YouBuild gennaio 2018

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Poste Italiane SpA - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c.1 - DCB Trento. Virginia Gambino Editore Srl - Viale Monte Ceneri 60 - 20155 Milano

N° 6 - DICEMBRE / GENNAIO 2018

ISSN 2532 - 5345

YouBuild

TENDENZE E ATTUALITÀ DAL MONDO DELLE COSTRUZIONI

COSTRUIRE Fernando Cuogo

Il mattone integra il casale nelle Langhe ANTISISMICA Come scegliere la tecnica giusta PROGETTI Lego, se l’edificio diventa componibile

SanMarco-Terreal

Laterizio ad hoc per il territorio e per l’architettura



YouBuild - DICEMBRE / GENNAIO 2018

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YB YouBuild

TENDENZE E ATTUALITÀ DAL MONDO DELLE COSTRUZIONI

ANNO 3 - NUMERO 6 - DICEMBRE / GENNAIO 2018 Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione e Pubblicità Head office, Editorial office, Subscription, Administration and Advertising Virginia Gambino Editore S.r.l. Viale Monte Ceneri, 60 - 20155 Milano - Italy Tel. +039 02 47761275 - info@vgambinoeditore.it ISSN 2532 - 5345 Direttore responsabile / Publisher VIRGINIA GAMBINO virginia@vgambinoeditore.it Direttore Editoriale / Editorial Director LUCA MARIA FRANCESCO FABRIS Comitato scientifico / Scientific Committee EZIO ARLATI (Politecnico di Milano), GIAN LUCA BRUNETTI (Politecnico di Milano), ANNA FRANGIPANE (Università di Udine), FAN FU (North China University of Technology), WENJUN MA (Shanghai Jiao Tong University), GARRY MILEY (Waterford Institute of Technology), LJUBOMIR MIŠČEVIĆ (University of Zagreb), EMANUELE NABONI (Royal Danish Academy of Fine Arts KADK), MATTEO UMBERTO POLI (Politecnico di Milano), PAOLO SETTI (Politecnico di Milano) VASO TROVA (University of Thessaly), ILARIA VALENTE (Politecnico di Milano), SERGIO ZABOT (Politecnico di Milano) Collaboratori / Contributors VALENTINA ANGHINONI, RICCARDO MARIA BALZAROTTI, ROBERTO BOLICI, EMANUELA CASTI, ELENA COMMESSATTI, EMILIA CORRADI, LUCIA CORTI, CASSANDRA COZZA, RENATO CREMONESI, ANNA DELERA, FEDERICO DELLA PUPPA, MARINA DRAGOTTO, ALBERTO FRANCHINI, MARCO IMPERADORI, SELENE MAESTRI (FOTOGRAFA), ANNA MAGRI, VERONICA MONACO, GIUSEPPE PANEBIANCO, MAURO PIANTELLI, MATTEO UMBERTO POLI, STEFANO POZZO, ALESSANDRO RAFFA, GIUSEPPE ROSSI, GERARDO SEMPREBON, CLAUDIO SOSIO DE ROSA, GABRIELE TAVASCI, STEFANO TESSADORI Impaginazione e grafica / Layout and graphics RAFFAELLA SESIA Segreteria di redazione / Editorial office GIACOMO CASARIN

Come abbonarsi / How to subscribe Italia annuo € 21,00 - Copia singola € 7,50. Per abbonarsi è possibile sottoscrivere l’abbonamento online al link youtradeweb.com/ category/abbonati/ oppure, fare richiesta a abbonamenti@vgambinoeditore.it o telefonando al numero 02 47761275 Stampa / Printing ALCIONE Lavis - Trento

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N°6 - DICEMBRE / GENNAIO 2018

SOMMARIO Bisogna fare i conti con i numeri delle case 16 Riqualificare? È un affare 18 Di chi è la colpa se nulla si muove 20 Il fascino del Settecento, il confort di oggi 22 Quella storia è da raccontare 24 Switch, come cambiamento 26

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ARCHITETTURA Lego, la filosofia del mattoncino 28 CASE HISTORY Il Bim nella rete delle pescherie 36 EDITORIALE

Una bella sfida 9

ATTUALITÀ CONVEGNO YOUBUILD Case da non riqualificare a caso 10 Case vecchie? Rifo tutto 12 Macché ruspa, meglio l’ecobonus 14

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PROFESSIONI Fare i soldi con un foglio a quadretti 44

STORIA DI COPERTINA SANMARCO-TERREAL Ci vuole un mattone per costruire paesaggi 48

INTERMEZZO VEDERE IL SILENZIO Storia per immagini di Gabriela Torres Ruiz 53


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SOMMARIO

N°6 -DICEMBRE / GENNAIO 2018

RIQUALIFICAZIONE

COME SI FA

EX FABBRICA La memoria è a colori 60

LATERLITE Con il solaio blindato il sisma non fa più paura 104

EDIFICI STORICI Via col vento (della memoria) 64

CASE HISTORY Il legno si sposa con la lana 108

STUDENTENWERK MÜNCHEN Un villaggio da medaglia d’ro 70

CASA NELLE LANGHE Panorama doc con laterizio 110

INTORNO

MILANO Se il campus è a colori 76

SPECIALE CONSOLIDAMENTO Le tecniche anti scossa 84 MUNICIPIO KITAGATA Se il dentro è anche fuori 88 ANTISISMICA Scuola promossa in classe 4 96

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EFFICIENZA L’inceneritore? Dietro casa 114

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ITALIA UNDER 40 LAGO DI COMO Una piazza attorno al fuoco 120 NEXT

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WORLD WIDE BUILD

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EVENTI & NOTIZIE

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ARCHILEGGERE

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DALL’ESTERNO

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PRIMO CONVEGNO NAZIONALE YOUBUILD 2018

CASE DA NON RIQUALIFICARE A CASO (E LE COSE DA FARE SUBITO) MERCOLEDÌ 31 GENNAIO 2018

ORE 9.00 SALA CONVEGNI DI I.LAB ITALCEMENTI VIA STEZZANO, 87 - BERGAMO PROGRAMMA 9,00 Registrazione e welcome coffee 9,30 Saluti di benvenuto/introduzione al Convegno Luca Maria Francesco Fabris, direttore editoriale della rivista YouBuild Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo Ambrogio Girotti, consigliere dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano Michele Capè, presidente della Commissione Strutture dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano

I.LAB Italcementi

9,45 Patrimonio edilizio italiano: quantità, dimensioni e problemi Federico Della Puppa, Centro Studi YouTrade 10,00 Come riqualificare e che cosa. È l’ora delle scelte Emanuela Casti, Università di Bergamo

10,45 Perché riqualificare è un affare (per tutti) Renato Cremonesi, Cremonesi Sustainability Company Coffee break 11,15

Il ruolo dei professionisti/architetti. Recuperare la residenza per rivitalizzare le città. Un racconto attraverso i progetti Anna Delera, Politecnico di Milano

Il ruolo del pubblico/privato per la riqualificazione: analisi, esperienze, prospettive Marina Dragotto, Audis 12,00 Buone pratiche: • Alta efficienza energetica per una Villa Veneta Lucia Corti

• Recupero ex-Cotonificio a Crespi d’Adda Mauro Piantelli

• Progetto Switch a Imperia Giuseppe Panebianco

13,00 Domande/risposte aperte al pubblico

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Ordine degli Ingegneri della provincia di Bergamo

Agli Ingegneri partecipanti saranno riconosciuti n. 3 CFP

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n. 3 CFP

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YB YouBuild

EDITORIALE

TENDENZE E ATTUALITÀ DAL MONDO DELLE COSTRUZIONI

Una bella sfida

di Luca MF Fabris

Bisogna sempre guardare avanti. E con ottimismo. Siamo in un momento di svolta per l’economia italiana che sta premiando chi ha saputo e potuto vivere la crisi che ha attraversato questo ultimo decennio come una possibilità per migliorarsi nella ricerca, nella produzione e nella specializzazione della propria competitività. C’è, finalmente, una nuova luce che sta offrendo nuova speranza anche a chi ha più sofferto nel complesso mondo del fare impresa. Per seguirvi in questa nuova avventura anche YouBuild si rinnova, rimanendo fedele alla sua missione: essere al vostro fianco come una rivista pratica e operativa che sa unire il racconto dell’architettura contemporanea alle tematiche legate alla ristrutturazione e al cantiere restituendo un quadro approfondito sull’attualità del mondo delle costruzioni. Per questo YouBuild affronterà in ciascun numero dei temi specifici declinati attraverso la voce di esperti qualificati che faranno della rivista un punto di osservazione multidisciplinare sull’arte del costruire e della riqualificazione sia a livello di edificio sia a quello territoriale e paesaggistico. E, sempre per questo, YouBuild si è dotata di un Comitato Scientifico capace di aiutarci nel leggere la realtà e individuare quali saranno i temi che diventeranno di attualità nel futuro nell’ambito delle tre «R» che sono lo spirito stesso della nostra rivista: Riqualificare, Rinnovare e Recuperare. Ringrazio l’Editore Virginia Gambino che crede in questo progetto che vuole coniugare informazione e conoscenza attraverso una comunicazione attenta e curiosa, capace di raccontare gli aspetti tecnici dell’architettura attraverso l’esperienza del saper fare e della ricerca. Una sfida che mi rende orgoglioso, come docente universitario e come giornalista.

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ATTUALITÀ

CONVEGNO YOUBUILD

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di Luca Maria Francesco Fabris


Case da non riqualificare andando a caso (E LE COSE DA FARE SUBITO) Il primo convegno di YouBuild è dedicato al settore dell’abitazione. Una scelta dovuta per una rivista che declina il fare edilizio secondo le tre voci che, ce lo confermano tutti gli studi e gli indicatori economici, hanno e avranno sempre più importanza nel futuro dell’economia italiana legata al mattone: Riqualificare, Rinnovare e Recuperare. Sono le 3R di YouBuild

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bbiamo chiesto a esperti e operatori del settore di raccontarci, non solo attraverso dati statistici, ma anche e soprattutto tramite casi studio pratici ed esempi di buone pratiche, cosa definisce questo quadro e come si possa interpretare, anche alla luce della ripresa economica in atto e della necessità di non commettere più errori. Ne è derivata un’interessante lettura su quali siano gli elementi caratterizzanti di un movimento che, passando attraverso l’attuazione concreta di sinergie tra saperi diversi (architettura, ingegneria, materiali, risparmio energetico, qualità di vita) possa coinvolgere l’intera società italiana e permetterle di guardare avanti con rinnovata fiducia. Nelle pagine che seguono trovate gli argomenti e le idee presentate dagli oratori del Convegno: la lista delle cose «da fare subito» e che YouBuild ostinatamente metterà sempre in evidenza.

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Convegno YOUBUILD

LA LOCATION Una splendida scena ospiterà il 1° Convegno YouBuild: l'i-lab Italcementi, situato nell'area del Parco Scientifico e Tecnologico KilometroRosso di Bergamo. i.lab ospita il centro Innovazione di Prodotto del Gruppo HeidelbergCement e la sede italiana di Italcementi. Progettato da Richard Meier e realizzato nel 2012, è esemplare per la qualità, che si nota in ogni componente, e per i grandi spazi che mettono in comunicazione persone e funzioni. i.lab è una vera e propria fabbrica della conoscenza, un laboratorio dove ogni elemento costruttivo, ogni area funzionale, ogni soluzione spaziale è a sua volta una dimostrazione delle possibilità espressive e costruttive del cemento nelle sue forme tecnicamente più aggiornate. Gli elementi della costruzione, le colonne, la grande parete in cemento trasparente, le alte vetrate scandiscono lo spazio nello spettacolo della luce naturale, che pervade tutta l’ala pubblica ed entra anche negli spazi di lavoro, fino ai piani sotto il livello del suolo. Progettato e costruito in osservanza dello standard Leed (Leadership in Energy and Environmental Design), i.lab risponde a severi requisiti di efficienza energetica con un risparmio energetico superiore fino al 60% rispetto ad un edificio tradizionale di pari dimensioni e destinazione d’uso, grazie alle modalità di costruzione adottate, ai materiali utilizzati e all’impiego di energie rinnovabili grazie all’installazione di pannelli fotovoltaici, solari e di un impianto geotermico.

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STRATEGIE

Sono vecchie? RIFO TUTTO Un effetto domino per riqualificare i quartieri. Il metodo, formalizzato dal Cst-DiathesisLab, è semplice: in un nuovo edificio, progettato secondo i canoni dell’efficienza, si trasferiscono gli abitanti della dimora da ristrutturare. Seguono a cascata gli altri, senza sradicare le famiglie

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a rigenerazione urbana diventa sostenibile quando assume una doppia prospettiva: risanare gli edifici e restituire il suolo consumato. Ciò è perseguibile stabilendo come riqualificare e su che cosa agire. La rigenerazione urbana infatti può essere conseguita in molti modi che vanno dalla riqualificazione (energetica, igienicosanitaria, di confort o altro) degli edifici dismessi o obsoleti alla demolizione di quelli vetusti o inutilizzati che, non possedendo alcun pregio architettonico e non rispondendo adeguatamente alle esigenze contemporanee, vanno sostituiti liberando parte della superficie di terreno che ricoprono. Il metodo Rifo, formalizzato dal Cst-DiathesisLab dell’Università degli Studi di Bergamo nell’ambito di un progetto di ricerca commissionato da Italcementi Group (www.rifoit.org), prospetta quest’ultima soluzione. Si tratta di un modello di rigenerazione urbana basata sulla demolizione/ricostruzione degli edifici dismessi messi in relazione con quelli obsoleti Erp (Edilizia residenziale pubblica). Mediante un processo a domino, che non richiede un investimento particolarmente oneroso e che prevede un coinvolgimento attivo degli abitanti dei quartieri interessati, propone un intervento circolare di demolizione e ricostruzione partendo da un primo edificio dismesso che ricostruito permette il trasferimento degli inquilini da

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un edificio obsoleto Erp che, così svuotato, sarà a sua volta sottoposto a demolizione e ricostruzione dando luogo a un intervento processuale e circolare. Sotto il profilo tecnico, i nuovi edifici avranno la medesima volumetria, ma una minor copertura di terreno: si svilupperanno in profondità dove troveranno collocazione i servizi ora mancanti (come i garage) o rispondenti a nuove esigenze (come palestre o spazi di attività ludica). Saranno eliminati servizi (come guardiole e portinerie) ormai obsoleti, ridotta l’altezza dei locali, riducendo gli sprechi. Ciò consentirà di rendere più funzionali le abitazioni e di acquistare spazi aperti attualmente destinati a parcheggi auto o inutilizzati che saranno trasformati in aree verdi ricreative o in orti urbani. NESSUNO SRADICAMENTO I numerosi quartieri nei quali coesistono aree dismesse e case popolari obsolete fanno pensare a spostamenti degli abitanti a breve raggio tra l’abitazione obsoleta e quella nuova; ciò non produrrà alcuno sradicamento, poiché non dovendo cambiare quartiere potranno continuare a mandare i figli nelle stesse scuole, mantenere il medico di base o la fidelizzazione


di Emanuela Casti, Università degli Studi di Bergamo

Sistema di monitoraggio degli edifici dismessi ed obsoleti

ai servizi, conservando la propria rete sociale. Infatti, tale metodo di rigenerazione urbana attribuisce grande rilievo all’abitante e considera la sua partecipazione strategica per il buon esito dell’operazione. Essa è da iscriversi all’interno di una governance prevista sia nelle fasi progettuali sia durante il processo di demolizione/ costruzione che, come studi autorevoli dimostrano, potrà avvalersi dello spatial capital, ossia l’insieme di saperi e di competenze possedute degli abitanti sui luoghi contribuendo al successo dell’intervento. Il metodo Rifo è stato testato all’interno del territorio lombardo. In primo luogo si è proceduto a costruire un monitoraggio degli edifici su cui intervenire mediante sistemi di mapping che visualizzano banche dati, costruite mediante i dati messi a disposizione dagli enti preposti, aggiornati e verificati sul terreno. Il sistema 2D (Fig. 1) ha rilevato il rapporto obsoleto/dismesso per ogni comune lombardo; quello 3D è entrato nello specifico di ogni edificio dei 12 capoluoghi provinciali. Tra questi ultimi quello bergamasco (Fig. 2) è stato assunto quale caso pilota in relazione alla sua dimensione medio-piccola (circa 118mila abitanti nell’area comunale), alla presenza di diverse aree dismesse e numerosi edifici Erp obsoleti e, infine, per il dinamismo sulla rigenerazione radicale: le ex caserme Montelungo e Colleoni che diventeranno un campus universitario; l’ex fabbrica Ote e l’ex ditta ILFA, che saranno sostituite dell’area Chorus Life, uno spazio polifunzionale e centro aggregativo. Anche numerosi edifici obsoleti Erp hanno visto recentemente interventi di riqualificazione in diversi quartieri: da Celadina a Monterosso; dal Villaggio degli Sposi a Grumello al Piano.

Monitoraggio in 3D degli edifici su cui inter venire a Bergamo

Emanuela Casti è professore di Geografia presso l’Università degli Studi di Bergamo, dove dirige il Centro Studi sul Territorio. Ha compiuto studi sulla progettazione ambientale in Africa e in Europa, così come sulla rigenerazione urbana legata al consumo di suolo in Lombardia. Considerata un’innovatrice negli studi car tografici, ha formalizzato una teoria semiotica per l’interpretazione della cartografia storica e della cybercartography. Collabora con Organismi internazionali (UE, IUCN, UNESCO) e con Enti pubblici e privati (Italcementi Group, Ance Bergamo, Comune di Bergamo). Ha pubblicato numerose pubblicazioni in italiano, francese e in inglese (oltre 100) a carattere teorico e applicativo.

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Convegno YOUBUILD

RIQUALIFICAZIONE

Macché ruspa MEGLIO L’ECOBONUS Gli abitati urbani consumano il 75% delle risorse naturali e inquinano. Abbatterli o renderli più sostenibili? La seconda opzione è più vantaggiosa, non solo perché è più razionale dal punto di vista economico, ma anche perché riesce a preservare il tessuto sociale

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are una nuova identità ai quartieri popolari degradati; offrire un’opportunità di rinascita ai distretti industriali che, a causa della crisi economica e delle dismissioni produttive, hanno subito processi di spopolamento e di progressivo abbandono degli immobili. Concedere una nuova occasione ai fabbricati industriali vuoti e per lo più inutilizzati, che contribuiscono a incrementare l’immagine di abbandono di alcune aree urbane. Nel mentre, incrementare le prestazioni energetiche degli edifici urbani che oggi consumano il 75% delle risorse naturali e sono responsabili di oltre il 70% di emissioni globali di Co2. Ancora: adeguare normativamente gli edifici residenziali esistenti, definire un nuovo assetto degli spazi aperti e collettivi, dei servizi alla residenza e dei tagli dimensionali degli alloggi per renderli più adeguati alle attuali esigenze demografiche e abitative.

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LE SFIDE DA AFFRONTARE Queste sono alcune tra le principali sfide che le città europee si trovano oggi ad affrontare sul piano dell’abitare, a cui si combinano frequentemente le difficoltà economiche e, in alcuni casi, anche decisionali e politiche, con il soggetto pubblico che si trova nella necessità di coinvolgere il privato nell’attuazione degli interventi. Queste operazioni rispondono spesso anche all’obiettivo di ridefinire la composizione sociale degli abitanti per rimediare agli errori del passato quando sono state concentrate, in alcune aree delle città un tempo considerate periferiche, le popolazione dai redditi più bassi senza prevedere i rischi che tale modalità operativa avrebbe comportato nel tempo (concentrazioni di disagio sociale e morosità abitativa, abbandono scolastico e delinquenza minorile, ghettizzazione e tensioni con gli abitanti dei quartieri limitrofi, eccetera).

Germania, Leinefelde (progetto S. Forster). Sono necessari almeno 80 anni per compensare l’impatto ambientale di ogni nuova costruzione, è sempre più centrale e urgente contenere il consumo di suolo associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale originariamente occupata da una super ficie filtrante agricola e naturale per indirizzare la crescita verso uno sviluppo sostenibile


di Anna Delera, Politecnico di Milano

Faenza, La Fornarina, Comune Faenza. Sotto, Senigallia, Villa Aosta

Due le correnti di pensiero: da una parte i sostenitori della demolizione quale soluzione pragmatica, veloce ed economica che, nei casi in cui il degrado oltre che fisico dei manufatti edilizi è anche sociale, è considerata l’unica condizione per rimuovere gli ostacoli al possibile sviluppo e crescita dell’area. Dall’altra la riqualificazione dell’esistente, che è sempre e comunque da preferire alla demolizione e ricostruzione, in quanto intervento considerato maggiormente sostenibile. Almeno tre sono i motivi a sostegno di questa seconda tendenza: sono necessari almeno 80 anni per compensare l’impatto ambientale di ogni nuova costruzione, è sempre più centrale e urgente contenere il consumo di suolo associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale originariamente occupata da una superficie filtrante agricola e naturale per indirizzare la crescita verso uno sviluppo sostenibile. Ed è determinante preservare quelle comunità di abitanti che si riconoscono nei luoghi che abitano, dove i rapporti di vicinato sono consolidati e spesso fondati sull’aiuto reciproco. SOFT È MEGLIO Riqualificare le periferie urbane, cambiare destinazione d’uso agli spazi, rispondere ai bisogni di un’utenza temporanea. E, ancora, densificare, rarefare, costruire sul costruito, aggiungere materia, modificarla, rielaborarla: sono alcune delle strategie che a livello europeo da alcuni anni ormai si stanno sperimentando per recuperare la residenza rivitalizzando le città. Questi argomenti possono essere affrontati attraverso una rassegna di esempi prevalentemente realizzati in Europa: i programmi REHA 1 e 2 (Requalification à Haute Performance énergétique de l’Habitat collectif) - 2008, 2012 (Francia); Leinefelde, piano generale di riqualificazione 1999; interventi dal 2001 al 2006 (Germania, foto 1); Sheffield, Park Hill – realizzazione primo comparto 2014 (Regno Unito); e i casi-studio italiani di Senigallia, Villa Aosta – realizzazione conclusasi nel 2010 (foto 2); Faenza, La Fornarina – concluso nel 2016 (foto 3); Torino, Ex Officine Nebiolo – prototipo del 2013; Milano, Via Barzoni – progetto del 2012, non realizzato.

Anna Delera, architetto e professore associato di Tecnologia dell’Architettura presso la Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle costruzioni del Politecnico di Milano, Dipar timento di Architettura e Studi Urbani. Interessata ai temi del progetto residenziale e dei suoi aspetti innovativi e di sostenibilità ha diretto alcune ricerche commissionate da Regione Lombardia, Aler Milano e Federcasa Lombardia presentando memorie in convegni nazionali e internazionali. Ha coordinato processi di progettazione par tecipata nella riqualificazione di quartieri residenziali pubblici.

