La carica dei mangiatori di nutrie

Animale schifoso? Macché. Alcuni giurano che le sue carni sono prelibate e simili a quelle del coniglio e del tacchino. In Pianura Padana qualcuno le cucina in umido. Mentre, in Louisiana e in Uruguay...
A coypu called river rat A rodent native from South America
A coypu called river rat, A rodent native from South AmericaLOTTI FABIO

Se l'estate del 2015 sarà ricordata come la stagione dei cinghiali, l'inverno 2015 si concluderà sotto il segno della nutria. Dall'Emilia-Romagna arrivano notizie allarmanti: “Le nutrie – dice la Coldiretti locale – occupano ormai tutto il territorio di pianura e di fatto hanno invaso già metà del territorio regionale. Si tratta di oltre un milione di ettari sui 2,2 milioni di superficie totale”. Occorre dunque “ripartire al più presto con il piano regionale di abbattimento delle nutrie”, alla luce del collegato ambientale della Legge di stabilità “che consente di ricorrere a piani di contenimento approvati dalle Regioni con le stesse modalità previste per la fauna selvatica”. Cosa c'entra questo con la cucina e la gastronomia italiana? Semplice. Le nutrie, secondo alcuni, si mangiano. Cacciarle e mangiarle, un bel modo per limitare la loro inarrestabile espansione, così come alcuni vorrebbero si faccia per il pesce siluro. E la Legge di stabilità approvata dal Parlamento, considerandole una specie “cacciabile”, sembra dare manforte a questa tesi. Ma sarà vero?

Impatto disastroso

Nella Bassa modenese ne sono sicuri: la nutria si mangia in umido e il suo sapore è tutt'altro che schifoso. Nonostante la lunga coda la faccia assomigliare a un grosso topo, infatti, la nutria è un parente stretto del castoro (non a caso viene chiamata anche “castorino”) originaria del Sud America e diffusasi in Italia dopo un fallito tentativo di utilizzarla in allevamenti per la produzione di pellicce. E come il castoro scava delle tane dotate di complessi sistemi di gallerie, spesso con ingresso subacqueo: solo che, anziché costruire dighe e poi grosse tane al centro del lago artificiale, lo fa sugli argini di fiumi e canali. Aumentando il rischio-alluvioni in un territorio come quello italiano in cui la manutenzione risulta spesso un'illustre sconosciuta. Ma anche i danni all'agricoltura sono notevoli. Cocomeri rosicchiati, ortaggi divorati, piante eradicate. Le nutrie, nutrendosi di germogli di piante erbacee e arboree, hanno anche la diabolica capacità di rasare i campi di cereali, per la disperazione degli agricoltori. Secondo la Coldiretti lombarda, nel 2014 le nutrie avrebbero causato danni all'agricoltura per 400mila euro.

La “scoperta”? Negli anni '50

Ma torniamo alla tavola. Carta canta: due circolari del ministero dell'Interno risalenti addirittura al 1959 autorizzano il consumo di carni di nutria, a patto che siano “sottoposte a vigilanza veterinaria, messe in vendita ad animale intero e individuate con apposito bollino a cura dell’allevatore”. Fu in quel periodo che molti ristoranti, secondo quanto riporta la Gazzetta di Modena, aggiunsero ai loro menù piatti a base di carni di nutria. Oggi tornati, se non di moda, per lo meno d'attualità. Almeno nelle parole del veterinario modenese Mauro Ferri: “La nutria fa parte dei piatti di campagna europei e americani. È simile al coniglio”. Tenetevi forte. È assimilabile o migliore di tacchino, pollo e manzo in termini di contenuti di proteine (22,1%), di bassa percentuale di grasso (1,5%) e colesterolo "cattivo". La carne è molto magra e assomiglia a quella del coniglio, con un gusto paragonabile a quello del tacchino.

La ricetta modenese

La ricetta più semplice è quella della nutria in umido. La nutria, senza pelle e disossata, viene tagliata a spezzatino e lasciata marinare in olio, aceto e rosmarino per 12 ore. Poi si cuoce a fuoco lento in padella con olio, cipolle, sedano , carote, peperoncino e spezie, con l'aggiunta di salsa di pomodoro.

Gli irriducibili trevigiani

A Farra di Soligo (Treviso) un gruppo goliardico di amici, “quei dea nutria”, organizza periodicamente cene a base di paté di nutria, nutria al forno con le cipolle, nutria arrosto con le patate e, per finire, fegatini di nutria alla veneziana. Il tutto annaffiato con Prosecco e Raboso del Piave, nota terra di nutrie. “Magari la prima volta che la mangi ti pare così e così perché sei ancora vittima del pregiudizio – ha dichiarato al Gazzettino Cristian Gai, organizzatore della serata - poi però ti abitui e ti rendi conto che stai assaporando una carne ottima, bianca, delicata, senza grassi e colesterolo. È molto meglio di quella che si trova nella grande distribuzione. La nutria è sana: si ciba solo di erba e alghe”. Le nutrie “ce le procura un cacciatore abilitato dalla Provincia al loro abbattimento. Abbiamo iniziato per goliardia visto che se ne parlava in continuazione per i danni che producono. A un certo punto abbiamo pensato: perché non le mangiamo? Adesso facciamo una cena all'anno. In quella precedente c'erano pappardelle al ragù di nutria e nutria alla salsa peverada. Chi viene per la prima volta è scettico e timoroso. Ma a fine cena sono tutti soddisfatti”. Insomma, nessuno ride più come quando, lo scorso anno, l'assessore alla Protezione civile della provincia di Treviso, Mirco Lorenzon, per la prima volta ruppe il tabù: “Carne sanissima a chilometro zero”, disse allora suscitando le ire di animalisti e gastronomi.

Il Mississippi, i castorini e i Cajun

Certo è che la nutria fa parte da sempre della gastronomia sudamericana e nordamericana, in particolare nella Louisiana. Dove si possono trovare ricette come la “nutria stufata alla Cajun”, in padella con un condimento a base di olio, salsa cajun, cipolle, peperoni verde, farina e brodo di pollo. Sempre in Louisiana, un'altra versione al tegame prevede un condimento a base di cipolla, patate, carote, cavolini di Bruxelles, vino bianco, aglio, pepe e salsa demi-glace.

Sud America, una scapece molto particolare

In Uruguay c'è invece un singolare “escabeche de nutria”, ossia una nutria alla scapece! La nutria si fa bollire per 15 minuti in acqua salata e poi cucinata in padella con carote, cipolle, pomodori, prezzemolo, basilico e aglio, con dosi abbondanti di olio e aceto. E con la successiva aggiunta di vino bianco e limone. Da servire rigorosamente con un contorno di peperoni rossi e piselli freschi.