risposta.

Un team di scienziati britannici e francesi che studia la meccanica di queste foglie giganti ha documentato la presenza di una rete di ramificazioni che formano una sorta di impalcatura, ottimizzate per essere robuste e offrire supporto strutturale. La ricerca, pubblicata a febbraio 2022 su Science Advances, ha trasformato ciò che Chris Thorogood – vicedirettore del Botanic Garden & Arboretum presso l’Università di Oxford – chiamava “un grande enigma botanico” in una guida in grado di ispirare una migliore progettazione e organizzazione degli edifici, soprattutto nelle strutture flottanti.

“Attraverso esperimenti empirici e modellazione matematica abbiamo dimostrato che queste foglie hanno una resistenza unica e una rigida flessibilità che consente loro di crescere e raggiungere dimensioni davvero impressionanti”, afferma Thorogood, autore senior dello studio.

Cosa può insegnarci una foglia di ninfea gigante sulla progettazione degli edifici?

Alberto Trinco, orticoltore botanico, mostra una foglia rovesciata di ninfea gigante (la più grande della sua specie) presso i Kew Gardens a Londra.

FOTOGRAFIA DI DOMINIC LIPINSKI, PA IMAGES/GETTY IMAGES

Venature prodigiose

Vista da sopra, la foglia di una ninfea dell’Amazzonia assomiglia a un grande piatto da portata verde con il bordo rialzato. La fonte di tanta bellezza e vigore è visibile solo da sotto.

“Quando tiriamo su le foglie dallo stagno e i visitatori le vedono, riescono a coglierne tutta la bellezza”, aggiunge Thorogood. “Sono sorprendentemente belle”.

La parte inferiore della foglia è interamente ricoperta da una rete frattale di venature spinose che si irradiano dal gambo centrale. Le venature diventano sempre più sottili e si dividono in ramificazioni via via che si avvicinano al bordo della foglia. A intervalli regolari sono attraversate da altre venature che formano cerchi concentrici e sono presenti unicamente in questo tipo di ninfea. L’effetto complessivo è sorprendente: un’intricata rete di venature gialle sullo sfondo verde scuro o rossastro della foglia (vi sono due specie sorelle di ninfea gigante che presentano colore diverso sul lato inferiore).

La ninfea gigante fu scoperta in Sud America nel 1801 dagli esploratori britannici. Acquisì rapidamente popolarità nell’Inghilterra vittoriana, dove ottenne la denominazione di genere Victoria in onore della giovane regina. La pianta divenne così un simbolo dell’Impero britannico.

Ma si trasformò in molto più di un simbolo: i botanici infatti tentarono a più riprese di coltivarla in cattività. “Era diventata un’ossessione”, scrive Tatiana Holway nel suo libro "The Flower of Empire". “Assorbendo tutte le energie di alcuni degli uomini più brillanti e intraprendenti dell’era vittoriana, lo sforzo di recuperare questa pianta senza eguali dalle selvagge terre equatoriali dove cresceva e coltivarla in Inghilterra divenne un’impresa epica che affascinò il mondo intero”.

Joseph Paxton, giardiniere e architetto inglese, fu il primo a riuscire a coltivare la ninfea gigante. Questa ispirò il suo progetto del Crystal Palace, edificio emblematico nel panorama architettonico londinese realizzato in ghisa e vetro per la Grande esposizione universale del 1851 (poi andato distrutto a seguito di un incendio).

“La natura è il vero ingegnere”, affermò Paxton durante un discorso del 1850 alla Royal Society of Arts. “È stata lei a creare il sistema di venature e supporti longitudinali e trasversali che ho adottato per la costruzione di questo edificio”.

Paxton aveva intuito la grande resistenza strutturale della ninfea, ma solo negli ultimi anni Thorogood e i suoi colleghi ne hanno estrapolato i dettagli meccanici.

La foglia sottoposta a stress test

Attrezzati con pantaloni impermeabili, i ricercatori sono entrati nel grande stagno riscaldato del giardino botanico dell’Università di Oxford per misurare empiricamente la risposta delle foglie al peso.

“Non vedevo l’ora di vivere questa esperienza, entrare in uno stagno e poter toccare una ninfea”, racconta Finn Box, ricercatore presso l’Università di Manchester specializzato in meccanica dei fluidi e principale autore dello studio. “È stato divertentissimo”.