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Convegno YOUBUILD

INTERVENTI

Bisogna fare i conti CON I NUMERI DELLE CASE Sono 12,2 milioni gli edifici residenziali: di questi 1,2 milioni sono condomini. Il 60% circa è stato edificato prima del 1976 e sono privi di ogni efficienza energetica. Basta partire da questi dati per comprendere l’importanza di una politica di riqualificazione degli edifici

I Verona, edifici prefabbricati nella periferia della città. A destra, MIlano, Gratosoglio, grattacielo in cattivo stato di conser vazione

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l problema principale del patrimonio edilizio italiano è insieme quantitativo e qualitativo. È legato all’età del patrimonio, alle sue caratteristiche strutturali ed energetiche e, soprattutto, alla difficoltà di intervenire nei contesti metropolitani, così come in quelli ad urbanizzazione diffusa laddove i modelli costruttivi non siano quelli della singola casa su lotto. In un momento nel quale abbiamo a disposizione incentivi fiscali, basso costo del denaro e disponibilità di soluzioni tecnologiche, facciamo difficoltà ad attivare processi di riqualificazione edilizia su larga scala. Tutto dipende dalla proprietà e dalle scelte di investimento. Il combinato disposto tra

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elevata proprietà privata e effetto crisi e post crisi, con il congelamento della liquidità nei depositi bancari, ha ingessato il mercato e reso molto difficili gli interventi. Le analisi raccontano dell’urgenza di questi interventi, basti pensare che in Italia ci sono 14,5 milioni di edifici, dei quali 12,2 milioni sono residenziali e, di questi, 1,2 milioni sono condomini. Se si considera che tutti i condomini italiani contengono 27 milioni di unità immobiliari, delle quali circa 14,3 milioni sono alloggi residenziali occupati da famiglie e il rimanente sono locali utilizzati per altri scopi, dal direzionale al commerciale, emerge che il 58% delle famiglie italiane vive in condominio. Un dato rilevante e significativo di un ambito sul quale fino ad oggi gli incentivi e le azioni di riqualificazione hanno saputo incidere ben poco. Ma la sfida per il futuro è proprio lì. LOMBARDIA E LAZIO IN TESTA Considerando l’insieme dei condomini italiani, le regioni che presentano la maggior incidenza sono la Lombardia, con il 17,0% di edifici, poi il Lazio con il 9,9% e a seguire Emilia Romagna e Campania, entrambe con oltre l’8% di condomini sul totale nazionale. Il 60% circa dei condomini italiani è stato edificato prima del 1976, anno in cui per la prima volta fu introdotta una


di Federico Della Puppa, Coordinatore scientifico Centro Studi YouTrade

normativa che prescriveva per legge criteri di efficienza energetica negli edifici, ma ben l’82% dei condomini in Italia è stato edificato prima dell’avvento della Legge 10/1991, la prima vera legge italiana sull’efficienza energetica. Ma non è che tutto ciò che è stato edificato dopo il 1991 sia in ottime condizioni di efficienza energetica. È per questo motivo che va spinta con maggiore forza la politica di rigenerazione strutturale ed energetica nei contesti urbani e in quelli diffusi, perché il problema del patrimonio edilizio italiano non è solo quello dei condomini delle periferie delle grandi città, ma è anche quello di comuni decentrati nei quali le condizioni sociali, economiche e di mercato non consentono operazioni con una reale fattibilità. POLITICHE DI INTERVENTO Nelle analisi sulle potenzialità della riqualificazione urbana ed edilizia si usano comunemente i dati statistici per evidenziare la dimensione del nostro patrimonio edificato, la sua età e le condizioni di degrado, per proporre scenari di riqualificazione che ipotizzano mercati nei quali, nell’ipotesi migliore, tutto il patrimonio venga riqualificato. Ma se si scende sul campo e si va ad osservare effettivamente quali sono le potenzialità reali della riqualificazione edilizia in Italia, non si può scindere l’analisi statistica e tecnologica sugli edifici

da quella sociale ed economica legata non solo alle disponibilità economiche, ma anche ai cicli di sviluppo e di decrescita che il territorio italiano esprime in molte sue parti. Attraversare il territorio italiano, esplorarlo e conoscerlo significa sapere che non tutto è recuperabile e molto di ciò che è stato edificato non lo sarà, in alcuni casi anche in misura consistente, perché non vi sono le condizioni sociali per il suo recupero, prima ancora di quelle economiche. Dobbiamo pertanto fare un esercizio di realismo partendo dalle analisi, economiche e statistiche, per aiutare a orientare le politiche di intervento a livello locale.

L'abbandono diffuso in provincia di Rovigo. Va spinta con maggiore forza la politica di rigenerazione strutturale ed energetica nei contesti urbani e in quelli diffusi, perché il problema del patrimonio edilizio italiano non è solo quello dei condomini

Federico Della Puppa, da sempre impegnato sui temi dello sviluppo sostenibile ha un dottorato di ricerca in Economia Montana e dell’Ambiente e dal 2001 è professore a contratto di Economia presso l’Università Iuav di Venezia. Ha collaborato con numerose fondazioni e istituti di ricerca ed è stato project manager di vari programmi di riqualificazione urbana in Italia e all’Estero. Autore con Aldo Bonomi e Roberto Masiero de La società circolare (DeriveApprodi 2016) è responsabile dell’area Economia&Territorio di Smar t Land srl ed è coordinatore scientifico del Centro Studi YouTrade.

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Convegno YOUBUILD INTERVENTI XXX

Riqualificare? È UN AFFARE

Da un punto di vista economico, tagliare gli sprechi di energia degli edifici equivarrebbe a risparmiare 20 miliardi l’anno. Un tesoro che potrebbe essere impiegato altrimenti. E con benefici per la salute

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l patrimonio edilizio italiano è costituito da oltre 27 milioni di abitazioni, il 70% delle quali è stato edificato prima del 1976, anno in cui è entrata in vigore la Legge 373/96 sul contenimento dei consumi energetici. La relativa bolletta energetica è di oltre 43 miliardi, di 37,5 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio) e di 88 milioni di tonnellate di Co2. Ma il dato più sconcertante è che il grado di efficienza energetica medio delle nostre abitazioni, è del

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54%, cioè solo una parte dei nostri consumi energetici diventa comfort, energia utile, mentre la rimanenza (46%), viene persa, energia sprecata. In termini economici, significa che ogni anno sprechiamo: 20 miliardi, pari a 1,5 punti di Pil, 17 milioni di tep, pari all’energia prodotta annualmente da 2 centrali nucleari uguali a quella di Fukushima, inquiniamo inutilmente la nostra aria con 40 milioni di tonnellate di Co2, la stessa quantità emessa da 14 milioni di autovetture di media cilindrata, che percorrano 30mila chilometri all’anno. Per compensare queste emissioni, dovremmo piantare 1,5 miliardi di alberi. Questo è, purtroppo, lo stato di fatto delle nostre abitazioni: comfort a costi elevati, grandi sprechi e grande inquinamento; una situazione ormai non più sostenibile. Fortunatamente, è possibile oltre che urgente migliorare le prestazioni energetiche dei nostri edifici, e, in effetti si sta già facendo qualcosa; da alcuni anni infatti, a livello europeo e nazionale, è in atto una campagna per la promozione dell’efficienza energetica, attraverso normative più stringenti e incentivi economici sotto varie forme. Le nostre industrie inoltre, stanno producendo tecnologie innovative e molto


di Renato Cremonesi, Cremonesi Sustainability Company

efficienti, che consentono di ottimizzare i consumi energetici: isolamenti termici, termoregolazione e contabilizzazione dei consumi, generatori di calore a condensazione, domotica, elettrodomestici e illuminazione a basso consumo, impianti solari termici e fotovoltaici, pompe di calore, ecc.. Un efficace piano di riqualificazione energetica delle nostre abitazioni attraverso l’utilizzo integrato di queste e altre tecnologie disponibili, porterebbe ad un significativo miglioramento dal 30% al 50% delle performance, con ricadute molto positive in termini energetici, economici e ambientali. I beneficiari di questa auspicabile operazione di messa in efficienza, sarebbero tutti gli stakeholder legati alla filiera dell’energia: i consumatori, con risparmi significativi sulla bolletta energetica, i fornitori di energia, che potrebbero ridurre i loro acquisti all’estero di materia prima, le imprese di installazione e manutenzione d’impianti, che potrebbero aumentare i loro fatturati, il sistema bancario, che potrebbe finanziare la messa in efficienza, l’ambiente, con importanti riduzioni di emissioni di Co2 nell’aria. Si stima che l’indotto economico generato potrebbe essere intorno a 20 miliardi l’anno, per almeno dieci anni, con la creazione di circa 200mila nuovi posti di lavoro, locale e qualificato. Infine, ci guadagnerebbe anche lo Stato, con maggiori entrate fiscali rispetto alle uscite dovute agli incentivi. Certo, al lettore non sfuggirà il fatto che tutto ciò che

abbiamo scritto venga ripetuto da ormai molti anni e costantemente da più parti, anche più autorevoli del sottoscritto. Quali sono dunque gli ostacoli da rimuovere per liberare le grandi potenzialità dell’efficienza energetica? A mio avviso, oltre a tutto ciò che finora è stato fatto, occorre operare su 2 livelli: a) promuovere la sensibilizzazione, la formazione e la consapevolezza dei consumatori sui temi del risparmio energetico e del rispetto dell’ambiente; b) facilitare l’accesso al credito da parte dei Consumatori, per finanziare i lavori di riqualificazione senza gravare sui loro bilanci personali, attraverso un fondo di garanzia statale. L’efficienza energetica deve essere un impegno per tutti, ma rappresenta anche una grande opportunità di business, da cogliere con professionalità e strumenti adeguati. Renato Cremonesi, esperto di tematiche energetiche e presidente di società di ingegneria e consulenza, opera da anni nel campo dell’energia, dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, con focus par ticolare sull’efficienza energetica e sulla energia da fonti rinnovabili. È consulente di numerose società, enti pubblici, associazioni del settore immobiliare, ambientaliste e dei consumatori.

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Convegno YOUBUILD

RIGENERAZIONE URBANA

Dopo oltre vent’anni di dibattito è giunto il momento di ridefinire il rapporto tra i diversi soggetti nella progettazione, realizzazione e gestione della trasformazione del territorio

Di chi è la colpa SE NULLA SI MUOVE D opo una stagione di netta separazione disciplinare tra la gestione degli interessi collettivi, la cui identificazione e tutela era affidata in via esclusiva agli enti pubblici, e degli interessi privati, intesi come interessi delle imprese e dei professionisti direttamente coinvolti, negli ultimi tre decenni si è via via affermata una visione più organica dei processi di trasformazione territoriale. Questa visione tende a mettere in discussione e rivedere sia i ruoli, sia le competenze, sia le modalità di collaborazione tra i soggetti. Contemporaneamente è cambiato anche il ruolo della cittadinanza che, con l’entrata in crisi della democrazia rappresentativa, si è organizzata in forme associative indipendenti dal sistema partitico e ha assunto con forza crescente il ruolo di soggetto attivo nei processi decisionali, spesso con intenti di tendenziale contrapposizione ai progetti proposti. Una opposizione di volta in volta legata ai temi ambientali, sociali, di tutela della memoria storico-artistica di luoghi e manufatti o di contrasto alle operazioni ritenute speculative. I TRE RESPONSABILI Tuttavia questo lungo lasso di tempo non è stato sufficiente a ridefinire ruoli e relazioni, anche se i

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tentativi e le prove sul campo sono stati numerosi. Una difficoltà di sistema che si traduce in una scarsa capacità di realizzare le trasformazioni necessarie a rendere le nostre città efficienti, vivibili e in grado di affrontare la sfida del futuro. Le ragioni di questa difficoltà sono numerose e riconducibili alla responsabilità di tutti e tre i soggetti in campo: il Pubblico che tende a un atteggiamento conservativo, con scarsa propensione a rinnovare competenze e procedure che regolano i processi progettuali e autorizzativi; il Privato che tende a non assumere le profonde trasformazioni nel rapporto tra la domanda e l’offerta e di conseguenza a non aggiornare le sue strategie e competenze; i Cittadini che, non fidandosi né del Pubblico né del Privato, tendono a un ruolo ultra conservativo come forma di difesa nei confronti di entrambi, sacrificando o trascurando il potenziale delle trasformazioni territoriali. RIVEDERE I RUOLI I limiti tra interesse pubblico e privato non sono netti e riconducibili in via esclusiva ai diversi soggetti, ma si compongono in modo trasversale e come tali devono essere gestiti. Per tale motivo andrebbero


di Marina Dragotto, Direttrice Audis

rivisti i ruoli, nel pieno rispetto delle competenze di ciascuno. Gli enti pubblici in particolare dovrebbero sviluppare maggiormente la loro capacità di definire gli obiettivi pubblici degli interventi di trasformazione del territorio, andando finalmente oltre la definizione degli standard urbanistici tradizionali, in favore di una piena considerazione delle necessità espresse da ciascuna realtà in termini di salute socio-economica delle comunità (servizi, posti di lavoro, casa, spazi di relazione eccetera). Allo stesso tempo dovrebbero riconoscere i loro limiti nell’individuazione delle funzioni specifiche da collocare nei diversi progetti, per evitare inutili rigidità e lasciare alla responsabilità di chi attua il progetto la scelta delle funzioni che consentono di realizzare gli obiettivi pubblici definiti e la sostenibilità economicofinanziaria del processo. I privati dovrebbero assumere con maggiore convinzione una visione olistica dei territori nei quali agiscono, interpretando e stimolando la domanda locale con una chiara apertura alla costruzione di processi complessi che abbiano alla loro base una trasparente collaborazione con la pubblica amministrazione. Infine, i cittadini dovrebbero andare oltre l’ottica di contrasto alle presunte

speculazioni e danni ambientali, per assumere una visione più attenta alla generazione di beni e servizi di interesse collettivo (commons). Non mancano in Italia esempi concreti di uno sforzo reale in questa direzione, tuttavia manca ancora la piena volontà di compiere un salto culturale indispensabile a mettere in moto un vasto programma di Rigenerazione del nostro territorio. Un passo certamente non facile, ma che non possiamo più rinviare.

Marina Dragotto, Laureata in Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale (IUAV), dal 1999 è Direttrice dell’Associazione AUDIS (www.audis.it ). È stata ricercatrice presso il Consorzio per la ricerca e formazione di Venezia ed è attualmente funzionaria del Comune di Venezia. Sui temi della rigenerazione urbana ha svolto attività di consulenza per enti pubblici e privati in ambito formativo, organizzativo, progettuale e di pianificazione. Ha pubblicato e pubblica articoli e saggi per l’editoria e le riviste specializzate.

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Convegno YOUBUILD BUONE PRATICHE - Recupero di una residenza storica XXX

Il fascino del Settecento SENZA RINUNCE Una storica villa veneta su tre piani è stata riqualificata in accordo con la Soprintendenza. Senza dimenticare gli standard abitativi attuali. Il segreto? La calibrazione degli impianti energetici

L

a rivitalizzazione degli edifici monumentali passa anche per la progettazione attenta del loro riutilizzo: il loro restauro energetico permette la fruizione di spazi meravigliosi a costi di gestione affrontabili. Come per la riqualificazione energetica di Capodivacca, una villa veneta del Settecento in provincia di Padova, lungo il corso del fiume Bacchiglione. Il restauro è stato realizzato in piena armonia con i dettami della Soprintendenza alle Belle Arti: un intervento volutamente invisibile. L’uso dei materiali coibenti e tecniche di consolidamento statico il più pos-

sibile naturali, reversibili e biocompatibili è dovuto in edifici che non hanno conosciuto la chimica di sintesi. Nata come residenza prevalentemente di uso estivo, come la maggior parte delle Ville Venete, negli ultimi decenni era stata utilizzata come abitazione permanente ed era adattata all’uso invernale attraverso l’installazione di numerose stufette a gas, con risultati molto scadenti sia dal punto di vista del confort sia dei costi di gestione. La media di consumo, infatti, era di 340 kWh/mq anno. TUTTO QUANTO È POSSIBILE Intervenire organicamente in un immobile significa fare tutti i miglioramenti che è possibile eseguire contestualmente al restauro e alla riqualificazione energetica. In questo caso, il miglioramento antisismico della struttura nella porzione centrale degli ultimi due piani si è palesato come indispensabile e preliminare a tutti gli altri. Si è così ripristinata e migliorata una situazione statica complessiva compromessa in modo importante da interventi strutturali disorganici precedenti. Risanata la struttura si è proceduto con le operazioni di efficientamento energetico. L’acquisizione da parte di tre diverse famiglie delle unità abitative ha evidenziato anche gli usi futuri differenti che sarebbero stati fatti dei tre piani della Villa: foresteria, casa di villeggiatura e abitazione permanente. Capodivacca, una villa veneta del Settecento in provincia di Padova, lungo il corso del fiume Bacchiglione © Chiara Grossi

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di Lucia Corti

Dall’incrocio tra l’utilizzo differenziato dei tre piani della Villa, i problemi riscontrati e i vincoli imposti dalla Soprintendenza è nato un progetto articolato di restauro, ripristino statico e riqualificazione impiantistico-energetica che si è declinato in modo diverso ai vari livelli. Quindi, per il piano terra (foresteria, uso saltuario) si è deciso di procedere semplicemente con l’installazione di nuovi terminali radianti al posto delle stufette a gas e il totale rifacimento della centrale termica a servizio di piano terra e piano primo. Al primo, un piano nobile con altezze interpiano molto rilevanti, si è optato per una climatizzazione invernale con terminali radianti a bassa temperatura (pannelli radianti a parete) per abbassare i consumi e, nel contempo, ottenere un confort interno maggiore grazie all’effetto radiante dei pannelli. Il vincolo monumentale sull’immobile ha imposto di individuare una soluzione a secco e completamente reversibile. TRA CALDO E FREDDO Queste contro pareti radianti forniscono perciò contemporaneamente sia l’isolamento (un parziale cappotto interno) che la climatizzazione invernale. Al piano secondo sottotetto, un’abitazione a carattere permanente, c’era la necessità, nonostante la coibentazione in copertura, di avere sia la climatizzazione invernale che quella estiva. È stata creata perciò una centrale termica autonoma, rispetto a piano terra e piano primo, dotata

di un sistema ibrido. Tutto l’involucro all’ultimo piano è stato isolato mediante un cappotto interno, mentre la copertura è stata coibentata e ventilata. Nello spessore del cappotto interno all’ultimo piano hanno trovato collocazione i pannelli radianti e per garantire tassi di umidità compatibili con la climatizzazione estiva è stato installato un impianto centralizzato di ventilazione meccanica controllata (Vmc) con deumidificatore incorporato.

Per il piano terra (foresteria, uso saltuario) si è deciso di procedere semplicemente con l’installazione di nuovi terminali radianti al posto delle stufette a gas © Chiara Grossi

CONSUMI POST LAVORI piano terra 159 kWh/mq anno piano primo 107 kWh/mq anno piano secondo 39 kWh/mq anno

Lucia Corti, architetto. La progettazione bioclimatica, l’efficienza energetica, la riqualificazione degli edifici storici e l’uso di materiali ecocompatibili caratterizzano il suo lavoro. Partecipa alla redazione del protocollo “CasaClima R” con 4 progetti pilota di cui l’Agenzia di Bolzano patrocina la pubblicazione nel volume “CasaClima R - edifici storici ad alta efficienza energetica”. Nel 2015 fonda una rete di studi professionali associati col marchio Laboratorio di Architettura ecologica con cinque sedi sul territorio italiano.

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Convegno YOUBUILD

BUONE PRATICHE - Recupero di insediamenti

Quella storia È DA RACCONTARE L’ex Cotonificio Crespi d’Adda, un centro lombardo con un’identità smarrita e ritrovata, passato da fabbrica dismessa a patrimonio dell’Unesco. Perché con una società liquida l’architettura si reinventa In alto, l’ex Cotonificio di Crespi d’Adda, dal 1995 par te del Patrimonio culturale dell’umanità

«Qual è la storia di una città? Dipende da chi la racconta, e da chi la ascolta. Le discrepanze fra le storie ufficiali e quelle non ufficiali sono moltissime» (La vita segreta delle città, Suketu Metha).

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C

iò che oggi possiamo ammirare dell’ex Cotonificio di Crespi d’Adda, dal 1995 parte del Patrimonio culturale dell’umanità quale miglior esempio di villaggio operaio del XIX secolo, rischia di essere percepito quale rovina o archeologia industriale. Superando la fascinazione estetica di questo tempo sospeso della rovina, «la percezione di questo scarto fra le due incertezze, le due incompiutezze, è la ragione essenziale del nostro piacere» (Marc Augè, Rovine e macerie), non possiamo non considerare come questa visione sia non solo debole ed incompleta, ma sia soprattutto antistorica. Oggi, mentre la fabbrica trascende alle ragioni del proprio essere e passa da fatto produttivo a fatto culturale, siamo più che mai consapevoli della necessità di ri-scrivere il luogo e di ri-portare il lavoro, come mezzo culturale, al centro del racconto. Ogni abitante del villaggio trovava nella

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struttura della fabbrica la propria collocazione sociale. Venuta meno la struttura del lavoro, Crespi d’Adda ha visto progressivamente dissolversi il senso di comunità. Oggi è percepita, dai nuovi abitanti, come una sorta di Gated Community, un non luogo dove tutte le dinamiche sociali e urbane sono pressoché assenti. È facilmente intuibile come la partita che si sta per svolgere non riguardi unicamente l’ex cotonificio, ma si deve leggere all’interno di processo di ri-conversione dei siti industriali che sta diventando un’emergenza anche nel nostro Paese. Come ricordato da Bauman, nel passaggio da una società che produce a una che consuma, la nostra preoccupazione è rivolta ad «evitare che le cose si trattengano oltre il dovuto... La sindrome consumista si basa sulla velocità, sull’eccesso e sullo scarto» (Zygmunt Bauman, Liquid Life).


di Mauro Piantelli, DE8 architetti

DA CONSUMARE ENTRO… Ci si deve interrogare quindi se anche il paesaggio, l’urbanistica e l’architettura, abbiano anch’esse una data di scadenza, siano dei prodotti a termine oppure possano, trasformati, rientrare in un nuovo processo evolutivo. Esiste un nuovo modello possibile? Come ogni luogo presuppone un osservatore affinché diventi paesaggio, in generale ogni «fatto in sé» esiste, solo, in quanto viene narrato. L’esigenza di nuovo storytelling di Crespi non è tanto un espediente narrativo o un’imposizione intellettuale, ma è un preciso intento progettuale: il progetto esiste (solo) se è parte dello storytelling del paesaggio, se ne fa parte attraverso una lettura critica del fatto in sé. Una narrazione architettonica, questa proposta per un nuovo modello, costruita attorno ai tre fattori «P»: Paesaggio, Programma, Progetto. Detto ciò, si può pensare, e proporre, che una narrazione «liquida» possa giungere a una conclusione definitiva? Contrariamente alla cultura modernista nella società liquido-moderna tutto è in perenne movimento: all’unità originaria Fabbrica-Villaggio, un’unità spaziale delimitata da un contorno esatto (a basso livello di entropia), si propone il realismo di un paesaggio in divenire, stimolato da un’azione congiunta di urbanistica, architettura e paesaggio capace di creare nuove porosità ed intrusioni. Il progetto di ri-generazione dovrà aumentarne il livello di entropia, introducendo programmi che siano capaci di rendere porosa e permeabile la Fabbrica, che possano de-strutturare il recinto tra Fabbrica e Villaggio. Il programma dovrà essere liquido, conti-

Oggi l’area è percepita, dai nuovi abitanti, come una sor ta di Gated Community, un non luogo dove tutte le dinamiche sociali e urbane sono pressoché assenti

nuamente aggiornabile. Questo scenario presuppone che il progetto torni a svolgere un ruolo politico, che ha progressivamente perso o di cui si sono smarrite le tracce. È un’assunzione di responsabilità in cui le scelte, poiché il progetto è il luogo delle scelte, si compiono nella piena consapevolezza della vicenda complessiva. Il ruolo politico del progetto, e di conseguenza del progettista, è inteso come luogo in cui coesistono gli interessi della città, «luogo dei molti», con quelle del cittadino, «l’io individuo». Mauro Piantelli, socio fondatore dello studio DE8 architetti, si occupa della rigenerazione del patrimonio storico- architettonico, di progettazione architettonica e di allestimenti museali. È stato premiato in 2 progetti europan 8; nel 2010 vince il concorso per Social Housing a Milano Figino, nel 2011 riceve una nomination al “Mies Van Der Rhoe Award”, il premio OAB ed il premio Pida per gli Hotels. Con la realizzazione del water front di Lovere ha ricevuto una nomination per il 2016 Public Space Award del Centro di Cultura Contemporanea di Barcellona. Con Tobia Scarpa realizza il Kursall di San Pellegrino Terme e si occupa del progetto di Crespi d’Adda (patrimonio Unesco).

