Alcionio

al-ciò-nio

Significato Dell’alcione; relativo ai giorni precedenti e successivi al solstizio d’inverno; calmo, tranquillo

Etimologia voce dotta recuperata dal latino alcyonèus, prestito dal greco alkyóneion, da alkyón ‘alcione’.

Alcune parole ci chiedono di fermarci un momento: da esse spira una bellezza immediata, che diventa struggente quando si esplorano più in profondità, quando si intende quanto strettamente siano legate al mito e alla nostra esperienza. Oggi leggiamo con un po’ più di calma.

L’alcione è il martin pescatore — che come molte persone sapranno è un meraviglioso, piccolo uccello dai più stupefacenti toni dell’azzurro e del giallo che caccia in maniera spettacolare ovunque ci sia uno specchio d’acqua limpido. E naturalmente dobbiamo partire da lui, e dal perché porta questo nome secondo il mito antico — pensato e narrato da chi, come noi ma migliaia di anni fa, affascinato lo guardava pescare. Qui lo vediamo in una foto di Lukasz Lukasik.

Non c’è un unico personaggio femminile del mito che porti il nome di ‘Alcione’; ad esempio è anche il nome di una delle sette Pleiadi figlie di Atlante (a cui D’Annunzio intitolò la sua più stupenda raccolta di poesie, Alcyone). La nostra Alcione di oggi era invece figlia di Eolo. Soprattutto, era moglie di Cèice, a cui era legata da un amore reciproco così felice, ricco e limpido che presero a chiamarsi leziosamente a vicenda ‘Era’ e ‘Zeus’. Zeus non tollerò questa superbia, e fulminò la nave di Ceice mentre era in viaggio. Morfeo, con le sembianze di Ceice, lo annunciò ad Alcione in sogno, e lei, distrutta dal dolore, si gettò in mare. Alcione e Ceice furono così trasformati in due uccelli marini — in due alcioni.

Il mito, nelle sue varie, frammentarie versioni, racconta anche di un’ulteriore concessione pietosa accordata agli alcioni: durante il periodo della nidificazione e della cova (che gli antichi collocavano nelle due settimane intorno al solstizio d’inverno), venivano graziati da un clima senza venti, senza tempeste.

Naturalmente è una vecchia superstizione, frutto di osservazioni tradizionali in un paradigma magico (e chissà se quegli alcioni erano proprio i nostri martin pescatori), ma è vero che nel periodo più cupo dell’anno uno squarcio di calma è particolarmente benvenuto, e impressionante, e che ha il sapore di una tregua. Di qui l’alcionio diventa figuratamente il tranquillo, il pacifico — ma la sua non è una larga serenità agostana.

L’alcionio è forte di un tono iperboreo, ha una pace intima e quieta, non calorosa né sfolgorante — ma benedetta proprio per il suo essere respiro, spazio. Possiamo decidere come passare i giorni di un intermezzo alcionio fra due periodi di lavoro intenso, ci ricordiamo certi periodi alcionî passati insieme, ci perdiamo ad ascoltare il silenzio alcionio della lenta nevicata.

Una parola poco accessibile, e certo non adatta a tutti i discorsi: normale, per una gemma di questa caratura.

Parola pubblicata il 09 Dicembre 2020