Ailanto: specie invasiva da contenere

Ailanto: specie invasiva da contenere

Originario della Cina, l’Ailanto è una specie arborea non autoctona di cui l’invasione è difficilmente controllabile in tutte le aree urbane e suburbane temperate.

Descrizione

L’ Ailanthus altissima, è detto anche albero del paradiso, “altissima” fa infatti riferimento alla sua notevole altezza, che può raggiungere i 25-30 metri, quasi a toccare il cielo. In estate è facilmente riconoscibile per le sue grandi foglie composte imparipennate, lunghe fino a 90 cm, mentre in inverno, senza la chioma, lo si riconosce dalla corteccia grigiastra liscia e gemme apicali grigie e vellutate. Le prime foglie che si formano in primavera sono di colore rossastro e i frutti sono samare alate che vengono disperse a grandi quantità dal vento per svariate distanze.
Quest’ultima caratteristica e l’estrema facilità a propagarsi vegetativamente attraverso i polloni radicali rendono l’ailanto una delle piante arboree infestanti più temibili sul nostro territorio.
Più nello specifico, si tratta di una specie pioniera ossia che si sviluppa in modo molto rapido e aggressivo negli ambienti degradati o ancora privi di vegetazione. I nuovi individui, sia nati da seme che da succhione radicale, riescono a fiorire e fruttificare in sole sei settimane e sono state registrate crescite di polloni arrivate anche a 3-4 metri in un solo anno. Resiste molto bene alla siccità, alle forti escursioni termiche e all’inquinamento urbano.

Perchè è importante contenere l’ailanto

Davanti a questa descrizione si potrebbe pensare di avere trovato una grande soluzione per gli interventi di forestazione, frangivento o di contenimento dai dissesti idrogeologici ma un suo impiego genererebbe molti più danni con un impatto importante sulla biodiversità. Questa specie, infatti, produce a livello radicale una sostanza chimica allelopatica, l’ailantone, che è nociva per le altre piante ma non per la specie Ailanthus. Con questo stratagemma, l’ailanto ostacola così l’espansione di specie differenti dalla sua, assicurandosi tutto lo spazio per potersi espandere impedendo la crescita di specie autoctone preferibili.
Entrata in Italia nel 1760 e sviluppata ovunque, ormai è impossibile optare per il totale eradicamento della specie. Le normative regionali e il regolamento forestale prevendono misure di contenimento precauzionali come il contrastamento alla diffusione della specie con eradicamenti nelle aree in cui l’ailanto non è prevalente, attuando contestualmente interventi di ripristino della vegetazione spontanea. Nei terreni privati è dunque importante non lasciare incolte aree prive di vegetazione limitando le zone a suolo nudo con la semina anche solo di miscugli erbacei.

Ma come debellare un ailanto già presente nella propria area verde?

Debellare un ailanto attecchito e di grosse dimensioni è molto difficile e costoso. La ceduazione, ossia l’abbattimento dell’individuo con un taglio netto alla base è controproducente perché stimola la produzione di ricacci dalle radici della pianta madre fino a 20 metri da questa.
Lo sdradicamento invece è una prima soluzione per i giovani alberi che non hanno ancora un apparato radicale ben sviluppato e circoscritto. Questa tecnica prevede l’asportazione di tutte le radici nel terreno quando questo è molto umido. In questo modo si facilita la manovra e si evita che si stappino delle parti che potrebbero generare nuovi individui.
Nel caso delle piante adulte, una soluzione è la cercinatura che però ha effetti sul lungo termine. Essa consiste in una parziale asportazione di una sezione di 15 cm di corteccia vascolarizzata al fine di limitare lo sviluppo e la riproduzione dell’esemplare. Compiendo questo taglio per alcuni d’anni, la pianta andrà in sofferenza fino alla completa morte per appassimento.
Avere importato l’ailanto dalla Cina è stato sicuramente un errore ecologico che si fa ancora sentire. Tuttavia, si vuole sperare che questa specie possa trasformarsi in futuro da un problema difficile da gestire a una risorsa e opportunità da sfruttare impiegato magari come agrofarmaco, fonte energetica o in ebanisteria.

 

Lotta della regione Piemonte contro l’ailanto: QUI

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