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BUONE PRATICHE - Recupero area dismessa

Switch, come CAMBIAMENTO A Imperia gli ex depositi delle dogane sono stati riadattati per eventi pubblici grazie al progetto dell’Ordine degli architetti e all’impegno del Comune. E il coinvolgimento dei cittadini del capoluogo ligure

I Gli spazi delle ex dogane a Imperia. Erano un deposito franco all’interno del por to

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l Progetto Switch, Riuso di spazi in abbandono, Nuove idee per cambiare prospettiva, nasce dalla volontà dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Imperia di proporre una metodologia concreta e replicabile per il riuso di spazi in abbandono. Il modello proposto ha rappresentato l’occasione per rivendicare il ruolo centrale dell’architetto quale regista nell’individuare nuovi modelli di sviluppo sostenibile a fronte delle sempre minori risorse economiche. Sono stati coinvolti l’amministrazione comunale di Imperia, l’ufficio del Demanio e l’Agenzia delle Dogane per individuare un bene pubblico oggetto di sperimentazione: un deposito franco all’interno del porto di Imperia. L’articolazione per step successivi, attivati a seguito dei feedback positivi degli interlocutori, ha consentito di dimostrare che l’utilizzo dei tanti spazi vuoti della città può pro-

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durre grandi benefici in termini economici, ambientali e sociali. Per attivare il processo è stata determinante la costituzione di un team di professionisti motivati e preparati a gestire un simile processo innovativo, a seguito della partecipazione a un workshop (22-23 luglio 2016) appositamente finalizzato. L’esito del laboratorio è stata la definizione di un piano d’azione per il riuso dell’immobile con l’obiettivo di restituirlo alla città. NUOVA VITA Dal 7 all’11 settembre 2016, in occasione di uno dei più importanti eventi cittadini, il Raduno delle Vele d’Epoca, si è tenuta la prima apertura pubblica del deposito con una mostra fotografica che ha permesso di far conoscere l’immobile. Moltissime persone hanno avuto l’opportunità di fruire di questo spazio straor-


di Giuseppe Panebianco

dinario restituendo a Switch l’interesse a contribuire attivamente alla rinascita del luogo. Switch ha proposto l’attivazione di un laboratorio di progettazione partecipata all’interno dell’immobile in disuso, trasformato in accogliente luogo di lavoro grazie al coinvolgimento di scuole e associazioni di volontariato e allo stesso staff di Switch. Il 10 e l’11 novembre 2016 i partecipanti sono stati invitati, attraverso una call pubblica, a proporre progetti di riuso comportante l’assunzione di impe­gni concreti in termini di attuazione. Le proposte hanno abbracciato gli ambiti della cultura, del lavoro e della formazione e sono state raccolte in un report, consegnato seduta stante a partecipanti e Istituzioni. Successivi incontri di affinamento hanno consentito di individuare un calendario di attività temporanee fondate sulla base dei principi di collaborazione, co-responsabilità, innovazione sociale e interesse pubblico e presentate alla città il 5 e 6 maggio 2017. RIMOZIONE, FRUIZIONE La forza del processo in atto è testimoniata dalla risoluzione di due importanti elementi che avevano bloccato, fino ad allora, ogni possibilità di utilizzo del bene: la demolizione di otto silos in acciaio che il Demanio ha potuto far rimuovere a costo zero, risolvendo un problema rilevante di sicurezza e garantendo maggiore fruibilità del bene, e l’avvio della procedura di rimozione del vincolo doganale su iniziativa delle Dogane che ha voluto accelerare la restituzione del deposito alla Comunità.

L’amministrazione comunale ha acquisito in concessione la ex-Salso, affidando ai singoli proponenti la gestione tecnica del bene, sotto il coordinamento di Switch. Dal 3 giugno al 20 ottobre 2017 si sono svolte le attività che hanno coinvolto oltre trenta associazioni tra proponenti e partner e più di 6mila persone di partecipanti. La sperimentazione in corso ha messo in evidenza la grande capacità del contesto di produrre iniziative utili; nuovi proponenti intendono contribuire alla sperimentazione ed è sempre crescente l’interesse della cittadinanza e di nuovi partner. La sfida che ci attende è quella della sostenibilità economico-gestionale, consapevoli che Switch ha già trasformato un luogo sconosciuto e inutilizzato in un nuovo punto di riferimento per la città.

Switch ha proposto l’attivazione di un laboratorio di progettazione par tecipata all’interno dell’immobile in disuso, trasformato in accogliente luogo di lavoro grazie al coinvolgimento di scuole e associazioni di volontariato

Giuseppe Panebianco, architetto, ha dedicato gran par te della sua attività professionale e ordinistica ai temi dello sviluppo sostenibile, degli approcci smart, del riuso di aree dismesse, delle tecnologie digitali per la rappresentazione del progetto. Dal 2011 al 2017, come Presidente dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Imperia e della Federazione Regionale della Liguria, ha lavorato con l’obiettivo di restituire alla figura dell’architetto un ruolo strategico e determinante nel processo di evoluzione continua della città e del territorio.

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ATTUALITÀ

ARCHITETTURA/DANIMARCA

di Emilia Corradi, Politecnico di Milano

La filosofia DEL MATTONCINO La Lego House: sinergie tra il brand del famoso gioco di costruzioni, la creatività dei progettisti e il concetto di modularità. Per l’azienda nata anche per riutilizzare gli scarti della plastica

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Il prospetto principale con spazio esterno Sopra, la Lego House dall’alto con in primo piano il volume della Masterpiece Gallery realizzato come il mattoncino 2x4 Lego. Foto © Iwan Baan (courtesy BIG)

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ostruire case con i mattoncini Lego è l’esperienza più comune ai bambini di tutto il mondo. Non lo è per gli architetti ma, appena si presenta l’occasione, ecco che il sogno si avvera. Non una casa, ma addirittura la Lego House: che cosa chiedere di più? E quale combinazione «nomica» potrà condurre la scala di un mattoncino in plastica a quella di un edificio da abitare? Una strana alchimia in cui lo studio Bjarke Ingels Group (Big), incaricato del progetto della Lego House a Billund, Danimarca, tiene insieme architettura e marketing, per un progetto affidato a chi per affinità elettive ha fatto della comunicazione una strategia di architettura. Le radici del gioco dei mattoncini Lego affondano cronologicamente in un periodo storico dell’architettura ben preciso e in un contesto geografico di contiguità e continuità, per cui potremmo quasi pensare

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ATTUALITÀ

XXXX XXX ARCHITETTURA/DANIMARCA

di xxxx

Xxx XXX Par ticolare della scala pubblica pixelata Foto © Iwan Baan (courtesy BIG)

Q Xxx

Dx DA X Dx


L J

1.L.7 SHAFT 4 m²

1.L.3 SHAFT 6 m² 1.L.13 JANITORIAL ROOM 19 m²

1.L.4 1.L.2 ENTRANCE FOYER ELEC. ROOM 8 m² 15 m²

1.J.1 STORY LAB 158 m²

1.L.12 TOIL., PERS 7 m²

T1 STAIRS 1 21 m²

1.L.6 DISP. 4 m²

M

1.L.8 ANTEROOM 10 m²

RAMP L

1.M.1 ROBO LAB 139 m²

1.L.1 MINIFIGURE CREATOR 129 m² E2 ELEV. 2 TAG 7 m²

RAMP J

RAMP M 1.K.1 WORLD EXPLORER 234 m²

1.U.3 DISP. 5 m²

RAMP U

1.U.5 SHAFT 5 m²

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1.N.1 CITY ARCHITECT 236 m²

K

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1.U.4 IT-ROOM 7 m²

T3 STAIRS 3 13 m²

N 1.O.1 TEST DRIVER 137 m²

1.U.1 . DESIGN & FABRIKATION/CRITTER CREATOR 128 m²

T

1.U.6 ELEC. ROOM 6 m²

1.O.2 IT-ROOM 9 m²

Q

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1.O.3 ELEC. ROOM 6 m²

1.O.4 SHAFT 5 m²

E6 FREIGHT-ELEV. 12 m²

1.O.5 DISP. 4 m²

1.U.2 ENTRANCE FOYER 11 m²

1.O.6 ENTRANCE FOYER 12 m²

RAMP O

1.Q.1 UDTRYK / BRICK BUILDER 214 m²

1.S.3 SHAFT 7 m²

1.S.2 GARBAGE 6 m²

1.T.2 DESIGN & FABRICATION / FLOWER ARTIST 115 m²

H1_N21

RAMP P T5 STAIRS 5 17 m²

RAMP T

1.R.1 UDTRYK / LOBBY 135 m²

1.S.1 FORDYBELSE / FISH DESIGNER 116 m²

1.P.1 FORDYBELSE / CREATIVE LAB 151 m² T4 STAIRS 4 29 m²

1.R.6 HC-TOILET 5 m²

1.R.8 TOIL., K 15 m²

1.R.9 FORRUM 6 m²

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E4 ELEV. 4 6 m²

E3 ELEV. 3 8 m²

1.R.3 EL-RUM 4 m² 1.R.5 SKAKT 4 m²

1.R.2 ENTRANCE FOYER 18 m²

1.R.7 TOIL., M 15 m²

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Pianta del piano terra dell’edificio (courtesy BIG). LEGO House Sotto, la grande piazza urbana Foto © Iwan Baan (courtesy BIG)

J H K

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Kontrol: AJ/SN

BIG Architects

□ FACADE INGENIØR

Dr. Lüchinger+Meyer

COWI Engineering

Godk.: ANW/FN

Sags nr.: 12033

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Hovedprojekt Tegn. nr.

Gulvplan Gulvplan - 1. sal

■ ARKITEKT □ INGENIØR

N Q

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SAGSADRESSE: Rådhuscenteret 1, 7190 Billund; MATRIKEL NR.: 3p BYGHERRE: Koldingvej 2 Billund A/S,

Init.: TB

B

L V

U G

H1_N21 15 Mål: 1 : 100

19.01.2015

Kløverbladsgade 56, 2500 Valby

T+45 72 21 72 27

Stormgade 2, 6700 Esbjerg

T+45 56 40 00 00

Limmatstrasse 275, CH 8005 Zürich

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a un nesso tra la strategia del mattoncino e della sua tecnica esattissima di montaggio e la libertà di comporsi in infiniti modi per dar vita a mondi simultanei reali e immaginari. Proprio come enunciato nel 1917 dal De Stijl nel suo manifesto, dove corporeità e spazio fisico si fondono per dare vita a una astrazione sensoriale diversa. Un’alchimia che viene da lontano e che affonda le radici in un Neoplasticismo in bilico tra la Maison d’Artiste di Theo van Doesburg e Cornelis van Eesteren del 1923 e il rigore espressivo dei colori che, nei loro rapporti spaziali e percettivi, individuano ciascuno differenti aspetti dell’apprendimento: rosso per la creatività, il blu per la cognitività, il verde per il sociale e il giallo per l’emozionale. UN GIOCO, MA SERIO La Lego House, per stessa ammissione dei progettisti, è un esperimento di creatività che porta la scala del mattoncino Lego da quella del gioco a quella dell’architettura affinché ognuno possa «creare i propri mondi ed esplorarli attraverso il gioco» immaginandoli più «eccitanti ed espressivi dello status-quo». Esattezza, questa è la caratteristica geometrica del brand che descrive tutto il Museo. La perfezione dei componenti, insieme alla modularità e alla componibilità, fa in modo che le combinazioni possano essere infinite e continue nel tempo. Questa è la natura distintiva

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PROFESSIONI XXX

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del mattoncino Lego. Il Museo la racconta attraverso quattro sezioni, concepite secondo combinazioni possibili del gioco e riferibili ai colori primari Lego, poggiate su una base (la piazza) che diventano un sistema centripeto per uno spazio espositivo continuo, fluido, aperto al contesto e alle infinite possibili configurazioni cui il progetto allude. BAMBINI IN PIAZZA L’idea spaziale è concepita intorno ad una piazza urbana, simbolo della Capitale dei Bambini, su cui è organizzato un programma funzionale che comprende sia i servizi del Museo (biglietteria, caffè, ristoranti, Lego store) sia altri a uso della città, quali la sala conferenze e altre facility, che permettono al museo di diventare un vero luogo di aggregazione aperto alla collettività. La piazza ha come fulcro una rampa che avvolge un enorme albero di mattoncini e, allo stesso tempo, organizza lo spazio verticale introducendo il visitatore agli ambienti espositivi veri e propri. Questi si presentano come aperti e continui, accessibili da punti diversi e organizzati sui due piani in una sequenza di gallerie espositive contenute in 21 blocchi sovrapposti, plasticamente sospesi. Una permeabilità verticale, che tende a far confluire lo sguardo verso l’ultimo livello, dove è collocata la Masterpiece Gallery, in cui è celebrato e innalzato alla scala urbana il pezzo base dei mattoncini Lego, il 2x4 Block, con i suoi otto lucernai circolari, che corona il sistema compositivo quale simbolo identitario di un vero e proprio urban-brand. Sopra questo elemento si trova una terrazza panoramica che consente di osservare lo skyline della città di Fronte meridionale del museo (courtesy BIG). Sopra, lo spazio centrale della rampa. A sinistra, vista interna della rampa Foto © Iwan Baan (courtesy BIG)

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ARCHITETTURA/DANIMARCA

Una sezione della Lego Home (courtesy BIG). Sotto, lo spazio all’aper to giochi sul blocco espositivo Foto © Iwan Baan (courtesy BIG)

EXTERIOR STAIRS

ROOF TERRACE, PUBLIC

ROOF TERRACE, PUBLIC

PASSAGE BRIDGE

ROOF, NOT ACCESSIBLE

TAG, IKKE TILGÆNGELIGT

GLASS ROOF

GLASS RAILING

1.Q.1 BRICK BUILDER 1.N.1 EPIC STAIR

GLASS RAILING

CITY ARCHITECT

GLASS RAILING

GLASS RAILING

GLASS RAILING

0.E.1 STAIRS

GLAS VINGE

0m.B.4

0m.B.2

STAIRS 2

PERSONNEL ROOM

0.I.1

RESTAURANT EPIC STAIR

FAST INVENTORY, BUFFET

ROOF, NOT ACCESSIBLE

GLASS RAILING

CREATIVE LAB

GLASS RAILING

1.M.1 ROBO LAB

STAIRS

1.P.1

ROOF TERRACE, PUBLIC

LEGO SQUARE

0.B.1 WORKSHOP 01

GLASS FIN PLANT BED

K.X.52

K.Z.1

ESCAPE ROUTE PASSAGE

TECHNICAL ROOM

PLANT BED

LEGO Hou

SAGSADRESSE: Rådhusc BYGHERRE: Koldingvej 2

Section JJ Init.: TB ■ ARKITEKT □ INGENIØR □ FACADE INGENIØR

Xxx

Fragments, design Pierre Charpin, di Ceramiche Piemme. Decoro Oblong

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Kon


LA SCHEDA I NOMI Committente: Lego Group Progetto: BIG_ Bjarke Ingels Group Collaboratori: Cowi, Dr. Lüchinger+meyer Bauingenieure, Jesper Kongshaug, Gade & Mortensen Akustik, E-types Info: www.big.dk I NUMERI Superficie totale: 12.000 mq

Emilia Corradi, Architetto PhD e ricercatore in Composizione Architettonica e Urbana presso il Dipar timento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano. Si occupa di progettazione architettonica in par ticolare sui temi del riciclo dei manufatti infrastrutturali alle diverse scale soprattutto nei territori minori. Ha partecipato a numerosi concorsi e bandi nazionali e internazionali ottenendo diversi riconoscimenti. I suoi progetti e i suoi scritti sono pubblicati su cataloghi e riviste nazionali ed internazionali.

Billund, le cui vicende urbane sono strettamente legate alla fabbrica Lego prima, e al suo parco tematico poi. ECONOMIA CIRCOLARE La Lego House rappresenta un monumento alla testimonianza di radicamento e identità di un’intera città e al contempo è una celebrazione della sua operosità che, dalla felice intuizione di lavorare degli scarti di produzione, dagli anni Trenta del Novecento è diventata un riferimento educativo e culturale per milioni di bambini e di adulti. Il Museo, sebbene posto in posizione marginale rispetto al complesso industriale Lego, rappresenta un luogo di interazione con la città stessa. Un allestimento esterno, pensato anch’esso come un gioco, definisce una soluzione di continuità che permette una relazione con un’area urbana in cui la decontestualizzazione è la norma. Big sperimenta il limite tra gioco e realtà, creatività e tecnica, e ci rende partecipi del fatto che non tutto è risolvibile con un semplice mattoncino. Usa una grammatica raffinata e invisibile, che restituisce un aspetto patinato dove l’appropriatezza delle soluzioni tecnologiche è volta all’eliminazione di conflittualità tra l’immagine del prodotto Lego e la sua evocazione architettonica, in ogni dettaglio e a ogni scala. Qui, infatti, a differenza di quelli costruiti da bambini e grandi di tutto il mondo, l’edificio non è un giocattolo, non si smonta facilmente, e il suo assetto è fisso, al massimo può essere allestito con flessibilità. La sfida comunque è vinta, aspettando tanti altri piccoli architetti pronti a cimentarsi con il gioco più bello del mondo. E tutte le architetture ancora da inventare.

Uno dei blocchi espositivi. La Lego House rappresenta un monumento alla testimonianza di radicamento e identità di un’intera città e al contempo è una celebrazione della sua operosità Foto © Iwan Baan (courtesy BIG)

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ATTUALITÀ

CASE HISTORY

di Giuseppe Rossi

Il Bim nella rete DELLE PESCHERIE A Mantova il progetto di recupero dell’antico edificio progettato da Giulio Romano nel Cinquecento ha utilizzato un particolare sistema di Building information modeling studiato ad hoc per gli edifici storici 36

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Le pescherie erano poste ai lati del ponte di epoca medievale che scavalcava il Rio, corso d’acqua che attraversa la città di Mantova dal lago Superiore al lago Inferiore

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iulio Pippi de’ Jannuzzi, detto Giulio Romano, era un uomo che si teneva aggiornato sulle ultime tecnologie architettoniche. Oltre a valente pittore del Cinquecento, infatti, è stato anche un architetto di primo piano, noto soprattutto per aver realizzato il Palazzo Te di Mantova. Probabilmente, quindi, avrebbe apprezzato l’uso di sistemi hi-tech per recuperare le Pescherie da lui progettate nella città dei Gonzaga.

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CASE HISTORY

Il recupero della struttura ha avuto come protagonisti Graphisoft e Str. Le due aziende hanno utilizzato un approccio di avanguardia, Hbim, cioè un par ticolare sistema Bim centrato sulla riqualificazione del patrimonio storico

Le Pescherie di Giulio Romano (o Loggia di Giulio Romano), sono un edificio storico di Mantova. Sono state edificate nel 1536 su progetto dell’architetto di palazzo Te

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Il progetto prevede l’utilizzo della metodologia Bim sia in fase di rilievo delle strutture esistenti che nella successiva gestione di cantierizzazione ed esecuzione dell’inter vento di restauro


SOFTWARE E RINASCIMENTO Il recupero della struttura ha avuto come protagonisti Graphisoft e Str. Le due aziende hanno utilizzato un approccio di avanguardia, Hbim, cioè un particolare sistema Bim centrato sulla riqualificazione del patrimonio storico e architettonico: significa, infatti, Heritage Building Information Modeling. In Italia l’utilizzo dello Hbim è quasi sconosciuto ma, al contrario, potrebbe essere di ampio utilizzo visto il patrimonio storico del nostro Paese. Graphisoft, specializzata nello sviluppo di software Bim, e Str (Gruppo TeamSystem), software house di gestionali per l’edilizia, si sono invece lanciate nel progetto sul monumento simbolo di Mantova, le Pescherie di Levante, che dopo anni di sostanziale abbandono torneranno a nuova vita grazie a un’iniziativa promossa dalla Fondazione Le Pescherie di Giulio Romano, promossa dall’associazione Amici di Palazzo Te. Il progetto prevede l’utilizzo della metodologia Bim sia in fase di rilievo delle strutture esistenti che nella successiva gestione di cantierizzazione ed esecuzione dell’intervento di restauro. Ormai da tempo il complesso versava in pessimo stato di conservazione e in sostanziale abbandono. L’idea è di restituire il monumento all’uso pubblico mediante il recupero e la valorizzazione sia delle Pescherie che della sottostante riva del Rio, il tutto all’interno di un più vasto programma di ripristino del rapporto della città con l’acqua. IL PROGRAMMA Promotrice del progetto di restauro è la Fondazione Le Pescherie di Giulio Romano, creata dall’associazione Amici di Palazzo Te con l’obiettivo (raggiunto il 12 settembre scorso) di aggiudicarsi la concessione della durata trentennale per la valorizzazione delle Pescherie di Levante messa in palio da un bando del Comune. «Lo spirito è lo stesso che ci ha permesso anni fa di recuperare all’uso pubblico un altro complesso simbolo della città, Madonna della Vittoria», sottolinea il presidente della Fondazione, Paolo Corbellani, che è anche vice presidente degli Amici di Palazzo Te. «Per questo motivo al primo piano ricaveremo una sala polivalente, che sarà gestita direttamente dalla Fondazione o avvalendosi di soggetti da essa selezionati e sotto la propria responsabilità, secondo una programmazione organica e di sostanziale continuità nel tempo e con un congruo spazio riservato alle iniziative promosse dal Comune». Il progetto di massima prevede anche la realizzazione di una caffetteria al piano terra, e soprattutto il collegamento attraverso un corpo scale e un ascensore alla piccola spiaggia in riva al Rio, altro passaggio chiave nel recupero della storica relazione della città con le sue vie d’acqua.

La costruzione è costituita da due por ticati ad archi tondi nel tipico bugnato giuliesco, con attico sovrastante dove si aprono finestre rettangolari incorniciate da lesene

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CASE HISTORY

Erano collegate alle attigue Beccherie, il macello pubblico realizzato negli stessi anni sempre su disegni di Giulio Romano, che fu però demolito nel 1872. Verso la fine del secolo XIX anche le Pescherie furono ristrutturate perdendo la loro originaria funzione

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Tra gli obiettivi ci sono la predisposizione del modello di Bim Execution Plan del progetto definitivo ed esecutivo, le mappature dei modelli con l’inserimento dei dati relativi alla pianificazione del programma operativo di cantiere e ai computi

TECNICI AL LAVORO Il progetto dell’intervento è stato affidato a un pool tecnico, che ha deciso di sperimentare per la prima volta l’applicazione delle metodologie Bim in un intervento di recupero di questa levatura e complessità. Ai responsabili del progetto di restauro Giorgio Sebastiano Bertoni e Sandro Scarduelli dello Studio Pda Associati di Mantova, si sono affiancati Armando Casella e Alessandro Vitale di D.Vision Architecture, BimFactory di Brescia. A questi ultimi è stata affidata la parte relativa alla predisposizione del protocollo Bim e al coordinamento di tutte le relative attività. Tra gli obiettivi ci sono la predisposizione del modello di Bim Execution Plan del progetto definitivo ed esecutivo, le mappature dei modelli con l’inserimento dei dati relativi alla pianificazione del programma operativo di cantiere e ai computi, l’aggiornamento dei modelli al fine di monitorare il cantiere, la restituzione del modello finale as built e la predisposizione del modello ai fini della manutenzione.

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CASE HISTORY

La base di dati è stata fornita dalla campagna di rilievi tramite laser scanner condotta dalla PiScan di Bergamo, che ha messo a punto la generazione delle nuvole di punti, alla restituzione del rilievo e predisposizione del modello Bim

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TRA APP E SOFT Per tutto questo lavoro sono stati utilizzati programmi come Archicad di Graphisoft, software per la progettazione architettonica nato in ottica Bim, e Str Vision Cpm, che serve alla progettazione, programmazione e direzione lavori, gestione del cantiere, che condivide integralmente la filosofia Bim. La base di dati è stata fornita dalla campagna di rilievi tramite laser scanner condotta dalla PiScan di Bergamo, che ha messo a punto la generazione delle nuvole di punti, alla restituzione del rilievo e predisposizione del modello Bim dello stato di fatto e curerà il successivo aggiornamento delle nuvole di punti in fase di avanzamento al fine di monitorare il cantiere. «Il tema dell’Heritage Bim in Italia rappresenta un terreno ancora tutto da esplorare e dalle enormi prospettive. In questa ottica, uno degli aspetti di maggiore interesse di questa esperienza è il coinvolgimento degli enti pubblici interessati, fra cui il Comune di Mantova e la Soprintendenza, che si sono dimostrati estremamente sensibili al potenziale dell’applicazione delle metodologie Bim nell’ambito del restauro, sia in termini progettuali che di gestione dei processi e delle relazioni fra professionisti, committenza ed Enti autorizzatori»,

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commenta Armando Casella, di D.Vision Architecture - BimFactory. «L’Italia, culla dell’architettura, ha un enorme patrimonio di edifici storici che risulta essere una sfida molto importante per architetti, ingegneri e imprenditori; rispettare il passato ma allo stesso tempo rinnovare per il futuro», aggiunge Ferenc Matyas, direttore generale di Graphisoft Italia. «Sostenere un progetto come quello delle Pescherie di Giulio Romano a Mantova è una collaborazione naturale per Graphisoft, dato che la tecnologia di Archicad, il nostro software di Bim authoring, è stata pensata e personalizzata non solo per edifici di nuova costruzione, ma anche per quelli già esistenti, addirittura per quelli storici. Il flusso di lavoro che sfrutta il portfolio di soluzioni Bim di Graphisoft, in particolar modo Archicad, consente a tutti i partecipanti al progetto di creare il modello architettonico e strutturale dell’edificio esistente e renderlo pronto per un’ulteriore integrazione dei dati in conformità ai requisiti del progetto, considerando il rilevamento delle collisioni, la modellazione Mep (impiantistica), i costi e la pianificazione dei tempi per tutto il ciclo di vita dell’edificio, compresa la fase di cantiere, la manutenzione e la conservazione».


