Alcimo da Messina

La lupa, Romolo e Remo e…Messina

Alcimo da Messina - 4 - Il pastore Faustolo dopo il ritrovamento dei gemelli, dipinto di Pierre Mignard (XVII secolo)

Il 21 aprile dell’anno 753 a.C. veniva fondata Roma, data fissata dallo storico latino Varrone sulla base dei calcoli effettuati dall’astronomo Lucio Taruzio. Il mito sulle origini della città, perpetuato attraverso le opere storiche di Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco e quelle poetiche di Virgilio e Ovidio, racconta invece della celebre lupa capitolina e di Romolo e Remo e della fondazione ad opera di Romolo, discendente della stirpe reale di Alba Longa. Ma andò proprio così?

Denario della prima metà del II secolo a.C. con al verso la lupa che allatta Romolo e Remo

Cosa racconta la Storia

Ad Alba Longa, dei due fratelli Amulio e Numitore, legittimo erede al trono perché primogenito è Numitore, spodestato da Amulio che ne uccide i figli maschi e costringe l’unica figlia femmina, Rea Silvia, a diventare sacerdotessa di Vesta. Essa viene rapita e stuprata da Marte e partorisce due gemelli, Romolo e Remo. Appreso ciò, Amulio fa uccidere la nipote e poi ordina a una serva di sopprimere Romolo e Remo ma mossa a pietà, li depone in una cesta affidandoli alle acque del Tevere. La cesta si arena in una pozza d’acqua vicino a una grotta dov’è la tana di una lupa che, attirata dai vagiti dei due bimbi, li allatta allevandoli come suoi cuccioli. Da lì passa il pastore Faustolo che, trovati i due gemelli, li porta nella sua capanna e li cresce come figli. Divenuti adulti e dopo l’uccisione di Amulio in battaglia, col permesso del nonno Numitore lasciano Alba Longa per fondare una nuova città sulle sponde del Tevere. Ma non potendo stabilire la primogenitura, intervengono gli dei che inviano avvoltoi: sei appaiono a Remo e dodici a Romolo. Ne nasce un acceso diverbio e Remo, colpito durante la mischia, cade privo di vita. Romolo traccia con l’aratro il “pomerium”, il solco per delimitare la nascente città. Roma era stata così fondata prendendo il nome dal suo fondatore che ne divenne, anche, il primo re.

LO SAPEVI CHE?

Nel 2007 venne scoperto, nelle viscere del colle Palatino, il “Lupercale”, il santuario dove i romani veneravano il dio Luperco (Faunus Lupercus), il luogo, cioè, dove secondo la leggenda mitologica la lupa allattò Romolo e Remo. Si tratta di una struttura ipogeica a pianta centrale coperta da volta rivestita di mosaici e conchiglie, con sontuose decorazioni a motivi di tipo geometrico ad imitazione di una copertura a lacunari in stucco o pittura.

Qual è, invece, la verità?

Fin qui la leggenda che tutti conosciamo e che abbiamo studiato nei testi scolastici. Ma chi ne fu l’autore? Il mito sulle origini di Roma è stato trattato e tramandato da diversi storici antichi: da Dionigi di Alicarnasso (60 a.C. circa – 7 a. C.) a Plutarco (46 d.C./48 d.C. – 125 d.C. /127 d.C.), da Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.) ad Ovidio (43 a.C. – 17 d.C.), e, soprattutto, Tito Livio  (59 a.C. – 17 d.C.):  ebbene, sono stati tutti dei copioni  dal momento che la leggenda della lupa, di Romolo e Remo e della fondazione di Roma, fu inventata da un messinese, Alcimo da Messina, che visse secoli prima nel  V-IV secolo a.C., uno dei più antichi storici greci ed il più antico nell'ambito dei Greci d'occidente. Alcimo, storico greco-siceliota, scrisse un'opera intitolata “Sicilia”, una “Italica” ed una “Ad Aminta” di soggetto matematico-filosofico (Aminta pare fosse un filosofo matematico di Eraclea, allievo di Platone, vissuto nel V secolo).  Ebbene, nel trattato storico “Italica”, per primo scrisse della leggenda della lupa che alleva i due gemelli abbandonati Romolo e Remo, leggenda destinata a diventare l’icona stessa della fondazione della città di Roma.

Alcimo da Messina

Sicuramente nacque dopo la conquista di Zancle da parte di Anassila, tiranno di Reggio Calabria e nativo della Messenia, perché è ricordato come Alcimo da Messina e Zancle cominciò a chiamarsi Messene solo dopo la conquista del tiranno. Di Alcimo da Messina riferisce l’erudito greco Ateneo di Naucrati, vissuto tra il II e il III secolo e ricordato, in particolare, per la sua composizione “Deipnosophistai” (che può essere tradotta come “Il banchetto dei sapienti”). The Deipnosophists is a long work of literary and antiquarian research by the   ). In questo libro Ateneo racconta ad un amico, Timocrate, di un banchetto dove uomini dotti si intrattengono dibattendo su diversi argomenti. Tra una portata e l'altra, infatti, Ateneo scrive: "Alcimus, nuovamente, conferma nella sua Storia di Sicilia che l'ideatore di bazzecole simili a quelle attribuite a Salpa, nacque a Messene […]”. (Il discorso che si tiene alla tavola di Ateneo riguarda un pesce, la salpa. Ebbe soprannome Salpa lo scrittore Mnaseas, di Locri o di Colofone, autore del “Bazzecole”). E Ninfodoro di Siracusa, scrittore greco-siculo di età ellenistica, autore di “Periplo dell'Asia” e Sicilia” , cita anche lui Alcimo: "Alcimo Sikeliotos in quello dei suoi volumi che è intitolato Italiko asserisce che tutte le donne in Italia si astengono dal bere vino per il seguente motivo […]”.

Messina
Messina