Per raggiungere un diametro di tre metri – di gran lunga maggiore a quello di qualsiasi altra specie analoga – la ninfea gigante dell’Amazzonia deve essere forte. Il tessuto della foglia tra le venature ha uno spessore di appena un millimetro. L’acqua su cui galleggia ne supporta il peso, ma la foglia deve poter sostenere gli acquazzoni tropicali o il peso di un uccello che vi cammina senza danneggiarsi o sprofondare. 

“Se la foglia affonda perderà il suo spazio sulla superficie che le consente di svolgere la fotosintesi”, prosegue Box.

Il segreto della ninfea gigante dell’Amazzonia è il suo vasto sistema vascolare, un’innovazione biologica di cui sono carenti le ninfee più piccole: assomiglia a un grande disco piatto con venature quasi invisibili.

Box e i suoi colleghi hanno misurato la resistenza della ninfea attraverso una serie di stress test. Innanzitutto hanno staccato una foglia di ninfea grande un metro dal gambo che la ancora al fondo, trascinandola verso il bordo dello stagno. Hanno evitato con attenzione le grosse spine lunghe un centimetro che coprono la parte inferiore e proteggono la foglia dai pesci che altrimenti se ne nutrirebbero.

Con una telecamera hanno registrato il grado di deformazione e lacerazione della foglia sottoposta a pressione o peso. Questi stress test hanno dimostrato che le foglie di ninfea dell’Amazzonia sono di gran lunga più rigide, e di conseguenza più resistenti, delle foglie più piccole di altre specie di ninfea più comuni.

Usando modelli computerizzati e un campione di prova stampato in 3D, il team di ricerca ha esaminato il funzionamento di queste piante amazzoniche. Hanno così scoperto che le venature ramificate della ninfea gigante, molto spesse al centro e più sottili via via che si avvicinano al bordo, sono in grado di distribuire uniformemente il peso della foglia; le danno corpo e sostegno, consentendole allo stesso tempo di reagire elasticamente in caso di deformazione causata, ad esempio, dal peso di un uccello, e lo fanno in modo estremamente efficiente.

Quali sono i vantaggi per la ninfea (e per noi)?

La ninfea dell’Amazzonia vive nelle zone stagionalmente alluvionate del bacino amazzonico dove, prima che l’acqua scompaia di nuovo, ha circa sei mesi per crescere. Durante questo periodo, le sue foglie giganti le consentono di catturare la massima quantità di luce solare.

Le venature che sostengono le sue foglie le consentono di avere a disposizione più superficie per la fotosintesi impiegando meno biomassa. In proporzione, le foglie normali delle ninfee più piccole non riescono a sostenere lo stesso peso.

“Più grande è la superficie, maggiore è la fotosintesi”, racconta Box. “Questa economia tra materia della pianta e capacità di realizzare la fotosintesi è ovviamente fondamentale”.

L’uomo ha già sviluppato applicazioni biomimetiche ispirate alle piante come il velcro – che ricorda il riccio della bardana – e le superfici autopulenti – che riprendono le caratteristiche delle foglie di loto. Gli spunti che è possibile ottenere da una grande foglia galleggiante non sono inverosimili: oltre a migliorare la progettazione delle strutture flottanti, potrebbero portare a nuovi ed economici design di parchi eolici offshore o persino agglomerati urbani galleggianti “seastead”. Nel 2008, basandosi sulla struttura di una foglia di ninfea gigante, l’architetto belga Vincent Callebaut ha progettato una città galleggiante chiamata “Lilypad—a Floating Ecopolis for Climate Refugees” (in italiano, "Ninfea: un’eco-città galleggiante per i rifugiati del clima").

“La lezione che noi ingegneri possiamo trarre dallo studio è che nessuno aveva mai pensato di realizzare travature ramificate o con sezioni trasversali variabili”, afferma Box. “A volte il progresso è tornare e ripensare a ciò che si è incontrato esplorando il mondo biologico e reinterpretarlo nel proprio contesto”.

C’è qualcosa di poetico nell’idea che, un giorno, l’uomo utilizzerà pannelli solari placidamente sospesi su una piattaforma ispirata alla ninfea dell’Amazzonia per raccogliere la maggiore quantità di sole possibile, proprio come questa pianta fa da milioni di anni.

“È un’idea analoga”, prosegue Box. “Perché non possiamo ispirarci all'evoluzione della natura per sviluppare soluzioni ottimali?”. 

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.