Secondo il manager, oltre alla precisione dei dati e alla conservazione della geometria originale, la tecnologia consente ai partecipanti al progetto di lavorare simultaneamente sul modello in un ambiente completamente digitalizzato, grazie alla piattaforma Bimcloud, eliminando i rischi di gestione e di perdita dei dati causati dalle varianti basate sulle tavole di carta derivanti dai disegni Cad. «Durante l’intero processo di progettazione, anche il proprietario e l’appaltatore possono essere parte del team di progettazione, controllando lo sviluppo del progetto tramite Bimx Pro su un dispositivo mobile senza alcuna conoscenza o esperienza architettonica. Il progetto delle Pescherie di Giulio Romano di Mantova è semplicemente un mix meraviglioso per praticare l’architettura tradizionale utilizzando l’ultima tecnologia software all’avanguardia», conclude Matyas. «Str è stata fra le prime realtà del settore a puntare con convinzione sul Building Information Modeling», sottolinea Nicola Baraldi, direttore Marketing Business Unit di Str, «una scelta che ci ha garantito non solo un forte vantaggio competitivo, ma che oggi ci permette di mettere a disposizione una gamma di soluzioni e servizi per la digitalizzazione dei processi nel settore delle costruzioni».

Durante l’intero processo di progettazione, anche il proprietario e l’appaltatore possono essere par te del team di progettazione, controllando lo sviluppo del progetto tramite Bimx Pro su un dispositivo mobile senza alcuna conoscenza o esperienza architettonica

PESCI D’ARTE Le Pescherie di Giulio Romano sono di proprietà del Comune di Mantova. L’edificio oggetto dell’intervento è denominato Logge di Levante di Giulio Romano ed è di grande importanza storico artistica, soggetto alla tutela del ministero per i Beni Culturali. Le Logge di Levante, in particolare, fanno parte del Complesso delle Pescherie di Giulio Romano, edificate nel 1536 e dedicate al commercio del pesce. Le pescherie erano state realizzate ai lati del ponte di epoca medievale che scavalca il Rio, corso d’acqua che attraversa la città di Mantova dal lago Superiore a quello Inferiore, ed erano collegate alle attigue Beccherie, il macello pubblico realizzato negli stessi anni sempre su disegni di Giulio Romano, che fu però demolito nel 1872. Verso la fine del XIX secolo anche le Pescherie furono ristrutturate perdendo la loro originaria funzione.

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ATTUALITÀ

PROFESSIONI

di Stefano Pozzo

Come fare i soldi CON UN FOGLIO A QUADRETTI Uno studio di architetti in crisi. Un consulente chiamato a raddrizzare i conti. E un metodo per tagliare tempi, ottimizzare il lavoro, razionalizzare le spese. La soluzione? Tutto parte da un semplice schema Excel

Si conclude la cronaca (vedi YouBuild 5) dell’intervento di un consulente chiamato a risollevare l’attività di uno studio di architetti con poco lavoro. Dopo i primi incontri per radiografare i problemi da risolvere, il consulente passa al piano d’azione.

I

l lavoro parte con l’analisi di dettaglio dell’attività dello studio, per capire se aree e funzioni aziendali sono identificate e se sono rispettate sempre. Appare chiaro che in 20 anni i professionisti si sono concentrati decisamente sull’aspetto tecnico delle loro competenze, davvero elevate, senza preoccuparsi di quanto sottende al loro lavoro. Il risultato inevitabile è l’improvvisazione in tutti gli aspetti che non riguardano direttamente il contenuto specifico della professione. Partendo dalla suddivisione delle funzioni aziendali (commerciale, operativa e amministrativa) nelle nostre sessioni settimanali di lavoro insieme, facciamo emergere che cosa succede.

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FUNZIONE COMMERCIALE È il punto da cui erano partiti, ciò che era evidente non funzionasse e su cui gli architetti dello studio vogliono lavorare di più: un rapporto molto basso tra proposte presentate e incarichi ricevuti. Occorre un passo indietro, perché è importante legare un orizzonte corretto ai numeri: i valori e le percentuali sono sempre relativi. Come arrivano i potenziali clienti? Non avendo mai posto in essere iniziative di marketing e commerciali, l’unica possibilità che hanno di raggiungere il mercato sono i rapporti personali, che sono comunque un’ottima base di partenza. Ma è evidente che, tra le loro conoscenze dirette, si è rivolto allo studio chi ha ben presente che cosa fanno e più per amicizia che per stima professionale (cosa che crea un problema successivo non da poco, perché chiedere soldi a qualcuno che si è rivolto a te come amico genera imbarazzi che diminuiscono la redditività del lavoro). Manca del tutto sia una strategia di marketing che permetta di rendere i


professionisti visibili sul mercato di riferimento e di valorizzare le competenze come carattere distintivo: occorre pianificare un investimento in tal senso, seppur minimale in termini economici. Ma, soprattutto, è necessario che i professionisti dedichino una parte definita del loro tempo alla promozione del business (è necessario definirla perché il tempo ha un costo e se non lo identifico chiaramente non saprò mai se e quando l’impegno che investo ritorna in termini economici. Inoltre, se non si pianifica e programma, difficilmente si fanno le cose nei modi e nei tempi giusti).

PARTIRE DA UN FOGLIO ELETTRONICO Li doto, quindi, di un banalissimo foglio di Excel su cui possano scrivere tutti i contatti con i dettagli di riferimento, una sorta di piccolo database commerciale. È il primo passo per sapere esattamente di quanti contatti diretti parliamo, in seguito capiremo come utilizzarli. L’analisi delle modalità con cui sono avanzate le proposte ai possibili committenti mi fa trarre alcune rapide conclusioni: innanzitutto, pur essendo un documento che riassume l’esito di uno o più incontri con i potenziali clienti, non ha alla base un dato oggettivo riscontrabile. In una riunione sono indicate delle esigenze: le trascrivo in un documento che dimostra che ho capito quanto mi è stato chiesto. In secondo luogo, il documento di proposta è estremamente sintetico e non offre a chi lo legge la possibilità di capire (e quindi valorizzare) tutte le attività che vengono espletate, le figure coinvolte e il risultato che si ottiene. Infine, il criterio di valorizzazione economica della proposta è a dir poco aleatorio.

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PROFESSIONI

TRE PUNTI FISSI L’attività professionale si basa su tre elementi: la competenza, il tempo che si impiega, le spese che si sostengono. L’unione di questi elementi e la loro quantificazione costituisce il dato economico che il cliente deve approvare. Ma mentre alla competenza si può teoricamente dare un valore arbitrario, le ore di lavoro e le spese bisogna calcolarle e stimarle con buona approssimazione (e poi bisognerà anche controllare che tali stime siano corrette e il più possibile rispettate). ESEMPI SUL CAMPO Il lavoro di affiancamento procede con simulazioni: prendendo a esempio concreto un lavoro precedente, faccio stilare l’elenco di tutte le attività che la commemessa prevedeva e la stima per ogni voce delle ore di lavoro e le spese vive relative. Successivamente diamo un valore all’ora di lavoro e questo, con le spese, crea il totale del preventivo. Il risultato è che le cifre si discostano di molto dalla realtà ottenuta, e non per eccesso. Questo può significare in buona sostanza due cose: o hanno «regalato» parte del lavoro, o non sanno stimare il tempo del loro impegno. Lascio a chi legge decidere quale delle due opzioni è quella corrispondente alla realtà. Un dettaglio, che poi tanto piccolo non è, riguarda la forma con cui il documento si presenta: è una proposta, quindi teoricamente suscettibile a variazioni e trattative, e non può assumere la definitività di un incarico, con tutte le condizioni contrattuali che questo richiede. Quindi un chiaro, semplice e

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leggibile, che contenga tutti gli elementi operativi che si affronteranno (e che non sono discutibili perché se quello bisogna fare, quello si farà), ma non appesantito da clausole e dettagli che in fase di proposta zavorrano la trattativa e non la agevolano. Una volta pattuiti cifre, tempi e modalità, allora si può passare al livello successivo, l’incarico appunto, che vincola entrambe le parti in modo definitivo. Non si tratta di appesantire l’attività con procedure e prassi inutili, ma semplicemente di assecondare la realtà per come è: prima ci si accorda e si discute sui contenuti e sui soldi (proposta), e poi si sancisce l’accordo (incarico). Pensare di far coincidere i due step, a maggior ragione quando si discute di cifre importanti, è un errore che può pregiudicare il buon esito, creando una pressione che non viene percepita come positiva. FUNZIONE OPERATIVA Come detto, le competenze tecniche dei professionisti sono davvero elevate e la loro operatività non è da modificare. Quello che manca è la traccia di ciò che fanno e di come lo fanno, per permettere quella ripetitività di prassi che evita inutili dispersioni di tempo (quindi, di nuovo, di denaro), in particolare nel rapporto con committenti, altre figure professionali e imprese che realizzano quanto progettato. Esattamente come per l’attività commerciale, implementiamo una parte documentale minima che consenta di verbalizzare i contenuti delle periodiche riunioni in cui si aggiornano e si prendono decisioni con i committenti e le imprese. Questo permette di dimostrare ai committenti che nulla è lasciato al caso (valore) e di evitare eventuali future contestazioni a distanza tempo (efficienza). Con i professionisti con cui collaborano sono formalizzati modalità, tempi e condizioni: anche in questo caso, possono misurare e avere maggior controllo sull’operatività altrui e dimostrare precisione sulle tempistiche, anche di pagamento. A maggior serietà dimostrata, corrisponde una maggior disponibilità delle risorse ed una maggiore competitività dei costi. Inoltre, poiché manca una stima a priori delle ore di lavoro e delle spese, manca ovviamente il sistema di verifica e controllo. Non hanno la minima idea di quanto tempo utilizzino su ogni attività per ogni lavoro, quindi la redditività, se c’è, è assolutamente casuale. Creo uno strumento agile, anche qui con Excel, che permetta giorno per giorno di inserire le ore di lavoro suddivise per attività e cantiere. La cosa da fare è banale, richiede al massimo 5 minuti, ma implementarlo richiederà enorme fatica perché è


un’abitudine che non c’è. Il risultato delle somme periodiche è uno choc: le somme sono giuste, rispecchiano semplicemente la realtà delle cose che nessuno di loro aveva mai avuto modo di verificare. Torna utile per fare i preventivi di lavoro. FUNZIONE AMMINISTRATIVA Qui è tutto molto più semplice, perché non c’è nulla da analizzare e modificare: è tutto da costruire. Ovviamente la contabilità fiscale è tenuta dai commercialisti (bene così), ai quali loro portano trimestralmente i documenti. Fatturazione all’occorrenza (quando mancano i soldi in conto) e pagamenti quando i soldi ci sono. Gli investimenti riguardano le attrezzature, cioè quando si rompono le cambiano. Niente business plan, niente budget, nessuna previsione finanziaria. E nessuna voglia di farli, perché sono troppo distanti dalle loro competenze e dal loro business, cosa assolutamente comprensibile. Individuiamo le necessità di investimenti materiali (strumenti e attrezzature) e immateriali (comunicazione), fornitori e relativi preventivi. Li convinco della necessità di far finanziare gli investimenti perché allo stato attuale non esistono le risorse finanziarie per poterli affrontare, e se non si investe non si hanno gli strumenti per poter raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. Mi occupo direttamente della redazione e del controllo del business plan, del budget e della pianificazione finanziaria, facendo emergere i costi necessari al sostentamento dell’attività (e personali) e individuando il target economico per poterli coprire. Li costringo a concentrarsi solo sul loro lavoro e sullo sviluppo commerciale. L’orizzonte temporale è 12 mesi per vedere i primi risultati: fino ad allora possono solo sopravvivere. RISULTATI OTTENUTI I 12 mesi sono ampiamente passati e lo studio è sopravvissuto: attualmente la realtà consta di sei professionisti che collaborano stabilmente, dopo aver generato risultati commerciali e di redditività tali da permettere ulteriori investimenti a sostegno dello sviluppo e attirando altre risorse professionali. Tutte le procedure commerciali sono diventate stabili e abitudinarie, permettendo un lavoro continuo, spostando pian piano l’attenzione dai rapporti personali al mercato in senso più ampio, iniziando ad intercettare la domanda al di fuori della cerchia delle conoscenze. È un lavoro continuo e sicuramente faticoso, che occupa circa il 20% del tempo dei professionisti. Anche dal punto di vista operativo, la gran parte del sistema è attuato, mentre grande resistenza trova

ancora l’utilizzo degli strumenti di controllo dei tempi di lavoro: si tratta di una difficoltà pratica, non concettuale a priori, su cui ancora si dovrà lavorare molto. Dal punto di vista amministrativo si sono praticamente azzerate le improvvisazioni, garantendo una continuità e tranquillità di gestione che ha permesso di anticipare e fronteggiare le criticità che si sono presentate. Il grande merito va evidentemente ai professionisti che hanno deciso di intraprendere una strada che aveva delle incognite, ma soprattutto che li ha contestati dal punto di vista pratico, facendo emergere errori ed omissioni, ma avendo più interesse per l’obiettivo da raggiungere che per le proprie posizioni da difendere. (Fine. La puntata precedente è stata pubblicata sul numero 5 di YouBuild)

Stefano Pozzo, nato a Biella 49 anni fa, dopo una laurea a Torino e un master in controllo di gestione, entra a far parte di strutture di consulenza direzionale internazionali, lavorando in particolare su aziende di medie e grandi dimensioni per progetti di implementazione di procedure organizzative applicate al controllo di gestione in Italia e Sud America. Partendo dall’esperienza nelle grandi realtà, dal 2001 si occupa come libero professionista di organizzazione e gestione di piccole e medie imprese, sia come consulente sia con incarichi amministrativi. L’area di intervento è nelle fasi critiche straordinarie di aziende di servizi, studi professionali e attività commerciali (sviluppo di nuovi business, razionalizzazione delle attività, passaggi generazionali).

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STORIA DI COPERTINA

SANMARCO-TERREAL

di Giuseppe Rossi

Ci vuole un mattone PER COSTRUIRE PAESAGGI Fernando Cuogo, direttore generale di SanMarco-Terreal Italia

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S

anMarco-Terreal Italia (gruppo Terreal), ha acquisito Pica, storica azienda pesarese nella produzione di laterizi. Un’operazione che è stata portata a termine dopo un breve periodo d’affitto del ramo d’azienda e che ha l’obiettivo di rafforzare la posizione di SanMarcoTerreal come punto di riferimento nel panorama della produzione di sistemi d’involucro in laterizio per le costruzioni in Italia e all’estero. Il risultato dell’acquisizione sarà in grado di generare un fatturato previsto di circa 10 milioni già nel 2018, impiegando complessivamente a tempo pieno circa 60 persone. «Il Gruppo Terreal vuole rafforzarsi per essere protagonista attivo in questa fase di ristrutturazione del mercato del laterizio onde poter raccogliere, dopo gli investimenti fatti, i benefici di tale concentrazione», spiega a YouBuild Fernando Cuogo, direttore generale di SanMarco-Terreal Italia. Che sottolinea l’importanza dell’elemento laterizio nel contesto architettonico italiano. Domanda. SanMarco-Terreal ha acquisito Pica, azienda di laterizi del Pesarese. Come siete arrivati a questa decisione? Risposta. Il nostro settore di riferimento ha bisogno di essere concentrato e razionalizzato. L’offerta troppo parcellizzata e frammentaria impedisce la creazione di valore. La nostra azienda, leader di mercato e facente parte di un Gruppo multinazio-


Il direttore generale di SanMarco Terreal Italia, Fernando Cuogo, spiega perché il laterizio è l’elemento naturale che meglio si integra nel contesto architettonico. E perché l’azienda ha deciso di rafforzarsi con l’acquisizione di Pica

nale, non può non cogliere le opportunità che vanno in tale direzione. D. Quali sono le caratteristiche produttive della azienda acquisita? R. Pica è uno dei marchi storici presenti nel mercato nazionale, e non solo, del laterizio. Qualsiasi addetto della filiera delle costruzioni in Italia conosce i prodotti e il marchio Pica, brand che nonostante le numerose difficoltà dell’azienda negli ultimi anni ha saputo resistere in un contesto molto difficile. D. Quanto conterà la nuova acquisizione sulle vostre attività in Italia? R. Ci permette di: a) aumentare la nostra presenza nel nostro mercato di riferimento sia delle coperture che del facciavista; b) completare la gamma con facciavista e paramani estrusi e pavimenti in cotto; c) uniformare la nostra presenza nel territorio nazionale: per SanMarco-Terreal il mercato di riferimento principale è il Centro-Nord mentre per Pica è il Centro-Sud; d) consolidare ed aumentare la nostra presenza nel mercato estero attraverso un marchio conosciuto e ben posizionato in alcuni Paesi più di SanMarco-Terreal stessa. D. In che modo si integrerà con SanMarco-Terreal? R. Abbiamo già ultimato il rodaggio attraverso i sei mesi di affitto del ramo d’azienda che hanno preceduto l’acquisizione: abbiamo constatato che non

ci sono sovrapposizioni a livello territoriale e che la gamma dell’offerta si arricchisce per entrambe le reti commerciali, Pica e SanMarco, con nuovi prodotti che determinano nuove opportunità. D. Quali sono gli obiettivi strategici di SanMarco in Italia? R. Concentrare e razionalizzare l’offerta diventando il riferimento del mercato del laterizio a vista: coperture, pareti, pavimenti, rivestimenti e decorazioni con soluzioni e sistemi sostenibili e innovativi, adattati al bisogno del cliente attraverso prodotti e servizi di qualità. D. Il laterizio è un settore che soffre, in sintonia con la crisi dell’edilizia. Perché acquisire un’altra azienda, quindi? R. Perché la terracotta è e rimane il nostro business e l’acquisizione di Pica concentra il mercato riducendo il numero di attori. Il Gruppo Terreal vuole rafforzarsi per essere protagonista attivo in questa fase di ristrutturazione del mercato del laterizio per poter raccogliere, dopo gli investimenti fatti, i benefici di tale concentrazione. D. L’edilizia sostenibile è il nuovo trend sia per chi ristruttura che per chi costruisce nuovi edifici. Come si inserisce il laterizio in questo contesto? R. Io sarò anche di parte, ma penso che non abbia uguali. È sufficiente elencarne le caratteristiche: 100% naturale, riciclabile, estetico, resistente e du-

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SANMARCO-TERREAL

raturo, isolante e performante sia dal punto di vista termico che acustico, incombustibile, sorgente di creatività infinita, salubre e portatore di benessere nell’abitare. Penso sia sufficiente... D. Un altro punto caldo è quello della sicurezza, in funzione antisismica. Il laterizio è visto a volte come un elemento troppo tradizionale. È giusto? R. All’interno della nostra offerta, in Italia, non ci sono prodotti strutturali in laterizio. Per quanto riguarda i prodotti da rivestimento, che invece ci riguardano, penso che la definizione di prodotto tradizionale non sia per niente appropriata; offriamo sistemi e soluzioni evolute, a colla, a malta, a secco, ventilate con aggancio meccanico. E poi ancora pannelli Thermoreal SM, listelli sottili Decor, pareti e facciate ventilate da ancorare alle strutture portanti. In ogni caso, anche se non ci riguarda direttamente, voglio precisare che anche come elemento portante, il laterizio offre delle soluzioni d’avanguardia e di assoluta sicurezza per le zone sismiche, soluzioni e sistemi che sono di riferimento e di esempio a livello europeo.

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Fernando Cuogo: “Il risultato dell’acquisizione di Pica sarà in grado di generare un fatturato previsto di circa 10 milioni già nel 2018, impiegando complessivamente a tempo pieno circa 60 persone. Oggi in più assistiamo ad una diffusa tendenza dell’architettura contemporanea: l’utilizzo del laterizio allo strato più esterno dell’involucro, interpretabile come rivestimento o pelle dell’edificio”

D. Quali sono le previsioni per il 2018: si è arrestata la flessione del settore? R. Le nostre previsioni sono positive al netto di un’incognita dovuta alle elezioni politiche; il 4 marzo è all’inizio dell’anno e, soprattutto, all’inizio della buona stagione per il settore delle costruzioni. Non ci sarà impatto negativo a condizione che si riesca a formare un governo rapidamente e che non ci sia quindi instabilità. D. Il laterizio è tornato a essere un elemento decorativo in architettura e non solamente un semplice materiale. Come vi inserite in questo trend? R. Il laterizio, materiale edilizio fra i più antichi, è sempre stato uno fra i prodotti più versatili ed efficaci sotto il profilo compositivo, forse l’unico che possa essere direttamente associato al concetto di costruzione, e fra i più performanti per le sue qualità estetiche, statiche e isolanti. Oggi in più assistiamo a una diffusa tendenza dell’architettura contemporanea: l’utilizzo del laterizio allo strato più esterno dell’involucro, interpretabile come rivestimento o «pelle dell’edificio». In questo senso al laterizio è demandato non solo il ruolo estetico di faccia a vista, ma anche il compito funzionale di protezione. La nostra sperimentazione è tutta orientata verso sistemi di involucro in laterizio che rispondano in maniera esauriente ai temi di bellezza ed espressività del materiale, isolamento termico, isolamento acustico e aspetti di fissaggio strutturale. D. Il mattone deve essere riscoperto anche in funzione del paesaggio, visto che il turismo è un settore prioritario in Italia? R. È questo un tema che ci sta particolarmente a cuore: l’utilizzo del laterizio come ricucitura dei tessuti e delle trame urbanistiche degradate e come elemento in grado di generare continuità con il paesaggio italiano. Oggi, infatti, non si può prescindere dalla

considerazione che il nostro patrimonio costruito sia una ricchezza da tutelare, proteggere e risanare soprattutto nelle aree dismesse e nei contesti degradati. Il laterizio in questo compito è un materiale idoneo perché, tradizionale, viene dal passato ed è in grado di dare espressività alla moderna architettura senza perdere il suo carattere antico. D. SanMarco-Terreal fa parte di un gruppo che ha sede in Francia, dove l’edilizia non ha sofferto come in Italia. Quale aspetto della normativa francese potrebbe essere importato da noi? R. Non ci sono normative da importare, è questione di pianificazione e programmazione. Nel contesto italiano è stato fatale arrivare alle porte di una crisi economico-finanziaria senza precedenti, nel 2008, dopo un decennio di edificazione dissennata e senza pianificazione. Le conseguenze della crisi, come abbiamo purtroppo visto, si sono amplificate e durano ormai da un decennio. La pianificazione è fondamentale, le abbuffate non vanno mai bene.

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INTERMEZZO

VEDERE IL SILENZIO Presentiamo in queste pagine alcune immagini scattate dalla fotografa messicana Gabriela Torres Ruiz e tratte dal volume ‘Silence’ edito per i tipi di Hatje-Cantz. Attimi silenziosi, delicati e forti allo stesso tempo, che mettono in riferimento, quasi per libera associazione, la precarietà dell’opera dell’uomo – le architetture fatiscenti, i materiali consunti, gli spazi vuoti – e la maestosità della Natura con i suoi paesaggi che l’artista ha colto in Islanda. Sono i cromatismi identici di questi dittici che creano un discorso assordante nella sua semplicità e nella sua dimensione universale. Gabriela Torrez Ruiz sottolinea attraverso queste immagini accostate che tutto è parte di un insieme. Tutto è un ciclo di cui noi facciamo parte e al quale siamo chiamati a partecipare, per comprenderlo bisogna imparare ad ascoltare. Per poi rimettere tutto in gioco. (lmff)

Gabriela Torres Ruiz, Silence, con testi di Timothy Persons, Hatje-Cantz Publishers, 2017, 112 pp. con 88 ill., euro 40,00. info: www.hatjecantz.de

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#2, 2013 - From the series Silence (diptych). © Gabriela Torres Ruiz – Courtesy Hatje-Cantz Publishers.



#5, 2015 / 2009 - From the series Silence (diptych). © Gabriela Torres Ruiz – Courtesy Hatje-Cantz Publishers.



#5, 2015 / 2009 - From the series Silence (diptych). © Gabriela Torres Ruiz – Courtesy Hatje-Cantz Publishers.



RIQUALIFICAZIONE

EX FABBRICA

di Roberto Bolici,

Politecnico di Milano

La memoria È A COLORI Q Xxx A Berlino la Tuchfabrik, azienda storica di tessuti degli anni Sessanta, è stata trasformata in contenitore a uso terziario e commerciale. Con fili di lana variopinti che girano attorno all’intero edificio e ricoprono interamente l’involucro 60

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e metropoli, in generale, sono un work in progress interminabile. Strati che si accumulano l’uno sull’altro, segni di civiltà, epoche, religioni differenti che convivono e che raccontano soprattutto la vita delle persone. Berlino è la testimone europea per eccellenza di questo processo di stratificazione e lo si intuisce dalle diverse culture che popolano la città e pure dall’architettura, che coesistono insieme a un design e a un’anima decisamente contemporanea. Tra le ombre di un passato decisa-

mente ingombrante, soprattutto nel ventesimo secolo (le dittature, le cicatrici della guerra, la ricostruzione, la divisione e poi la riunificazione), lo slancio creativo di una popolazione giovane e intraprendente ha dato origine dagli anni Novanta in poi a una rinascita straordinaria. Infatti, tra gli immensi vuoti urbani lasciati da fabbriche dismesse ed edifici abbandonati sono fiorite officine di artisti, poli culturali, spazi pubblici autogestiti o allestiti da privati con l’intento di riqualificare intere aree della città. In tutto questo

Ingresso alla Tuchfabrik (foto: Werner Huthmacher, courtesy TVA). A sinistra, rivestimento di facciata con pannelli sandwich in alluminio (foto: Greg Bannan, courtesy TVA)

I SEGRETI DEL BUILDING INFORMATION MODELING Il Building Information Modeling è il nuovo processo di condivisione delle informazioni riguardanti il progetto attraverso la creazione di un modello multi-dimensionale. Il modello contiene i diversi dati di un edificio relazionati alle diverse discipline che lo definiscono. Il ruolo di Bim è di sostenere la comunicazione, la cooperazione, la simulazione e il miglioramento ottimale di un progetto lungo il ciclo completo di vita dell’opera costruita. Il Bim adotta un processo circolare - e non più sequenziale - che consente di superare i limiti strumentali che le diverse discipline incontrano nel loro continuo dialogo, ottimizzando i flussi di lavoro e di gestione del progetto. Lungo il processo edilizio è possibile raccogliere, contenere e mantenere un prospetto informativo completo, coerente e univoco dell’edificio, sia a livello grafico sia alfanumerico.

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vi è una costante, la riconoscibilità del patrimonio industriale e della sua attività produttiva, dunque un valore culturale da conservare e promuovere. BERLINER GRAFFITI Processo vivace ancor oggi nella capitale tedesca e foriero di architetture di un certo fascino e rilievo. È quanto capitato, per esempio, durante l’edizione del World Architecture Festival 2017, dove tra le 400 opere provenienti da 68 Paesi del mondo e in rappresentanza delle 32 categorie in lista (come Education, Health, Culture), vi era la riqualificazione della Tuchfabrik dello studio berlinese Tchoban Voss Architekten, una fabbrica storica di tessuti degli anni Sessanta trasformata in contenitore ad uso terziario e commerciale. Realizzazione che si è distinta per aver utilizzato il colore non solo a scopo ornamentale, bensì simbolico, rappresentativo e pure sentimentale. L’intervento per la nuova Tuchfabrik, al di là del premio colore, ha il merito di rimarcare quanto i processi di riqualificazione e di valorizzazione del patrimonio dismesso rappresentino una grande occasione per il sistema locale sia dal punto di vista di un nuovo utilizzo come motore di sviluppo economico sia come Sopra, spazio commerciale (foto: Werner Huthmacher, courtesy TVA). Da sinistra, pianta piano terra e primo piano (courtesy TVA)

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driver di creatività per accelerare le trasformazioni del tessuto produttivo ed elevare il livello della qualità architettonica e funzionale degli spazi urbani. ANNI SESSANTA Il sobrio complesso industriale Tuchfabrik si colloca in Friedrich-Olbricht-Damm 62 nel quartiere di Charlottenburg-Nord dell’ampio distretto CharlottenburgWilmersdorf a nord di Berlino e nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Tegel. È stato costruito nel 1966 ed era composto da due volumi, uno destinato agli uffici amministrativi e un secondo dedicato alla produzione. Nasce come luogo di produzione di stoffe e, solo successivamente è stato trasformato in magazzini e uffici. Oggi, a seguito di una seconda trasformazione, conclusa nel 2016, i volumi sono stati uniti dando vita al Commercial Center Tuchfabrik, dove uffici per creativi, uomini d’affari, commercianti e spazi destinati a numerose attività commerciali rappresentano i nuovi ospiti dell’ex fabbrica. Gli spazi sono sviluppati su tre livelli per gli uffici e su due per le attività commerciali, per una superficie complessiva di circa 4.600 metri quadri. L’ingresso, collocato a più un metro e mezzo dalla quota stradale, consente al visitatore di accedere facilmente ai livelli successivi tramite un’unica struttura di collegamento verticale costituita da vano scala e ascensore. Al piano rialzato, oltre l’ingresso, si ha l’accesso a diversi ambienti di lavoro caratterizzati da un layout classico, composto da stanze e postazioni predeterminate e alle aree commerciali, quest’ultime raggiungibili tramite un lungo corridoio centrale. Al piano superiore l’area uffici rimane pressoché invariata, come peraltro al secondo piano, mentre l’area commerciale cambia schema preferendo un numero minore di spazi, ma di grande dimensione. La struttura portante dell’edificio è quella originaria in calcestruzzo armato: è visibile solamente all’interno della Tuchfabrik e ha permesso ai progettisti di organizzare al meglio e con poche variazioni l’organizzazione degli spazi. UN GOMITOLO COLORATO Tuttavia quello che caratterizza il progetto degli architetti Ekkehard Voss e Sergei Tchoban è certamente il tributo al materiale tessuto rinvenibile nel design della facciata: fili di lana colorati che girano attorno all’intero edificio ricoprendo interamente i 1.500 metri quadri dell’involucro. L’ex fabbrica di tessuti appare ora rinnovata, i vecchi frontali intonacati hanno lasciato spazio a un rivestimento composto da pannelli sandwich in alluminio su cui sono stati stampati digitalmente fasci di filati oversize dai colori vivaci, intrecciati e luccicanti su sfondo grigio-nero come reminiscenza dell’attività svolta in quel luogo. Questa scelta, apparentemente det-

LA SCHEDA I NOMI Architect: Sergei Tchoban, Tchoban Voss Architekten Project leader: Pavel Zemskov Creative director façade design: Valeria Kashirina Team: Silvia Grischkat, Rene Hoch, Evgenija Sulaberidze, Katja Fuks Façade engineering: Priedemann Fassadeberatung, Großbeeren Metal works: Windeck GmbH, Kloster Lehnin Facade cladding: Metawell, sandwich panels, Neuburg an der Donau Digital print: Euramax Coated Products BV, Roermond, The Netherlands I NUMERI Area: 2.860 mq Superficie totale: circa 4.600 mq Volumetria totale: circa 20.000 mc Superficie facciata: 1.500 mq Fine lavori: luglio 2016 tata unicamente da un semplice formalismo, risponde anche alla necessità di non sovraccaricare eccessivamente, trattandosi di recupero, la facciata esistente e dunque la struttura portante. Una facciata composta come un grande puzzle, dove i singoli pezzi (pannelli) con motivo di stampa specifico e codice identificativo proprio vengono alloggiati in un’area assegnata fissa della facciata. A completamento del nuovo look le grandi lettere utilizzate per la scritta Tuchfabrik collocata all’ingresso del nuovo centro, che adotta come carattere tipografico il Rodchenko (pittore, fotografo e grafico russo che collaborò alla costituzione del movimento costruttivista), ispirato alle opere dei costruttivisti russi degli anni Venti e Trenta e riconosciuto dall’Avanguardia per la sua forma totalmente semplificata, lineare e senza grazie. Un’ulteriore occasione per ricordare una Berlino di altri tempi. Rober to Bolici, architetto e Ricercatore in Tecnologia dell’Architettura presso il “Dipar timento di Architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito” del Politecnico di Milano. L’attività di ricerca è orientata nell’ambito della progettazione tecnologico-ambientale per la valorizzazione del costruito. Docente di Tecnologia dell’Architettura presso la “Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni” del Politecnico di Milano.

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RIQUALIFICAZIONE

XXXX di Riccardo Maria Balzarotti, Politecnico di di Milano xxxx XXX EDIFICI STORICI

Via col vento Xxx XXX MEMORIA) (DELLA Q

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Il restauro del mulino Jack nel West Sussex testimonia come sia possibile non disperdere il patrimonio esistente ma, allo stesso tempo, riqualificare un immobile d’epoca con la tecnologia attuale. Tra legno lamellare e alluminio utilizzato per proteggere i granai 64

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I SEGRETI DEL BUILDING INFORMATION MODELING

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avorare sul patrimonio esistente è diventata una prassi consolidata e incentivata per i progettisti. L’idea di operare su edifici esistenti si è largamente diffusa tra tutti gli attori del processo costruttivo: i progettisti, i clienti, le amministrazioni pubbliche. Ciò avviene per motivi diversi, quali la sostenibilità economica o ambientale, la volontà di mettere a reddito immobili in stato di abbandono, il desiderio di preservare una memoria storica o il tentativo di razionalizzare il consumo di suolo. Gli approcci al tema sono molto diversi, influenzati dalle inclinazioni personali, dalle normative e dall’epoca e dal valore del manufatto su

Il Building Information Modeling è il nuovo processo di condivisione delle informazioni riguardanti il progetto attraverso la creazione di un modello multi-dimensionale. Il modello contiene i diversi dati di un edificio relazionati alle diverse discipline che lo definiscono. Il ruolo di Bim è di sostenere la comunicazione, la cooperazione, la simulazione e il miglioramento ottimale di un progetto lungo il ciclo completo di vita dell’opera costruita. Il Bim principale cui si opera. La questione potrebbe essere sintetizzata - che Fronte adotta un processo circolare - e non più sequenziale consente di della casa padronale dalla domanda cosa e come senzaincontrano nel loro superare i limiti «che strumentali che leconservare?», diverse discipline Foto © Tim Brotherton che esistadialogo, una risposta univoca.i flussi di lavoro e di gestione continuo ottimizzando del progetto. (courtesy Featherstone Young) Lungo il processo edilizio è possibile raccogliere, contenere e mantenere un MEMORIA INDISCRIMINATA? prospetto informativo completo, coerente e univoco dell’edificio, sia a livello L’interesse sul tema era già stato sollevato con un grafico sia alfanumerico. certo anticipo da Rem Koolhaas con la ricerca Cronocaos, presentata alla Biennale di Venezia del 2010, il cui scopo era analizzare le modalità e le contraddizioni nel nostro modo di relazionarci con la memoria storica del costruito. Riguardo a queste contraddizioni è utile citare lo scalpore che ha sollevato la notizia che una delle ville progettate da Renzo

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EDIFICI STORICI

Piano a Cusago nei primi anni Settanta rischiava di essere demolita. Un bene che a tutti appariva degno di essere tutelato non lo era per la burocrazia, tanto che le ville erano inizialmente quattro, ma qualche anno fa ne furono demolite due e la cosa sembrò non causare grande fermento. TRIS DI STILI Sotto questa prospettiva appare interessante il progetto di Featherston Young per il recupero del mulino a vento Jack e degli edifici adiacenti per farne una residenza privata nel West Sussex, in Inghilterra. Grazie alla scelta di conservare e riutilizzare tutti gli edifici presenti indipendentemente dal loro valore storico architettonico, si possono osservare modalità di intervento diverse. Il complesso è, infatti, composto da tre corpi principali di epoche e caratteristiche difformi: il mulino ottocentesco, dal nome di persona, secondo una tradizionale usanza per questo tipo di manufatti nel Sussex, è un monumento particolarmente noto, tutelato come Grade II (costruzioni particolarmente importanti o di un interesse speciale), secondo la normativa inglese. Il vecchio granaio risale al tardo Ottocento, la casa padronale è costruita come ampliamento negli anni Sessanta. NON SOLO RESTAURO L’obiettivo dichiarato di uniformare il complesso in un’immagine allo stesso tempo contemporanea e rispettosa della tradizione appare centrato, grazie al lavoro dei progettisti svolto in costante collaborazione con gli enti pubblici per la tutela del patrimonio e le comunità locali. Gli interventi comprendono il restauro conservativo del mulino Jack, che ha interessato le strutture e i rivestimenti lignei, le pale e la copertura girevole metallica, la ristrutturazione della casa padronale modificandone le facciate e la distribuzione interna, il riuso del granaio, il quale viene foderato da un nuovo volume con struttura in legno lamellare che si comporta come uno scrigno di protezione per l’edificio esistente. Oltre a questo sono aggiunte due estensioni sul tetto della casa e del granaio, dotate di ampie finestre che offrono un punto di vista nuovo tra Jack e Jill, un secondo mulino storico in un lotto confinante, restaurato da attivisti locali negli anni Ottanta. COLORI TRADIZIONALI La casa padronale è l’edificio su cui si è operato con il maggior grado di libertà: la disposizione interna dei locali viene radicalmente cambiata, spostando al primo piano l’ingresso nell’area living-cucina dal-

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le cui finestre si ha una vista aperta sul paesaggio circostante. Le facciate sono rivestite con doghe e pannelli di legno verniciato nei colori bianco e nero, vernacolo dei mulini a vento del Sussex dove il nero rappresenta le parti statiche e il bianco quelle in movimento. Il rivestimento in mattoni del piano terra viene mantenuto, dando luogo a un forte contrasto nell’utilizzo dei materiali, ben individuati in tre fasce orizzontali corrispondenti ai tre livelli dell’edificio. Il volume del granaio è più massiccio e il nuovo volume in legno nero si pone in relazione con la torre del mulino Jack. L’intervento su questo edificio ha una presenza forte e, se appare invasivo nel modificare la volumetria e gli spazi interni, da un punto di vista conservativo si limita a incapsulare l’esistente in una nuova struttura che è una reinterpretazione della maglia dei solai lignei originali, ancora visibili all’interno. Gli spazi interni sono organizzati attorno a un grande open space pensato per cene, eventi e serate musicali: benché si tratti di uno spazio privato, resta accessibile al pubblico in diverse occasioni. Come avviene per gli esterni ci Schema assonometrico KEY (Featherstone Young) 1 Jill Windmill Sopra, il nuovo volume 2 Existing House Granary Building sulla coper34tura Jack Windmill 5 Base of Old Duncton Windmill della casa padronale. 6 Original Structure of Granary Retained A sinistra, 7retro della New Envelop to Enclose the e Original Structure of casa padronale nuovo Granary 6 New Pop-Up Roofs to Open rivestimento esterno Views Towards Jack and Jill del granaio Foto © Tim Brotherton (courtesy Featherstone Young)

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EDIFICI STORICI

Da sinistra, interno del granaio: lo spazio principale e la sala per la musica Foto © Tim Brotherton (courtesy Featherstone Young)

LA SCHEDA I NOMI Committente: Jolyon and Claire Maugham Progetto: Featherstone Young Consulente per la conservazione: HB Archaeology and Conservation Ltd Consulente per il restauro del mulino: Bonwick Milling Heritage Consultancy Strutture: Morph Structures Info: featherstoneyoung.com I NUMERI Superficie totale: 412 mq Costo totale: 1.000.000 £

Riccardo Maria Balzarotti, laureato in architettura presso il Politecnico di Milano, è tra i fondatori dello studio di progettazione Aoumm con Luca Astorri, Rossella Locatelli e Matteo Poli. La sua attività professionale spazia tra progettazione a diverse scale e ricerca in campo architettonico. Ha partecipato alla XIV Biennale di Architettura di Venezia curata da Rem Koolhaas e progettato il Padiglione di Save The Children per EXPO 2015. Scrive contributi per periodici e associazioni ed è tutor e collaboratore alla didattica presso il Politecnico di Milano, dove attualmente è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani.

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si trova in uno spazio in cui colpisce la disinvoltura nell’accostare una varietà di materiali mescolandone di nuovi e di esistenti. VOLUMI POP-UP Sulla copertura della casa e del granaio sono stati aggiunti due piccoli volumi: questi spazi pop-up, che sottolineano gli accessi, sono l’elemento completamente nuovo e distintivo dell’intervento. Rivestiti con pannelli di alluminio perforato dall’aspetto decisamente odierno, hanno in realtà molti richiami alla tradizione: il metallo è elemento ricorrente per le coperture nell’architettura rurale, solido schermo per proteggere i granai. Il materiale utilizzato riflette il movimento del cielo, donando ai volumi un dinamismo ulteriormente accentuato dal pattern a fori studiato per richiamare l’ondeggiare del grano nel vento. Inoltre l’alluminio, invecchiando, si ossiderà assumendo un colore bianco polvere, uniformandosi al bianco della copertura girevole di Jack. Ci si trova così di fronte a un piccolo contenitore di pratiche diverse nell’accostarsi al patrimonio esistente che varia dalla conservazione all’integrazione, dalla salvaguardia all’ampliamento. Il tutto assume infine un’immagine unitaria, guidata da una mano coraggiosa e rispettosa: due aggettivi che dovrebbero entrare a far parte di ogni progetto che opera su un bene della nostra storia.


AL LAVORO CON YOUBUILD Smartphone, computer e YouBuild. Il magazine edito da Virginia Gambino Editore è diventato in breve uno strumento apprezzato dai professionisti della filiera delle costruzioni: architetti, geometri, ingegneri, periti, imprenditori... YouBuild, infatti, non si propone solo di fare genericamente cultura del costruire e del progettare. La rivista, che ha cadenza trimestrale, pubblica anche informazioni utili, pratiche, aggiornate. Sotto la direzione di Luca Maria Francesco Fabris, docente al Politecnico di Milano, un comitato scientifico internazionale è in grado di selezionare le tecnologie, case history e metodologie migliori. Ecco perché l’abbonamento a YouBuild è uno strumento per migliorare il vostro lavoro.

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RIQUALIFICAZIONE

XXXX STUDENTENWERK MÜNCHEN XXX

di Alberto Franchini, Università Iuav di Venezia di xxxx

Un villaggio Xxx XXX DA MEDAGLIA D’ORO Il recupero delle residenze utilizzate per le Olimpiadi del 1972 e destinate agli studenti di Monaco di Baviera. Ma anche nuove unità abitative, più piccole rispetto alle originali, e aggiornate alle normative attuali, con pannelli di isolamento e dettagli studiati per evitare i ponti termici

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onaco di Baviera è al quarto posto della classifica sulla qualità di vita stilata da Mercer, una società di consulenza globale. La classifica, rinnovata annualmente, si basa su molteplici fattori, raggruppati in dieci categorie tra le quali l’ambiente socio-culturale, l’habitat, l’educazione e l’abitazione. Nel 2010 è terminata la ricostruzione dello studentato, che è il frutto delle eccellenti politiche di gestione dello Studentenwerk München, un’associazione di supporto per gli studenti della capitale bavarese. Costruito come residenza femminile per le Olimpiadi del 1972, è stato pensato sin da subito per accogliere gli studenti al termine dell’evento sportivo. Il progetto è stato affidato allo studio monacense Bogevischs Buero in collaborazione con Werner Wirsing, progettista del

complesso originale. Queste residenze sono integrate nel Villaggio Olimpico, di fronte alle tensostrutture progettate da Frei Otto. Vicino alla stazione della metropolitana di Lerchenauer Strasse, è collocato il centro del quartiere con negozi, edifici amministrativi, scuole, un centro medico e una chiesa. Dal centro partono tre bracci costituiti da edifici terrazzati, che durante le Olimpiadi hanno accolto gli atleti maschi, e da arterie di collegamento organizzate su due livelli che separano il traffico veicolare da quello pedonale e ciclabile. A sud dell’ultimo braccio rivolto verso l’Olympiastadion si trova lo studentato, chiamato oggi bungalow village. Le tipologie abitative, con servizi e collegamenti, immerse nel verde offrono un modo di vivere alternativo rispetto agli standard di allora e di oggi.

Vista notturna degli spazi pubblici Foto © Tizian Unkauf

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Planimetria generale del bungalow village Studentenwerk München Sopra, il Villaggio Olimpico Foto © Tizian Unkauf

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Il tuo alleato per un isolamento “ ” LA DENSIFICAZIONE Il restauro dell’intero bungalow village non era economicamente sostenibile, perciò si è scelta la via della ricostruzione con l’eccezione di 12 casette, mantenute come testimonianza materiale storica e riqualificate secondo gli attuali standard energetici. La riedificazione non risponde pedissequamente al famoso slogan del «dov’era com’era», perché si è imposta una densificazione dell’abitato. Questa richiesta ha condotto alla progettazione di nuove unità abitative, più piccole rispetto alle originali, che hanno permesso di ottenere sulla medesima superficie 252 unità in più. La struttura urbana, che ricalca quella originale, è composta da file parallele di case a schiera a due piani, con un singolo affaccio. La ripetizione della stessa unità, con l’unica variabile dell’accoppiamento specchiato, è la forza del complesso nel momento in cui si agisce sulla logica compositiva per creare degli spazi aperti sensibili alla scala umana. Ecco, allora, che troviamo una chiara gerarchia tra i collegamenti, la cui definizione funzionale sfuma in quella di spazi di aggregazione, generati dall’uso sapiente di leggeri sfalsamenti e interruzioni irregolari delle file contigue. Queste semplici operazioni, ottenute a costo zero, determinano una frammentazione continua degli assi visivi che, assieme alle dimensioni e alle proporzioni degli spazi, crea un senso di tranquillità domestica. Percettivamente, inoltre, si crea una condizione di costante stimolazione visiva che coglie a ogni passaggio nuovi dettagli. Una strada principale attraversa il complesso perpendicolarmente alle file conducendo a una piazza centrale, parallele al viale si incontrano le vie secondarie ritmate dalle pergole, agganciate tra le teste delle file adiacenti, per arrivare ai percorsi che conducono agli accessi degli alloggi distribuiti su entrambi i lati.

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LA SCHEDA I NOMI Committente: Studentenwerk München Progetto: Werner Wirsing + bogevischs buero architekten & stadtplaner gmbh, München; Paesaggio: Keller Damm Roser Landschaftsarchitekten GmbH, München Strutture: Sailer Stepan und Partner GmbH, Munich Impianti e consulenza energetica: Konrad Huber TGA, Munich Info: www.bogevisch.de

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Vista notturna di una via di accesso Foto © Tizian Unkauf

Le nuove unità. Foto © Alberto Franchini A sinistra, piante delle nuove unità Disegni © Bogevischs Buero

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ISOLAM-G

DIFFERENZE E ADERENZE La ricostruzione adotta lo stesso sistema costruttivo degli anni Settanta, aggiornandolo alle normative attuali, con pannelli di isolamento e dettagli studiati per evitare i ponti termici. All’esterno le differenze con l’originale sono poche perché vengono utilizzati, oggi come allora, pannelli prefabbricati di calce-struzzo armato alti un piano. L’aderenza al modello si spinge sino al dettaglio con cui vengono assemblati i pannelli, con i giunti a vista e gli spigoli aperti. Da una certa distanza questa tettonica crea l’illusione di un’architettura effimera, come se le casette fossero costruite con pannelli di cartone accostati tra loro precariamente. La riproposizione dell’efficace struttura urbana e dell’assemblaggio non sono sufficienti a descrivere il nuovo intervento. Come abbiamo visto per gli spazi collettivi, il senso di appartenenza può scaturire solamente da un attento controllo progettuale. Nel caso delle abitazioni le nuove facciate acquistano una finestra orizzontale collocata ad un’altezza tale da permettere un collegamento visivo con l’esterno anche restando seduti. Le finestre a filo esterno creano all’interno un davanzale sufficientemente ampio da permettere un utilizzo secondario: chi lo usa come vetrina per esporre trofei, oggetti singolari o bottiglie vuote, chi invece come dispensa per il cibo o porta riviste. La personalizzazione si spinge anche alla scelta del colore della luce sopra la soglia d’ingresso, della tinteggiatura delle facciate principali con colori e pennelli forniti dall’unione degli studenti, e alla possibilità di piantare delle piante tra quelle permesse dal regolamento. Questa operazione ha permesso di preservare un modo di progettare che, pur utilizzando un’architettura semplice ed economica, è in grado di ottenere dei risultati spaziali articolati ed interessanti. Il successo è testimoniato dall’uso vivace che ne fanno gli studenti e dalla lunga lista d’attesa per ottenerne l’affitto.

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Isolanti in lana di roccia e lana di vetro Alber to Franchini è dottorando allo Iuav di Venezia, dove ha conseguito la laurea in architettura con una tesi sul dettaglio come strumento per indagare i rapporti tra struttura, costruzione e percezione. La sua attuale ricerca è sul villaggio Matteotti (1969-75) di Giancarlo De Carlo, analizzato attraverso diverse prospettive: politica, par tecipazione, urbanistica, architettura, paesaggio, costruzione. È inoltre socio fondatore dell’associazione culturale The Formwork e rappresentante dei dottorandi.

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RIQUALIFICAZIONE CASE ATTUALITÀ HISTORY

di Veronica Monaco di xxxx

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Se il campus Xxx XXX È A COLORI Q A sinix

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La società di architettura D2U ha trasformato un edificio in disuso da anni in un complesso del Gruppo Publicis. Una nuova identità, valorizzata anche dall’utilizzo di una pellicola serigrafata sulla parete esterna 76

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I nuovi uffici del Gruppo Publicis a Milano

T

rasformare un immobile triste e vuoto in un campus accogliente e creativo. Questa la sfida portata a termine dallo studio milanese D2U, Design to Users, per i nuovi uffici del Gruppo Publicis a Milano, all’angolo tra viale Jenner e via Bernina. L’edificio, in disuso da molti anni, è stato riqualificato per ospitare un complesso di uffici di nuova generazione in grado di «infondere energia e dare ispirazione alle nostre persone, ai nostri creativi, per metterli nelle condizioni di avere le idee migliori per i clienti», sostiene Giorgio Brenna, presidente e ad di Leo Burnett Group Italia, una delle società del gruppo internazionale di pubblicità, comunicazione e marketing, insieme a Saatchi & Saatchi, Publicis e Msl. Il progetto di rinnovamento ha visto una totale rivisitazione degli spazi in un’ottica di smart

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STRUTTURE COMPLESSE XXX

L’idea è stata quella di creare un campus per le diverse società del Gruppo Publicis, uno dei più grandi gruppi internazionali di pubblicità. Precedentemente gli uffici dei vari brand erano situati in diversi edifici di Milano, ciascuno con la propria identità e servizi generali. Sopra, il teatro da un centinaio di posti, con una parete curvilinea

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working, per garantire sia la possibilità di socializzazione e di confronto creativo, che la necessaria privacy e la connotazione propria di ogni società del gruppo. Ne parliamo con l’architetto Jacopo della Fontana, socio fondatore insieme a Corrado Caruso di D2U. Domanda. Quali sono state le linee guida del progetto di riqualificazione? Risposta. L’idea è stata quella di creare un campus per le diverse società del Gruppo Publicis, uno dei più grandi gruppi internazionali di pubblicità. Precedentemente gli uffici dei vari brand erano situati in diversi edifici di Milano, ciascuno con la propria identità e servizi generali. In un’ottica di sinergia, il gruppo ha pensato di raccogliere le varie società in un unico edificio. Dopo qualche ricerca, la scelta è ricaduta su un immobile precedentemente utilizzato dal Gruppo Telecom, di proprietà di un fondo internazionale che aveva espresso la volontà di partire con un progetto di valorizzazione. Abbiamo così iniziato a sviluppare l’idea, assieme a Giorgio Brenna, presidente di Leo Burnett in Italia, che è sempre stato un valido punto di riferimento sia per le scelte progettuali che per la definizione dei materiali. D. Perché un campus? R. Questa scelta si fonda su due aspetti. Il primo riguarda l’ottimizzazione del tempo e dei costi: raggruppando le diverse sedi del Gruppo in un unico

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complesso era possibile anche accorpare alcune divisioni come i servizi generali e le facility, oltre a ridurre gli spostamenti delle persone da una parte all’altra della città. In secondo luogo questa scelta risponde alla volontà di dare all’azienda un’immagine meno tradizionale, in grado di favorire le relazioni tra le persone e stimolare di più la creatività, con spazi accoglienti e confortevoli in un’ambiente più familiare. D. Quali sono state le richieste del committente? R. Lavorando sulla riqualificazione di un unico edificio, la committenza ci ha chiesto di mantenere le identità dei principali brand del gruppo, creando tre diversi ingressi per Leo Burnett, Saatchi & Saatchi e Publicis. Ma anche di sviluppare una serie di spazi di riunione e aree collettive al piano terra utilizzabili da tutti i dipendenti. Ogni società doveva, invece, avere la propria identità specifica ai vari piani. D. Quali sono stati i materiali impiegati durante l’intervento di riqualificazione? R. Non potevamo inficiare il risparmio economico che il gruppo avrebbe ottenuto dall’accorpamento in un unico edificio con un progetto faraonico. Abbiamo dunque scelto di lavorare in maniera mirata, prediligendo alcuni interventi piuttosto che altri. Innanzitutto, abbiamo lavorato sulle facciate: non avevamo budget per rifarle completamente, così siamo intervenuti con pellicole serigrafate colorate, che hanno permesso di


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MILANO

L’edificio ospita anche un asilo nido per i bambini dei dipendenti, la palestra attrezzata e la caffetteriaristorante aperta tutto il giorno, che è anche uno spazio di riunione informale

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dare all’edificio un’immagine più interessante e un effetto altamente cromatico e dinamico. Questo ci ha consentito anche di abbassare i livelli di irraggiamento sulla facciata a sud-ovest e, quindi, di avere una migliore risposta termica. Sono stati sostituiti in gran parte gli impianti di condizionamento, la centrale termica, l’unità di trattamento aria, è stato introdotto il sistema wireless e sistemi di illuminazione Led. D. Perché la scelta di una facciata con colori così decisi? R. Siamo in una zona semiperiferica della città e con questa pellicola colorata siamo riusciti a connotare fortemente l’edificio. La stessa committenza richiedeva la realizzazione di un ambiente stimolante e fortemente riconoscibile. Inoltre, alle estremità della facciata sono stati applicati pannelli di rivestimento in doghe di legno ricomposto con resine GreenWood, che hanno aggiunto un tocco caldo e gradevole. D. Avete dato grande importanza anche all’ambiente. In che modo? R. Una delle caratteristiche dell’immobile era una grande corte privata interna di 5mila metri quadri, che in origine ospitava un grande parcheggio scoperto. Abbiamo deciso di trasformare questo cortile in un grande giardino, con punti di sosta e riunione informale, un déhors per la caffetteria interna, un campo da basket-calcetto, e anche un orto. Oltre alle piante e alle grandi magnolie che popolano il giardino, la facciata interna ospita anche rampicanti. Tutto questo ci ha permesso di trasformare la corte interna in un vero e proprio polmone verde.

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D. Anche il comfort e l’abitabilità degli spazi sono importanti. Che cosa avete pensato a questo proposito? R. Abbiamo creato un mix equilibrato di aree open space e spazi di riunione, oltre a punti di incontro informale, come salottini, aree con biliardini, sale video e salette piccole per telefonate private. Un balance tra spazi chiusi e aperti che permetta di lavorare sia in modo concentrato, sia di relazionarsi con i colleghi in modo dinamico. Per aumentare il comfort acustico degli ambienti abbiamo utilizzato materiali fonoassorbenti, mentre a livello di finiture abbiamo scelto tonalità calde e pavimenti che simulano il legno. Le luci hanno tutte filtri antiabbagliamento. Gli elementi più innovativi di design si trovano nel volume di ingresso di viale Jenner, presso l’ingresso della società Leo Burnett, che presenta una copertura realizzata in vetro e ombreggiata dall’alto grazie a un sistema di brise soleil in legno, fiancheggiata da una grande parete verticale di verde naturale. Tra le novità va ricordato anche il grande teatro da un centinaio di posti, con una parete curvilinea, dove si svolgono proiezioni a 180 gradi, l’asilo nido per i bambini dei dipendenti, la palestra attrezzata e la caffetteria-ristorante aperta tutto il giorno, che è anche uno spazio di riunione informale. D. Quali sono state le tappe dei lavori? C’è stato qualche ostacolo da superare? R. Abbiamo lavorato un paio di mesi con la proprietà inziale per ottenere i permessi edilizi. Poi, è stato firmato il preliminare del contratto e contemporaneamente l’edificio è stato venduto. Abbiamo lavorato altri trequattro mesi sul progetto di dettaglio e i lavori sono


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MILANO

LA SCHEDA Location: Milano Intervento: Jenner 19 - The Creative Campus Cliente: Publicis Group Progetto: D2U - Design to Users General Contractor: Mangiavacchi Pedercini Spa Developer: Generali Real Estate Consulenza Agency: BNP Paribas Real Estate Partner: Arper, Arteco, Avery Dennison, B&B Italia, Brama Impianti e Servizi, Caimi, Cardex, Castellotti, Dieffebi, Emmegi, Falegnameria F.lli Casali, Grandimpianti Ali, Greenwood e Woodn, HW Style, Interface, Laminam, Regent, Sitland, Servizi Tecnologici Bergamo, Tagliabue Sistemi, Trilux, Universal Selecta Per aumentare il comfort acustico degli ambienti sono stati utilizzati materiali fonoassorbenti, mentre a livello di finiture sono state scelte tonalità calde e pavimenti che simulano il legno

Jacopo della Fontana, a par tire da una educazione e formazione classica (Politecnico di Milano), ha completato le proprie esperienze lavorando a Londra, Francofor te e Osaka. È il fondatore di D2U - Design to Users, società di Architettura Design e Consulenza attiva nei settori della progettazione per il retail, l’ufficio, l’ospitalità e il product design. Emozione e Design raffinato sono il filo conduttore di tutti i numerosi progetti realizzati da Jacopo con D2U, ma la leva creativa è sempre applicata al raggiungimento degli obiettivi, del budget e delle aspirazioni dei propri clienti.

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durati un anno. Non ci sono stati particolari ostacoli, anche se l’aspetto più delicato è stato ottenere i permessi edilizi. Per usufruire di procedure più snelle, abbiamo deciso di lavorare come restauro conservativo, piuttosto che come concessione edilizia, che avrebbe invece richiesto tempi di approvazione più lunghi. D. Da chi è composto il team dello studio D2U? R. La società di architettura D2U - Design to Users si occupa prevalentemente di progetti di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio esistente per soggetti istituzionali, lavorando in particolare su progetti per uffici, retail e ospitalità in tutta Italia, soprattutto Milano, Roma, e all’estero, in Germania e Russia. Siamo molto attivi anche sul fronte dell’allestimento e della progettazione degli interni, con speciale attenzione al tema dello smart working. Vogliamo accompagnare le società nella trasformazione delle modalità di lavoro da tradizionale a smart, allestendo spazi in grado di soddisfare le esigenze di flessibilità, accoglienza, comfort, risparmio economico. È un fenomeno che si sta diffondendo rapidamente anche in Italia, c’è anche una legge sul lavoro agile che lo permette. Ormai l’ufficio tradizionale è visto dai dipendenti giovani come qualcosa di vecchio e non particolarmente attraente. D. Quanto pesano oggi i progetti di riqualificazione? R. Rappresentano un buon 75% nel mercato terziario. Le possibilità di sviluppo delle nuove costruzioni sono piuttosto limitate, anche perché le pubbliche amministrazioni mirano a ridurre sempre più il consumo di suolo vergine. In più, tra aree dismesse ed edifici vecchi è più facile riqualificare, che demolire e ricostruire.


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SPECIALE

CONSOLIDAMENTO XXXX

Le tecniche ANTI SCOSSA Q Xxx

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Dx DA X Dx


di Anna Magri e Claudio Sosio de Rosa, Politecnico di Milano

Non è semplice adeguare o migliorare il comportamento strutturale degli edifici nei confronti dell’azione orizzontale dovuta al terremoto. Bisogna conoscere la storia della costruzione, le sue caratteristiche e quale tipo di intervento intraprendere. Con un occhio all’aspetto economico

Q

uello della vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano nei confronti dell’azione sismica è un argomento largamente trattato, soprattutto a seguito degli eventi dell’ultimo decennio. Vista l’impossibilità di prevedere l’approssimarsi di un terremoto, unica alternativa è farsi trovare preparati quando la terra comincia a tremare. Purtroppo, la maggior parte dei nostri edifici non è preparata ad affrontare un evento sismico di alta intensità. Ci si potrebbe chieder come sia possibile, visto che le prime prescrizioni sismiche risalgono al 1906 e la prima classificazione sismica del territorio è del 1927. Inoltre con il tempo, l’ampliarsi delle banche dati sui terremoti e l’approfondimento della geofisica del territorio, anche le mappature delle zone pericolose sono state affinate e aggiornate, fino a giungere alla più recente catalogazione del 2003. AFFRONTARE L’EVENTO Ci troviamo quindi oggi a dover affrontare la necessità di adeguare o migliorare il comportamento strutturale degli edifici esistenti nei confronti dell’azione orizzontale dovuta al terremoto. La normativa di riferimento attualmente è il decreto ministeriale del 14 gennaio 2008 e la successiva circolare esplicativa del 2009 nella quale vengono definiti tre principali livelli di intervento sulle costruzioni: interventi di adeguamento, finalizzati al raggiungimento degli stessi livelli di sicurezza di un edificio di nuova costruzione, di miglioramento per l’incremento della sicurezza strutturale dell’edificio pur non raggiungendo i livelli di sicurezza di un edificio nuovo e, infine, azioni locali, che non modificano il livello di sicurezza dell’edificio, ma soprattutto non lo peggiorano. Per esempio, aprire un passaggio in una

muratura portante senza posare in opera un’adeguata cerchiatura non migliora la statica della costruzione. Il primo passo, qualsiasi intervento si intenda affrontare, prevede un’accurata conoscenza dell’edificio in termini di materiali, dettagli costruttivi, geometria e storia, cioè le variazioni strutturali eventualmente apportate allo schema originario. Perché intervenire su un edificio senza averne una buona conoscenza sarebbe come operare un malato senza sapere quale malattia lo affligge. Passo successivo all’indagine è l’esecuzione di un’analisi a elementi finiti, che consenta di determinare il livello di sicurezza dell’edificio nello stato di

Isolatore a scorrimento a superficie curva della Fip Industriale. A fronte, Municipio a Kitagata, l’apparato strutturale del volume è troncopiramidale (articolo a pag . 88) Foto: courtesy CAn

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CONSOLIDAMENTO

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fatto. Con i risultati ottenuti, si può quindi fare una valutazione in merito alla tipologia e all’estensione dell’intervento da realizzare. LA STRADA DEL MIGLIORAMENTO Non è sempre facile intervenire con tecniche tradizionali, se non a scapito di costi elevati comparati al valore della struttura. Edifici esistenti progettati in assenza di specifiche norme sismiche sono caratterizzati da dettagli esecutivi insufficienti, tali da non riuscire a evitare danni rilevanti alle parti strutturali o, addirittura, si raggiunge il collasso anche con terremoti di bassa entità. Spesso avviene che a seguito delle analisi svolte sull’edificio si arrivi alla conclusione che un adeguamento sarebbe troppo oneroso rispetto al valore del bene e si decide per un intervento di miglioramento. Discorso analogo si può fare per tutti gli edifici di pregio architettonico soggetti a vincolo monumentale o paesaggistico, dove la possibilità di intervento risulta spesso limitata e ci si deve limitare a interventi mirati a risolvere specifiche criticità senza ottenere un adeguamento sismico. Claudio Sosio de Rosa svolge la libera professione in qualità di ingegnere civile strutturista a par tire dal gennaio 2008. Collabora dal 2007, in qualità di collaboratore didattico, ai corsi di Tecnica delle Costruzioni e Building Technology Studio presso il Politecnico di Milano. Vista la panoramica delle costruzioni italiane, si trova spesso ad intervenire all’interno di edifici in muratura por tante o c.a., vincolati storicamente e non, sia per la progettazione di interventi di adeguamento/ miglioramento sia per la verifica di vulnerabilità sismica degli stabili.

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DUE CATEGORIE Gli edifici adeguati sismicamente o resistenti ai terremoti si dividono principalmente in due categorie, quelli che a seguito delle scosse rimangono pienamente operativi e quelli che sopravvivono al sisma danneggiandosi. Nella prima categoria rientrano gli edifici isolati alla base o dotati di dissipatori, mentre nella seconda quelli tradizionali realizzati con criteri antisismici e che, quindi, dissipano l’energia accumulata danneggiandosi. I metodi di adeguamento tramite dispositivi di protezione sono mediamente più onerosi rispetto a un intervento tradizionale. Hanno però il vantaggio di un danneggiamento limitato della struttura a seguito dell’innesco di questi ultimi. Questi interventi mirano all’utilizzo di dispositivi sismici posizionati tra il terreno e la struttura o, addirittura, all’interno. L’obiettivo consiste nel diminuire la domanda sismica o incrementare la dissipazione del terremoto. Una delle tecniche più efficienti è quella di inserire dei sistemi di isolamento sismico alla base dell’edificio. Questa tecnica sta diventando una soluzione quasi di uso corrente, almeno nelle nuove costruzioni, ma è applicabile anche a edifici esistenti. L’isolamento sismico posto alla base della costruzione disaccoppia il movimento del terreno da quella della struttura introducendo uno svincolo tra le fondazioni collegate rigidamente al terreno e la sovrastruttura isolata ❶. La trasmissione dei carichi verticali è comunque garantita dall’introduzione degli isolatori ❷ che hanno una notevole rigidezza in direzione verticale. Allo stesso tempo hanno una elevata deformabilità e perciò bassa rigidezza orizzontale. L’elevata deformabilità degli isolatori incrementa il periodo fondamentale della struttura, intesa come sistema di fondazioni, isolatori e sovrastruttura, verso il campo dove le accelerazioni spettrali diminuiscono allontanandosi dalla zona di plateau. Questo approccio permette di progettare edifici con un’azione sismica inferiore. Ovviamente l’aumento del periodo fondamentale della struttura comporta un incremento in termini di spostamento che si concentra nel sistema di isolamento, dove è dissipata gran parte dell’energia. Un’altra caratteristica di alcuni sistemi di isolamento è la capacità di ricentraggio, ovvero di ritornare pressappoco nella posizione iniziale a seguito di uno spostamento, evitando così di avere elevati spostamenti residui. Un sistema di isolamento è costituito da diversi dispositivi che insieme possono soddisfare le prestazioni richieste. Un altro approccio consiste nell’utilizzo di speciali dispositivi da posizionare all’interno dei sistemi di controvento per dissipare energia ❸. Questa tecnica viene utilizzata nel caso di adeguamento di strutture


intelaiate. È una tecnica di protezione applicata inizialmente a strutture nuove, ma offre grandi potenzialità anche per strutture esistenti. I controventi tradizionali incrementano la resistenza e rigidezza del sistema strutturale mentre i controventi dissipativi permettono di raggiungere una capacità dissipativa senza incrementare notevolmente la rigidezza e la resistenza. A differenza dell’isolamento sismico alla base, questo approccio non muta l’energia sismica, ma mira ad aumentare in modo significativo la dissipazione di energia attraverso questi dispositivi. La struttura è protetta dal danneggiamento in quanto l’energia sismica è immagazzinata prevalentemente da elementi con rigidezza prevalente quali i controventi dissipativi. Nell’ambito degli interventi locali esistono, invece, tecniche di rinforzo basate sul confinamento degli elementi strutturali o in cemento armato o in muratura che permettono di ottenere incrementi significativi della resistenza e della duttilità. Un esempio è l’utilizzo di nuovi materiali quali Frp (polimeri fibrorinforzati) come nel caso dell’applicazione su pannelli in muratura di lamine di composito o tessuti in fibra di carbonio che conferiscono una forte resistenza a trazione, limitando l’apertura delle fessure. QUALE SOLUZIONE SCEGLIERE In conclusione, esistono molteplici metodi di intervento per adeguare o migliorare sismicamente una struttura. La scelta della soluzione più idonea al singolo progetto deriva da una valutazione critica partendo dallo stato attuale della costruzione e basandosi su considerazioni tecniche ed economiche. Attualmente non esiste nessun obbligo normativo in merito alla valutazione sismica di edifici residenziali o produttivi, ciò nonostante interventi di miglioramento o adeguamento sono incentivati tramite bonus fiscali (il cosiddetto sismabonus).

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Anna Magri è Ingegnere Edile-Architetto, libero professionista con dottorato di ricerca in Ingegneria Strutturale Sismica e Geotecnica conseguito nel 2012 presso il Politecnico di Milano. Ha collaborato con diversi studi di ingegneria nell’ambito della progettazione strutturale di costruzioni in calcestruzzo e acciaio. Docente a contratto per il corso di Structural Design alla Scuola Auic e collaboratrice per attività di suppor to alla didattica per Scuola di Ingegneria Civile del Politecnico di Milano. Collabora con l’associazione Collegio dei Tecnici della Industrializzazione Edilizia nell’organizzazione di seminari atti a promuovere la ricerca nell’ambito dell’ingegneria strutturale.

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SPECIALE

MUNICIPIO A KITAGATA

Se il dentro È ANCHE FUORI

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di Gerardo Semprebon, Shanghai Jiao Tong University e Politecnico di Milano

Nella cittadina giapponese il nuovo municipio è stato progettato con due volumi appoggiati l’uno sull’altro. Con l’utilizzo di tecniche di risparmio energetico passivo e attivo attraverso il sistema di circolazione dell’aria. E una forte relazione spaziale e visiva tra interno ed esterno

Lo spazio ikoi si integra con gli altri ambienti e con l’esterno. Foto © Hiroshi Ueda (courtesy CAn)

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MUNICIPIO A KITAGATA

La terrazza che affaccia sull’ufficio del Sindaco. Lo spazio fluisce sia all’interno che all’esterno. Foto © Hiroshi Ueda (courtesy CAn)

L’

abitato di Kitagata, in Giappone, dove su un’area di 5 chilometri quadrati risiedono circa 18mila abitanti, si trova nella piana a Ovest della città di Gifu, capoluogo dell’omonima prefettura, incorniciata a Nord dai profili montuosi che marcano il limite dell’area urbanizzata estesa fino a Nagoya, la vicina metropoli affacciata sull’oceano. In seguito a un concorso, lo studio CAn è stato selezionato per la realizzazione del nuovo municipio di Kitagata. Al progetto è stato richiesto di integrare con caratteri urbani le aree destinate a verde e i servizi della comunità, come il vicino Kirari Learning Center, presenti nelle immediate vicinanze. L’edificio si inserisce in un contesto liminare, cioè a cavallo tra i tessuti molli dell’urbanizzazione diffusa, in ordine prevalentemente ortogonale dettato dalla maglia stradale, e un quartiere di residenze popolari degli anni 2000 (progettato da Akiko Takahashi, Kazujio Sejima, Christine Hawley, Elizabeth Diller, Martha Schwartz, sotto il coordinamento di Arata Isozaki). Il quartiere costituisce un sistema urbano più duro, generato da edifici in linea alti dieci piani che si sviluppano lungo il perimetro dei lotti, e disegnano una sequenza di giardini e corti interne. IL GIOCO DELLE MASSE Il progetto, realizzato nel 2016, ha confermato la giacitura viaria e ha inserito, a ridosso del lato

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meridionale del lotto, un corpo rettangolare che si articola in due volumi appoggiati l’uno sull’altro. Il gioco delle masse sovverte i tradizionali canoni di pesantezza e leggerezza: sovrappone quello che a prima vista appare come un pesante volume troncopiramidale aggettante a un basamento perlopiù vetrato, leggero e immateriale. Tuttavia, la pura stereometria del volume superiore subisce una serie di sottrazioni che, tradendo la complessità interna, vengono declinate in due varianti. L’asportazione di massa produce infatti spazi di mediazione che assumono i caratteri di terrazze e pozzi di luce, mentre l’incisione lineare della superficie genera il partito ritmico composto dalle finestre a nastro, presenti anche nel lato massivo del basamento. La bilanciata composizione di questi elementi dona contemporaneamente unità e variazione al corpo di fabbrica. TRIS DI UTENTI Il programma funzionale è articolato in modo semplice e chiaro, destinando i tre livelli del municipio ad altrettanti tipi di utenze. Il piano terra, che ospita l’area servizi aperta al pubblico, si struttura come uno spazio assiale, delimitato nei suoi lati minori da una serie di stanze di servizio e aperto alla massima permeabilità su quelli maggiori. La continuità visiva e spaziale è accentuata dalla trasparenza delle superfici, dalla continuità materica delle pavimen-


Vista dal lato Est. Foto © Hiroshi Ueda (courtesy CAn)

La hall di ingresso. Uno spazio luminoso caratterizzato dai volumi delle scale. Foto © Hiroshi Ueda (courtesy CAn)

sunlight and wind by the valley terrace

Sezione trasversale.

valley terrace you can access the parking without getting wet at rain

dressing room

machinery space

working space

terrace

congress office

conference hall

meeting room/ disaster prevention s room

valley terrace

room for chairman and vice-chairman

working space

valley terrace

green corridor corridor of the town

O cial City Vehicle Parking

working spase

night duty/ control room

corridor of the town

green corridor

180

SUNLIGHT AND WIND BY HAVING THE TERRACE OF THE 2ND AND 3RD FLOOR

2800

4315

△3FCL

4300

EMERGENCY POWER SUPPLY BY THE SOLAR POWER AND THE STORAGE BATTERY

THE WARMED AIR BY THE ROOF SURFACE IS EVACUATED IN SUMMER.

▽maximum height ▽UPSTREAM ▽DOWNSTREAM ▽top end of the beam(up) △top end of the beam(down)

155 180

1500

500

Long Section S:1/400

EXTENTION THE INTERMEDIARY TIME BY A NATURAL DRAFT

valley terrace

lounge

3F:town council area 175

△2FCL

Winter

Summer

valley terrace

lounge

2F:town administration area and disaster prevention area

The large roof doesn t generally cast a shadow on the north side of the main entrance.

lounge

obliquely connection

170

▽2FL 1000

2F lounge Waiting room and study room like an attic space.

△3F top end of the beam(up)

3800

13100 3800 2800

1000

▽3FL

△2F top end of the beam(up) △1FCL

4780

▽1FL=GL

1F:service area for the town lounge

corridor of the town

horizontal connection

working space

ikoi space

OCCUPIED ZONE AIR-CONDITIONING BY FLOOR CHAMBER SYSTEM

horizontal connection

corridor of the town

450

△G top end of the beam

4000

2000 6000

AIR CONDITIONER FOR TAKING OUTSIDE AIR IN WINTER

4000

6000

4500

10000

to the disaster prevention park

To connect planary the minna space with the disaster prevention park. (ex. a part of the whole is full-open folding door.)

AC

LOUNGE By taking the island type of working space layout, there is reception space for the staff and visitor.

△boundary line of street

4500 3500

AIR INTRODUCING EAVES (double roof) SOLAR SHADING IN SUMMER/ ACQUISITION OF SUNLIGHT IN WINTER

10000

5500

2000

6000

4000

32000

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MUNICIPIO A KITAGATA

secondo piano

terrace terrace

terrace terrace

valley terrace valley terrace

void void

Cafeteria Cafeteria

EV EV lounge lounge

terrace terrace dressing dressing room room for women for women terrace dressing room terrace dressing for men room for men machinery machinery room room

valley valley terrace terrace

terrace Cafeteria

printing room

void

EV

terrace

Conference room

lounge

dressing room for women

primo piano

storageterrace valley terrace

void

terrace dressing room for men machinery room

room for 3rd floor Plan S=1/800(A4) chairman terrace floor andPlan S=1/800(A4) vice-

valley terrace

congress 3rd office

assembly hall

machinery space

chairman

waiting room for the member

machinery room storage

terrace terrace

terrace terrace

mayor’s mayor’s room room

terrace

terrace terrace

storage terrace

lounge lounge

terrace terrace

valley valley terrace terrace EV EV

void void

terrace

terrace

lounge lounge

lounge

emergency broadcast system

valley stockpile place terrace

terrace

meeting

terrace

stockpile place

meeting meeting room room 1 1 valley terrace valley terrace

room working space 2 working space meeting

void

room 1

machinery machinery room

working roomspace

valley terrace

valley storage valley storage terrace machinery room terrace

valley storage terrace

terrace terrace

terrace

2nd floor Plan S=1/800(A4) 2nd floor Plan S=1/800(A4)

piano terra disaster prevention park disaster prevention park

terrace

EV

conference hall room conference hall lounge vicevicemayor’s mayor’s room ‐ machinery machinery terrace room‐ room room storage working room room storage of valley stockpile placeconference hall stockpile room of viceemergency valley stockpile place terrace stockpile place terrace broadcast emergencymayor’s machinery terrace terrace system terrace place broadcast room‐ terrace room storage terrace terrace system room of terrace

meeting meeting room room 2 2

3rd floor Plan S=1/800(A4) void void

maintenance space

valley terrace

void

small meeting room

working roomreception room working room mayor’s

terrace terrace

maintenance space maintenance space

small small meeting meeting room room

reception reception room room

waiting room waiting room for the member for the member storage terrace storage terrace

machinery machinery room room

storage storage

terrace

room for room for terrace chairman chairman and vice- terrace and vicechairman chairman

congress congress office office

assembly hall assembly hall

machinery machinery space space

storageterrace storageterrace printing printing room room Conference room Conference room

void void

2nd floor Plan S=1/800(A4)

disaster prevention park

disaster prevention park disaster prevention park disaster prevention park

Bus terminal

Bus terminal Bus terminal

promenade

promenade promenade

minna space porch

eaves

corridor of the town

minna space minna space

tsudoi space

storage

ikoi space

nursing room Official City Vehicle Parking

tsudoi space tsudoi space

Official City Official Vehicle City Parking Vehicle Parking

storage storage nursing nursing room room

night duty/ night duty/ control room control room

machinery machinery room room

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storage foyer ATM

EV

porch porch corridor of the town corridor of the town

night duty/ control room

machinery room

windbreak room

working space

ikoi space lounge ikoi space

eaves eaves

manabi space

counselling room working space

storage windbreak machinery storage school windbreak room counselling room superintenden’s foyer storage room room room manabi space foyer manabi space ATM EV ATM EV counselling counselling room room

working space working space

lounge lounge

working space working space machinery machinery room counselling room storage counselling room storage room

school school superintenden’s superintenden’s room room

YouBuild - DICEMBRE / GENNAIO 2018 Siteplan and Ground floor Plan S=1/800(A4)


La terrazza Sud: ambito di relazione, luogo di sosta e punto d’osser vazione. Foto © Hiroshi Ueda (courtesy CAn)

tazioni tra interno ed esterno, caratteristica che si ripropone nelle terrazze soprastanti, e dall’aggetto del grande elemento troncopiramidale soprastante, impreziosito dall’attento lavoro di sagomatura nelle sue parti esterne. Sul lato meridionale si affaccia lo spazio di lavoro, mentre quello settentrionale è servito da un corridoio urbano, una promenade su cui letteralmente si aprono gli spazi ikoi, tsudoi e manabi, pensati per il relax e il tempo libero, nonché l’accesso principale all’edificio. Questo corridoio esterno e coperto, delimitato da una facciata porosa che estende gli ambienti interni fondendoli con quelli esterni, oltre a tessere una forte relazione con la città grazie al suo carattere di apertura e accoglienza, è pensato anche come area di sosta e allestimento in caso di emergenza, integrandosi con l’area del parcheggio antistante. Il primo e il secondo piano, contenuti nel volume troncopiramidale, ospitano rispettivamente le aree amministrative con gli uffici della protezione civile e la sala del consiglio

L’intradosso del volume troncopiramidale. Foto © Hiroshi Ueda (courtesy CAn)

Lo spazio tsudoi in diretta connessione con il piazzale antistante. Foto © Hiroshi Ueda (courtesy CAn)

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MUNICIPIO A KITAGATA

Piastra di isolamento sismico Foto courtesy CAn

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comunale. Nonostante la divisione funzionale data dal programma, la spazialità interna risulta impreziosita dal gioco di doppie e triple altezze che, se da un lato definisce ambiti di relazione inaspettati mirati a favorire episodi di socializzazione spontanea tra i diversi fruitori dell’edificio, dall’altro mette in comunicazione i tre livelli del municipio. Il primo e il secondo piano, inoltre, presentano un sistema puntiforme di terrazze e pozzi di luce che lambisce in modo capillare ogni locale del municipio, garantendone l’illuminazione naturale. La pesante massa trapezoidale si scompone e ricompone attraverso una serie di stanze chiuse e stanze a cielo aperto che impreziosiscono la semplicità del programma. In questo modo, oltre a determinare ulteriori ambiti interni di relazione permettendo allo spazio di fluire liberamente tra interno ed esterno anche ai livelli fuori terra, l’edificio diventa un dispositivo di osservazione della città. La hall di ingresso si contraddistingue per il suo sviluppo a tutta altezza, che ricompone e rimisura i tre piani abitati, ed è caratterizzata dalla presenza delle scale trattate come masse che incombono sullo spazio, così come avviene nello spazio ikoi. La scelta dei materiali, dei colori e degli arredi rendono l’ambiente interno piacevole e idoneo alle attività ospitate. Volgendo lo sguardo dal basso verso l’alto risultano chiaramente leggibili gli elementi che compongono lo spazio. Il

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Dettaglio del giunto di fondazione antisismico.


pavimento, che, a seconda della volontà dei progettisti di far riflettere o meno la luce, presenta finiture in ceramica e resina dai toni caldo-grigi, si pone in diretta continuità con il corridoio urbano e, conseguentemente, con il piazzale esterno, diventando un piano di riferimento assoluto in grado di lavorare sia alla scala dell’architettura sia a quella della città. Su questa superficie scura poggiano gli arredi che alternano finiture con accesi colori primari e tenue legno chiaro. Servono, i primi, a vivacizzare l’ambiente, mentre i secondi ad ammorbidirlo. L’intonaco bianco applicato su pareti, controsoffitti e pilastri esalta l’articolazione formale degli elementi e allo stesso tempo li armonizza, distribuendo in modo omogeneo la luce naturale che penetra dalle vetrate e riflette sui pavimenti. Strategie di risparmio energetico passivo e attivo sono precisate attraverso il sistema di circolazione dell’aria, dall’ombreggiamento estivo e irraggiamento invernale garantito dal volume aggettante e dall’adozione di soluzioni impiantistiche all’avanguardia. Particolare attenzione è stata inoltre rivolta al sistema antisismico, che prevede una piastra di isolamento tra le fondazioni e le strutture verticali. IL FILO ROSSO Nell’esperienza di questa architettura è possibile rintracciare un filo rosso che sembra orientare le scelte dei progettisti: la volontà di garantire una forte relazione spaziale e visiva tra interno ed esterno, tra chiuso e aperto, attraverso la ridefinizione architettonica del limite. Infatti, le relazioni che il municipio intrattiene con la città si costruiscono attraverso: la continuità degli ambienti, tesa ad annullare la perimetrazione degli spazi e piuttosto a suggerire modi d’uso; la conformazione di luoghi di mediazione, che permettono di uscire rimanendo dentro. Infine, il duplice carattere di intro-estroversione di un edificio che guarda e si fa guardare.

LA SCHEDA I NOMI Committente: Città di Kitagata Progetto: CAn (Susumu Uno) con Keitaro Muto Architects Info: c-and-a.co.jp I NUMERI Area totale: 5.760 mq Area Coperta: 2.690 mq Superficie Calpestabile: 5.220 mq Altezza edificio: 13 m

Diagramma strutturale

Dettaglio delle strutture in corrispondenza della terrazza Nord Foto courtesy CAn

Roof

Slab Pillar

Core Seismic isolation layer

Gerardo Semprebon, architetto, è dottorando di ricerca al Politecnico di Milano, Dipar timento di Architettura e Studi Urbani e alla Shanghai Jiaotong University, Depar tment of Civil Engineering. La sua ricerca si concentra sulla riattivazione di piccoli insediamenti in Cina. Dopo il diploma di maturità scientifica frequenta il Politecnico di Milano e nel 2013 si laurea in Architettura. Da allora svolge attività progettuale a livello concorsuale, professionale e di ricerca.

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SPECIALE

ANTISISMICA

di Stefano Tessadori, Architetto di xxxx

Scuola promossa IN CLASSE 4

Interni, (cour tesy Arch. Ermanno Dell’Agnolo SET Srl e Cesare Genuzio Photography)

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A Sarnano, nelle Marche, grazie alla Regione Friuli Venezia Giulia in soli sei mesi è stato costruito un edificio scolastico con i requisiti di solidità necessari per una assoluta sicurezza. Non solo: la costruzione è anche a energia quasi zero

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ualcosa di interessante accade quando, anche a seguito di circostanze in parte fortuite o per la spinta della necessità, prende forma un team di tutto rispetto che riesce nell’impresa di raggiungere un obiettivo significativo anche, e soprattutto, a dispetto di non semplici condizioni ambientali e severe scadenze contrattuali. È il caso della scuola materna Benedetto Costa del Comune di Sarnano, in provincia di Macerata. Gravemente danneggiata e resa inagibile dagli eventi sismici del 2016, è stata integralmente ricostruita grazie all’intervento della Regione Friuli Venezia Giulia attraverso la sua Protezione Civile in concorso con tecnici e aziende friulane. La piccola scuola è stata recentemente inaugurata e consegnata alla comunità. Al di là della semplicità dell’architettura, l’edificio presenta caratteristiche strutturali, impiantistiche e ambientali tali da poter essere considerato come esempio di una cultura dell’intervento post-calamità che, grazie a un intenso e ben temperato lavoro di squadra, supera l’idea di emergenza e con essa il tono di provvisorietà che troppo spesso abbiamo visto materializzarsi nelle diverse aree che in Italia sono state colpite dai terremoti nell’arco di decenni. In questo modo possiamo parlare di contenuti progettuali, sensibilità e valori che, più delle scelte compositive, sono fondativi di un’idea dell’architettura come sensibilità e attenzione civile.

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ANTISISMICA

Accessi e piano accoglienza (cour tesy Arch. Ermanno Dell’Agnolo - SET Srl e Cesare Genuzio Photography)

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LA SCHEDA I NOMI Committente: Protezione Civile Regione Friuli Venezia Giulia Rup: Luciano Sulli Team di lavoro: Protezione Civile F.V.G. (Gianni Burba, Paolo Zuliani, Ugo Cossa, Francesco Bombasaro - collaudo) Professionisti esterni: Ermanno Dell’Agnolo (SETsrl) - project manager, Angelo Salamon Imprese: ATI Riccesi Holding srl (Fabrizio Briganti – coordinatore) + Balsamini Impianti (Nazareno Malattia – coordinatore) Tecnologie costruttive: Pontarolo Engineering Spa (Paolo Sartori – coordinatore)

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TRA I MONTI SIBILLINI La scuola materna, che può ospitare complessivamente 150 persone fra bambini e personale, si trova ai margini del centro storico del comune marchigiano di origine medievale che conta circa 3.200 abitanti e si erge nel cuore dei Monti Sibillini. Il progetto nasce da un’attenta analisi del luogo e dell’edificio preesistente, un esemplare di architettura vernacolare molto semplice, ma che per la sua funzione era ben radicato nella memoria collettiva, e del suo rapporto con la città in quanto snodo fra centro storico ed espansioni moderne. Su queste basi il progetto si incarna in un volume che raccoglie la memoria del preesistente nel raccordare due differenti livelli del terreno creando così due piani terra, con spazi esterni anche di uso pubblico, che di


fatto ampliano la superficie dello spazio di relazione. L’edificio, oltre che ai suoi utenti naturali, si apre in questo modo all’intera comunità di Sarnano in un’idea di architettura inclusiva. La soluzione architettonica tende all’essenzialità e tuttavia, nel complesso, riesce a comunicare la sua funzione con efficacia e senza eccedere nel minimalismo di maniera che spesso nasconde, anche male, sia povertà di idee che un eccesso di controllo formale. L’urgenza di costruire, di restituire quindi alla comunità un edificio così importante anche simbolicamente, assieme alla volontà di andare oltre l’emergenza ha spinto per la soluzione più avanzata: strutturale, impiantistica e di comfort ambientale. Il risultato è un edificio strategico Classe 4 antisismica, utilizzabile dalla cittadinanza come luogo sicuro nelle immediate fasi successive di un possibile evento sismico, di Classe energetica A++++, e quindi certificato anche in Classe nZeb / Near Zero Energy Building.

Interni, (cour tesy Arch. Ermanno Dell’Agnolo SET Srl e Cesare Genuzio Photography).

LA STRUTTURA PORTANTE Elemento strategico per il raggiungimento dei risultati prefissati è stata la scelta della struttura portante, che è in calcestruzzo armato, totalmente isolata e concepita in modo da consentire di realizzare i tamponamenti, l’isolamento perimetrale, il supporto degli impianti e dei pannelli interni di finitura in un’unica fase, comprimendo in questo modo i tempi di realizzazione. Ciò è stato possibile grazie all’impiego di soluzioni tecnologiche brevettate da Pontarolo Engineering, azienda friulana impegnata nella ricerca e sperimentazione di tecniche costruttive innovative, mentre le fasi e le sequenze operative sono state attentamente considerate e razionalizzate attraverso l’apporto del costruttore, un’azienda che vanta una significativa tradizione costruttiva e che era stata fra i protagonisti della ricostruzione post-terremoto del Friuli. L’architetto Ermanno Dell’Agnolo della società di ingegneria Set (Servizi edilizia territorio) si è occupato del management sia progettuale sia in fase di direzione dei lavori. NEARLY ZERO ENERGY BUILDING I requisiti nZeb sono stati raggiunti tramite la realizzazione di un impianto idraulico specifico per il riuso dell’acqua piovana destinata all’irrigazione del giardino e per i servizi igienici. L’impianto radiante a pavimento (con oltre 6mila metri di tubazione per piano) è alimentato da due pompe di calore connesse a dieci aghi geotermici infissi nel terreno fino alla profondità di 150 metri e capaci di fornire oltre 75 kW di energia termica. L’impianto ad aria primaria utilizza un dispositivo costruito ad hoc dalla Rhoss

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ANTISISMICA

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di Udine, che recupera il 92% dell’energia termica e il 90% dell’umidità con un elevatissimo comfort ambientale a costo pressoché nullo. Gli impianti sono completati da un campo fotovoltaico connesso a un pacco di batterie al litio capaci di immagazzinare 25 kW con la capacità di produrre 43 kW di picco, e da un’area di 10 mq di pannelli solari per la produzione di acqua sanitaria. Il fotovoltaico, gli impianti elettrici e di rete dati sono connessi ai quadri generali precablati e collocati in un apposito vano. I corpi illuminanti sono tutti regolabili, a bassissimo consumo (Led) e comandati da luxometri per una corretta e costante luminosità, inoltre l’impianto è integrato da rilevatori di presenza automatici. Ogni componente dell’involucro edilizio contribuisce in modo significativo alla qualità totale anche dal punto di vista energetico. Le finiture di tutte le superfici orizzontali e verticali, degli infissi e degli arredi concorrono alla realizzazione di un ambiente confortevole e salubre. TUTTO IN UN LAMPO Particolarmente stringenti i tempi di progettazione, sviluppo, controllo e realizzazione: dai primi contatti fra amministrazioni all’inaugurazione dell’edificio av-

venuta il 15 settembre 2017 sono trascorsi infatti solo sei mesi. Tali dati, insieme alla qualità complessiva ottenuta, fanno comprendere il valore della sfida e, di conseguenza, il valore dell’obiettivo raggiunto.

Immagine d’epoca del centro storico di Sarnano

Stefano Tessadori, architetto e curatore si occupa delle relazioni fra Industrie culturali, territorio e città. Fra i progetti più recenti un cultural district a Pordenone che unisce il recupero di aree industriali dimesse e del paesaggio fluviale alla connessione fra i musei cittadini e un museo nazionale della Guerra Fredda diffuso sul territorio friulano. Ha curato con Matteo Zambelli la collana La Mano che Pensa dedicata alla fenomenologia in architettura con appor ti di alcuni fra i più significativi autori in questo ambito.

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La rivoluzione del supporto per pavimenti sopraelevati

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COME SI

FA

DIRE, FARE, PROGETTARE Le tecnologie al servizio di architetti e imprese

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CONSOLIDAMENTO Scegliere l’antisimico giusto

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ISOLAMENTO Il legno abbinato alla lana di vetro

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LATERIZI Nelle Langhe la villa con vista

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COME SI XXX FA Laterlite

Connettore Perimetrale CentroStorico è il primo sistema di collegamento solaio-pareti brevettato, industrializzato e certificato per il consolidamento antisismico dei divisori orizzontali. Obiettivo: garantire la sicurezza dell’edificio, impedendo il ribaltamento delle pareti esterne

Con il solaio blindato il sisma non fa paura di Veronica Monaco

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li interventi di ristrutturazione, estesi all’intero edificio o alle singole unità abitative, devono avere l’obiettivo di perseguire l’accrescimento delle prestazioni di sicurezza. Tali interventi, sia di tipo statico che antisismico, assumono un aspetto ancora più rilevante perché potrebbero fare la differenza tra la vita e la morte di chi ci abita. La legge di Stabilità 2017, mediante lo strumento del Sismabonus, estende alla maggior parte del territorio nazionale incentivi di detrazione fiscale sino all’85% in relazione al miglioramento conseguito. Tra gli interventi di consolidamento, il recupero dei solai esistenti riveste un ruolo molto importante per preservare l’integrità dell’edificio, migliorandone

Applicazione del connettore perimetrale

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il comportamento statico e la sicurezza nei confronti dell’azione sismica. Specializzata in prodotti per l’edilizia a base di argilla espansa, Laterlite ha creato CentroStorico, una nuova gamma di prodotti e sistemi tecnici specifici per il mercato della ristrutturazione, a cui ha aggiunto il Sistema per il Consolidamento e Rinforzo strutturale dei solai esistenti, certificato nelle prestazioni e composto dai calcestruzzi leggeri strutturali Leca e dai connettori meccanici e dal connettore chimico CentroStorico. Nel 2018 è in arrivo anche una novità: il Connettore Perimetrale CentroStorico. Ne parliamo con Luca Beligni, responsabile marketing e assistenza tecnica di Laterlite.


Sopra, la stratigrafia di un connettore perimetrale. Sotto, Luca Beligni, responsabile marketing e assitenza tecnica di Laterlite

Domanda. I bonus per il consolidamento degli edifici ci sono già da un anno, ma ancora pochi ne hanno usufruito. Come mai? Risposta. Da una parte c’è un certo attendismo tipico dell’Italia, dall’altra una difficoltà dei progettisti di accedere alle informazioni sulle caratteristiche dell’edificio esistente, per procedere alla verifica globale dell’edificio come richiesto dalla normativa. Queste informazioni spesso sono difficili da ottenere, soprattutto per edifici molto vecchi. D. Il Sismabonus, con la nuova edizione della legge di Bilancio dovrebbe essere cumulabile con l’Ecobonus. Servirà a dare una spinta? R. Ritengo che sia un’iniziativa molto valida. La maggior parte del territorio italiano si trova in zone a rischio sismico, pertanto quando si interviene su un edificio esistente in termini di ristrutturazione è importante prendere in considerazione soprattutto la sicurezza dell’edificio, oltre al risparmio energetico e alle finiture. D. Che cosa bisogna fare per sapere se il proprio edificio è sicuro? R. Per gli edifici esistenti, in particolare quelli in muratura portante, è importante conoscere lo stato esistente dell’edificio. È necessario, quindi, avviare indagini conoscitive sulla struttura in termini di geometria, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali impiegati, al fine di valutare la vulnerabilità sismica dell’edificio. Sulla base di questi elementi il progettista potrà valutare gli interventi più idonei in termini di consolidamento, per il miglioramento della classe sismica dell’edificio.

D. Quale soluzione propone Laterlite per questo tipo di interventi? R. Abbiamo introdotto prodotti specifici: il Connettore CentroStorico e la nuova soletta in calcestruzzo leggero Leca CentroStorico. Il prossimo anno Laterlite svilupperà ulteriormente il sistema introducendo un nuovo prodotto: il Connettore Perimetrale. Una soluzione che consente il collegamento della nuova soletta di rinforzo, a sua volta connessa alla struttura del solaio esistente, con le murature perimetrali dell’edificio. L’obiettivo è quello di garantire la sicurezza dell’edificio impedendo il ribaltamento delle murature perimetrali. Centro Storico diventa così un sistema completo, brevettato da Laterlite e certificato dall’Università di Bergamo, per il consolidamento e il rinforzo dei solai esistenti. D. Come si procede? R. La prima fase prevede il posizionamento del Connettore Perimetrale CentroStorico sul perimetro della zona di intervento. Realizzato con una piastra di base e uno spinotto-tirante, il Connettore Perimetrale è inserito nella muratura esterna a 45° a mezzo foro e bloccato con il prodotto Ancorante Chimico CentroStorico. Sono poi posizionate le barre che realizzano la cornice di bordo (perimetro forte), inserite all’interno del connettore perimetrale. Il sistema si completa con la posa del Connettore CentroStorico (Legno, Acciaio, e Chimico) sul solaio esistente e la rete elettrosaldata. La posa viene ultimata con il getto di Calcestruzzo Leggero Leca CentroStorico, che va ad annegare completamente l’interno sistema di connessione, realizzando la nuova soletta interconnessa al solaio esistente. D. Quanto tempo è necessario per mettere in sicurezza un edificio con questo sistema? R. Considerando una squadra composta da due-

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COME SI XXX FA Laterlite

Cantiere con connettore legno. A destra, cantiere con connettore chimico

tre persone e un appartamento di 100 metri quadri, l’intero intervento si conclude in un paio di giorni. D. Questo sistema è utilizzabile anche in edifici storici? R. Il sistema è studiato per gli edifici esistenti in particolare per quelli con struttura in muratura portante, quindi anche per gli edifici storici. D. Si può intervenire sulle solette in tutti i piani? R. Questo sistema è valido sia quando è necessario ristrutturare completamente l’edificio, mettendo in sicurezza tutti i solai orizzontali, sia quando si interviene su singole porzioni di edificio. Quest’ultimo può essere propedeutico per far poi seguire interventi su altri piani. D. Ci sono casi in cui non è possibile intervenire? R. Tutto è funzionale alla verifica eseguita preventivamente dal progettista sulle strutture esistenti. Qualora i solai poggiassero su una muratura senza adeguata capacità portante e con evidenti criticità, l’intervento non consentirebbe di raggiungere i risultati attesi. Se la struttura è inadeguata, non esiste sistema efficace. D. Quanto è sicura questa soluzione? R. L’entità della detrazione fiscale del Sismabonus varia in base al passaggio a una o più classi di rischio sismico inferiori. Laterlite con il suo sistema riesce a migliorare il rischio sismico dell’edificio anche di tre-quattro classi. Questo comprova la validità del sistema e garantisce

Connettore nel calcestruzzo. A destra, connettore in acciaio

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concretamente la messa in sicurezza dell’edificio, assicurando l’accesso al Sismabonus. D. Ci sono parametri che certificano la maggiore solidità post-intervento? R. Sono parametri strutturali che vengono valutati dal progettista nel complesso. Una delle evidenze è proprio il miglioramento della classe di rischio sismico dell’edificio. D. Per questo tipo di intervento sono necessarie competenze particolari da parte delle maestranze? R. No, non sono necessarie competenze specifiche. La posa del calcestruzzo è una pratica ormai consolidata. Inoltre, i prodotti Laterlite sono premiscelati in sacco quindi semplici da mettere in opera. Anche il posizionamento dei connettori è molto facile e non servono attrezzature particolari. Insieme ai prodotti Laterlite fornisce inoltre un foglio di istruzioni, quindi la posa è davvero alla portata di tutti. D. Leca offre una consulenza tecnica per questa soluzione? R. Laterlite dispone di uno staff di ingegneri e strutturisti in grado di assistere il progettista nella scelta delle migliori soluzioni per il consolidamento degli edifici, oltre a offrire supporto a livello di software di calcolo, sia dal punto di vista dell’adeguamento antisismico sia che del miglioramento della capacità portante del solaio.


COME SI FA

FILIALE BRUNICO

FILIALE BOLZANO

FILIALE VERONA

FILIALE MILANO

bruneck@baustoff-metall.com

bozen@baustoff-metall.com

verona@baustoff-metall.com

milano@baustoff-metall.com


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COME SI FA

Case history

A Forlì, per raggiungere la massima efficienza, una villetta ha unito il sistema Clt con l’isolamento termico a cappotto RedArt di Rockwool. Obiettivo: minimizzazione della termotrasmittanza e correzione dei ponti di dispersione

Il legno si sposa con la lana di Veronica Monaco

A

Forlì una villetta unifamiliare in legno realizzata con sistema Clt (Cross laminated timber) ha raggiunto la classe A4 Energia quasi zero. Per poter rispettare i parametri previsti e ottenere elevati livelli di isolamento termico, è stata scelta la lana di roccia Rockwool, in particolare il sistema a cappotto RedArt, specifico per edifici in legno. QUANDO IL LEGNO INCONTRA LA LANA DI ROCCIA In combinazione con un materiale naturale come il legno, la lana di roccia valorizza le sue caratteristiche, migliorando i vantaggi tecnici, prestazionali e operativi, sia in riferimento alla trasmittanza sia

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all’ottimizzazione dell’assorbimento acustico. Inoltre l’abbinamento di lana di roccia e legno si mostra vincente anche nell’ambito della protezione dal fuoco, riducendo il rischio di incendi e mitigando l’impatto ambientale. CAPPOTTO ANCHE PER CLIMI TEMPERATI Il sistema di isolamento termico a cappotto RedArt di Rockwool, specifico per edifici in legno, consente di ottenere chiusure ad alto livello prestazionale e di ridurre di conseguenza i consumi per il riscaldamento invernale e la climatizzazione estiva. «Abbiamo scelto Rockwool RedArt soprattutto per le sue caratteristiche di trasmit-


tanza termica, traspirabilità e ignifugicità. Inoltre, essendo un sistema completo, presenta garanzie di qualità e affidabilità», spiega Filippo Spazzoli, amministratore unico di Ecohouse, società che ha progettato e costruito la casa unifamiliare a Forlì. Il sistema è stato completato con l’applicazione di una finitura siliconica di tonalità chiara, che fa sempre parte del pacchetto Rockwool RedArt. SISTEMA COMPLETO PER STRUTTURE IN LEGNO Il sistema RedArt per strutture in legno è costituito dal pannello in lana di roccia Frontrock Max Plus, che presenta prestazioni termiche elevate, con un valore di λD = 0,035 w/mK, e un formato ottimale (1200 x 600 mm per spessori fino a 200 mm), che consente una posa sicura e rapida, anche in edifici a struttura a telaio in legno. La larghezza del pannello permette infatti di avvitare i tasselli in corrispondenza di due montanti verticali, evitando spreco di materiale. Oltre al pannello in lana di roccia, il pacchetto RedArt comprende i componenti che occorrono per creare un ciclo di isolamento termico a cappotto, in particolare tasselli e colle specificamente studiate per applicazioni su supporti in legno.

LA SCHEDA Impresa costruttrice: Ecohouse srl (partner costruttore Arca) Progettisti architettonici: Geom. Spazzoli Filippo (progettista ARCA edilizia sostenibile - progettista junior CasaClima), Geom. Paolo Strocchi Direttore lavori: Geom. Spazzoli Filippo Progettista strutturale e Dl: Ing. Giacomo Tricoli Progettista impianti e Dl: Ing. Mirco Bondi Coordinatore sicurezza: Geom. Matteo Saponaro

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COME SI FA

Casa nelle Langhe

In Piemonte una casa dalle dimensioni contenute, ma con spazi attentamente valorizzati, si affaccia come una finestra sulle celebri colline. E i mattoni contribuiscono a unire l’architettura dell’edificio con l’ambiente

Panorama doc con laterizio di Alessandro Raffa, Politecnico di Milano - Disegni e fotografie: courtesy Studioata

Tra il verde delle colline ricoper te da vigneti e boschi spicca il sobrio volume in mattoni della casa per vacanze - foto di Margherita Garavana

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anghe. Un paesaggio straordinario, risultato di un peculiare rapporto tra geografia (langa in piemontese significa lingua di terra) e la millenaria attività dell’uomo che ha trasformato le sue dolci colline in distese a perdita d’occhio di vigneti e ha incastonato nel suo territorio villaggi d’altura, castelli medioevali e architetture contadine. Un paesaggio che nella contemporaneità ha ispirato e continua a ispirare artisti e scrittori che, attraverso il proprio sguardo, hanno raccontato queste terre. Le pagine de La luna e i falò di Cesare Pavese, del Partigiano Johnny e di 23 giorni della città di Alba di Beppe Fenoglio, Il mondo dei vinti di Nuto Revelli hanno immortalato e reso celebri queste colline strette tra le Alpi e il mare, facendo delle Langhe un paesaggio letterario. Artisti di fama internazionale, affascinati dalle Langhe e dalla loro cultura, hanno lasciato segni del loro incontro con questo territorio, rendendolo un museo a cielo aperto della contemporaneità. David Tremlett e Sol Lewitt, per citarne alcuni, hanno trasformato una piccola chiesa in rovina nella Cappella del Barolo, in cui le tonalità dell’Africa e dell’Australia del primo si fondono con i wall painting del secondo in un inteso rapporto tra colline, cielo e cultura del vino.

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ALLA SCOPERTA DELL’ARTE Oggi itinerari enogastronomici si intrecciano con quelli culturali alla scoperta dell’arte e dell’architettura contemporanea, soprattutto quella legata al vino, in cui la tutela (il paesaggio vitivinicolo delle Langhe è stato inserito nella World Heritage List dell’Unesco nel 2014) e la valorizzazione del paesaggio passano anche attraverso l’arte e architettura del presente, in una ideale continuità dell’opera dell’uomo tra passato, presente e futuro. La sfida che le Langhe hanno saputo intraprendere verso la rivendicazione di una propria dimensione attuale è rilevabile anche attraverso i numerosi interventi di architettura contemporanea che punteggiano questo territorio e che si caratterizzano, pur nelle rispettive differenze, per un inteso rapporto con il paesaggio. Tale relazione è anche alla base di una piccola casa per vacanze progettata da Studioata per una coppia di olandesi innamorati della cultura langarola e dei suoi panorami, che hanno deciso di vivere in questi luoghi per alcuni mesi l’anno. Un volume semplice, che rimanda formalmente all’idea di casa, con tetto a falde di diversa inclinazione, interrotto solo da estroflessioni troncopiramidali, camini e lucernario, che muovono il rapporto dell’edificio con il cielo.


Sezione costruttiva sulla camera matrimoniale

LA SCHEDA I NOMI Progetto: Studioata (Graciliano Berrocal Hernåndez, Alessandro Cimenti, Elisa Dompè, Daniele Druella, Gian Luca Forestiero, Giulia Giammarco, Romina Musso, Alberto Rosso) Strutture: Michele De Rossi Impianti e consulenza energetica: Davide Ambrosio Impresa costruttrice: Aimo Costruzioni srl (Posa mattoni: Alberto Cavallera) Serramenti: Grimaldi Serramenti Info: www.studioata.com I NUMERI Area totale lotto: 2.000 mq Superficie totale: 110 mq Volumetria totale: 480 mc

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COME SI FA

La terrazza realizzata in tronchi di legno massello nelle ultime fasi di cantiere

MATTONE E TERRA Un rivestimento in mattoni avvolge senza soluzione di continuità l’edificio, contribuendo a rafforzare l’aspetto di un monolite incastonato sul fianco della collina. Una contiguità fisica, quella col suolo langarolo, che si traduce anche nella scelta del laterizio per il rivestimento di facciata che tanto cita le architetture minori locali quanto la tradizione nord-europea. L’introversione dominante è interrotta dall’ampia vetrata con moduli scorrevoli e dalla loggia che aprono verso il paesaggio delle Langhe e l’arco alpino, dando forma ad un rapporto interno esterno intenso, che scandisce il vivere quotidiano. Una Finestra sulle Langhe, come l’hanno definita i progettisti. Una stanza da cui affacciarsi e contemplare la dolcezza delle colline, le sue vigne, i boschi. La relazione interno-esterno è ulteriormente enfatizzata dalla presenza di una terrazza panoramica che, estendendosi per l’intero sviluppo della casa, offre differenti possibilità di uso all’esterno. Realizzata in tronchi di legno massello, si configura come un basamento sospeso da terra che, attraverso tre gradini, permette l’accesso alla loggia e agli spazi interni della casa. All’interno, spazi intimi e raccolti, in cui ogni centimetro è stato valorizzato al massimo, costruendo un volume contenuto, ma funzionale a soddisfare tutte le esigenze del quotidiano. Spazi che raccontano di un abitare minimo, in cui l’uomo e l’azione di abitare conforma la casa e che, allo stesso tempo, si confronta quotidianamente con la scala geografica e il paesaggio, in una tensione continua tra l’uomo, l’abitare e le Langhe.

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SCHERMATURA SUL PAESAGGIO Su uno dei lati corti del volume, in corrispondenza della finestra, il laterizio, posato a croce svizzera, crea una schermatura e allo stesso tempo lascia intravedere in lontananza il castello medioevale di Cigliè che domina l’omonimo borgo. La semplice composizione planimetrica asseconda il ritmo strutturale ed è organizzata da partizioni interne che accolgono, nel loro spessore, arredi fissi. I 110 metri quadri costruiti ospitano una zona giorno, al centro, e

Par ticolare della posa a “croce svizzera” dei laterizi Eu-Size di SanMarcoTerreal in corrispondenza della finestra della camera degli ospiti


Il por tale metallico che segna l’accesso alla proprietà condivide con la casa vacanze la stessa aper tura verso il paesaggio

lateralmente due camere da letto, di cui una per gli ospiti, servizi igienici ed un vano tecnico la cui apertura verso l’esterno è dissimulata da un telaio tamponato in mattoni. La struttura è composta da pilastri in cemento armato rivestiti esternamente da un tamponamento in mattoni disposti di piatto ed internamente da forati intonacati. Uno spesso strato isolante ed una camera d’aria completano il pacchetto murario. Il mattone utilizzato per il rivestimento continuo del volume è Eu-Size di SanMarco-Terreal. Laterizio in pasta molle di dimensioni 21,5 x 10, 25 x 6,5 centimetri,

si caratterizza per nuance e stonalizzazioni che producono vibranti esiti cromatici. Le caratteristiche del mattone Eu-Size e la posa, realizzata da un’impresa artigianale locale, reinterpretano in forma contemporanea le proporzioni tra laterizio e malta delle tessiture murarie diffuse nella zona. Un esito soddisfacente dal punto di vista del linguaggio architettonico, che offre vantaggi in termini sia di biocompatibilità sia di sostenibilità ambientale, e che ha permesso di rispondere in modo performante ai requisiti prestazionali di isolamento termico ed acustico. Studioata lavora e ricerca nel campo delle costruzioni, del design, della grafica e del web design con committenze sia pubbliche che private. Alle esperienze professionali Studioata affianca iniziative culturali quali allestimento e organizzazione di mostre, realizzazione di video e conferenze, partecipazione a concorsi e convegni. Studioata viene fondato nel 1997 e nasce per la volontà dei suoi componenti, tutti provenienti dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino ma con alle spalle esperienze di studio a vari livelli in diverse Università e Istituzioni europee, di ampliare il proprio percorso formativo tramite la partecipazione a concorsi e attività culturali. Studioata è formato da: Graciliano Berrocal Hernandez, Alessandro Cimenti, Elisa Dompè, Daniele Druella, Gian Luca Forestiero, Giulia Giammarco, Romina Musso, Alberto Rosso.

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ATTUALITÀ INTORNO

BERNA

di Matteo Umberto Poli, Politecnico di Milano

L’inceneritore? DIETRO CASA

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Un progetto di riqualificazione urbana a Berna ha scelto un’idea in controtendenza: grazie a tecnologie evolute, più sicure, ha scelto di non allontanare troppo l’impianto dall’area residenziale. Con il consenso della popolazione

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l progetto del landscape architect James Melsom è in costruzione a Berna, la piccola capitale elvetica. Il sito è l’area dove sorgeva l’inceneritore Kva (Kehrichtverwertungsanlage), spostato e ricostruito con tecnologie all’avanguardia dall’altro lato della ferrovia. Attualmente l’area ospita il cantiere e diversi programmi informali a servizio della città, incluso un piccolo circo ambulante. Concepito in occasione di un concorso nel 2012, il progetto sta lentamente evolvendo per le difficoltà legate all’ampio processo partecipato di cui è parte. Agli aspetti sociali e partecipativi si sommano difficoltà di carattere topografico: il canale Stadtbach, che attraversa tutta Berna, scorre nel mezzo del sito, complicandone l’accessibilità già difficile per un dislivello di circa 10 metri tra il lato Nord-Ovest e Sud-Est

Render di studio dell’inter vento di rinaturalizzazione (2014)

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BERNA

Vista aerea del sito in via di realizzazione courtesy James Melsom Landschaftsarchitekt

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del lotto, su Freiburgstrasse. La normativa richiede di consentire l’ingresso a pedoni e ciclisti senza soluzione di continuità, rendendo preziosa l’analisi e la progettazione di ogni centimetro di quota. Inoltre il canale, tombato o intubato in gran parte della città, dovrà essere rinaturalizzato. Le rive dovranno consentire esondazioni controllate, ma avere un’area di espansione simile a quella che il torrente avrebbe in un contesto non antropizzato. Questa scelta, così attuale e allo stesso tempo così inaudita, in particolare in Italia, rispecchia un trend che in Svizzera risale ai primi anni del 2000, con i progetti che stanno completandosi in questi anni in zone altamente urbanizzate di Ginevra e Losanna.

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A VOLO D’UCCELLO Per questa ragione l’approccio «da rilevatore» del paesaggista James Melsom è stato, e sarà nelle fasi successive, preziosissimo per il team coinvolto nella progettazione urbana e architettonica. Servendosi di un drone e di scanner laser, Melsom ha contribuito a rendere utilizzabili le basi cartografiche, troppo povere di informazioni, calcolando gli spazi per il torrente, i volumi di terreno coinvolti e i metri cubi di macerie generati degli edifici da demolire. L’utilizzo di informazioni così precise e parametriche ha reso possibile l’avanzamento di un processo per sua natura complesso e di difficile bilanciamento economico tra le parti in causa. Melsom infatti ha fornito alla società di ingegneria Buchhofer dati numerici precisi,


Il calcolo parametrico dei volumi in gioco, effettuato tramite rilievo scanner. courtesy James Melsom Landschaftsarchitekt

L’output delle scansioni laser effettuate con droni courtesy James Melsom Landschaftsarchitekt

utili a iniziare il progetto esecutivo prima ancora di recintare il cantiere, dando informazioni certe e sicure alla popolazione e agli investitori, e utilizzando per i rilevamenti le lunghe pause tra una fase e quella successiva di un progetto di così ampio respiro. INTEGRAZIONE L’integrazione tra l’inceneritore e la residenza, di ovvio interesse per la prossimità dell’offerta di combustibile e della produzione di energia, rendono il progetto estremamente interessante come caso studio per una riformulazione del dibattito sullo zoning, che ha tradizionalmente puntato sull’allontanare gli impianti dalla città, non considerando i costi e le difficoltà logistiche

che questo ha comportato. Grazie a tecnologie migliori, più pulite e meno invasive, sembra ragionevole pensare che avere «un motore» vicino a chi possa usufruirne non sia poi una cattiva idea. Dopo il concorso e l’approvazione federale e cantonale del progetto urbano, la città ha affidato lo sviluppo delle sei torri abitative a delle cooperative edilizie che rappresentano i diversi stakeholders. Il progetto di paesaggio di James Melsom Landscape Architect rappresenta il mezzo per controllare lo sviluppo unitario del lotto e soprattutto garantire che tutte le esigenze di carattere pubblico siano rispettate e pienamente fruibili, in armonia con zone verdi di carattere più privato come orti e spazi commerciali ai piani terra, ad esempio.

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BERNA

Una visualizzazione di modellazione “cloud point” del sito di progetto: prodotta tramite una scansione del sito da drone con una risoluzione di 8 milioni di punti, è stata la base per per fezionare i calcoli sulla volumetria del sito, per comprendere il contesto, generare le sezioni, verificarne l’esposizione al sole e così via. Courtesy James Melsom Landschaftsarchitekt

LA SCHEDA I NOMI Cliente: Città di Berna (2012-2017), concorso di idee Progettisti: Masterplan di concorso: BHSF Architekten with Christian Salewski Architekt Masterplan definitivo: Bhsf Architekten with Salewski Krebs Architekten Progetto di paesaggio di concorso: James Melsom Landscape Architect Bsla Progetto di paesaggio definitivo: Balliana Schubert Landschaftsarchitekten con James Melsom Landschaftsarchitekt, Bsla Consulenti: Buchhofer AG: analisi del traffico e fattibilità economica Sostenibilità ambientale: nuak Architects Project management: Kontuk AG NUMERI 250 appartamenti, con spazi di lavoro e aree comuni 40.000 mq, min. 80% residenziale 55.000 mq inclusi spazi seminterrati Costo intervento di paesaggio 3.200.000 CHF

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Matteo Poli si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 1997. Dopo aver lavorato con OMA e WEST8, fonda 99IC Architecture Media Design, con cui vince numerosi premi nazionali e internazionali fino al 2005. Per qualche anno si dedica alla progettazione di biciclette da viaggio con cicliMA, realizzando una bici per rilevamenti sonori nel 2007. Nel 2008 fonda AOUMM, con cui è stato invitato alla XIV Biennale di Venezia e ha realizzato il padiglione di Save the Children a EXPO 2015. Ricercatore in Architettura del Paesaggio al Politecnico di Milano, ha insegnato in diverse università europee e americane, pubblicando libri e ar ticoli sul paesaggio e l’architettura. Dal 2004 al 2007 ha collaborato con Domus ed è stato inviato speciale di Abitare fino al 2014.


Portoni da garage e porte d’ingresso

Motorizzazioni per portoni da garage e cancelli d’ingresso

Sistemi integrati di portoni industriali

Tecnologia di carico-scarico

SPAZI RECUPERATI Il complesso ospiterà circa 600 persone, con 250 impiegati previsti per l’inceneritore dei rifiuti a Warmbächli e altri che lavoreranno all’ospedale universitario Insel, a circa 2 chilometri. La scala dell’impianto industriale e il quartiere hanno una forte relazione dimensionale, in cui il recupero degli edifici esistenti, la realizzazione di nuovi blocchi e gli spazi aperti seguono una logica di accompagnamento e integrazione di programmi normalmente distinti. Il progetto urbano funzionerà con una topografia altamente specifica e complessa che permette di collegare il quartiere di Hollingen, i campi sportivi, il quartiere industriale, il campo di atletica ed il canale Stadtbach. Le fondazioni degli edifici esistenti e non riconvertiti saranno lasciate nel terreno, mentre le macerie da demolizione saranno utilizzate per dare forma al progetto di paesaggio e per raccordare le quote altimetriche e il letto del corso d’acqua.

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ITALIAATTUALITÀ UNDER 40

LAGO DI COMO di Gabriele Tavasci, Politecnico di Milano

Una piazza ATTORNO AL FUOCO

Una villa monofamiliare, battezzata Casa del Tè per sottolineare il collegamento tra architettura e quotidianità, mette il camino al centro della casa. E, a sorpresa, utilizza il calcestruzzo drenante i.idro Drain di Italcementi, nato per la realizzazione di pavimenti e piazzali 120

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Il focolare centrale diventa un’alcova che accoglie il soggiorno (Foto: Giorgio Marafioti)

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a magnificenza delle sponde del Lago di Como è caratterizzata da versanti più o meno scoscesi ricoperti da fitti boschi, improvvisamente interrotti da severi dirupi e da placche di roccia che cadono a picco nell’acqua. Questa morfologia, così austera e inflessibile, ha lasciato pochissimo spazio all’antropizzazione e allo sfruttamento del territorio, favorendo la nascita di piccoli borghi aggrappati a mezza costa o direttamente a picco sulle acque del lago.

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LAGO DI COMO

La veranda con il grande serramento scorrevole che si apre esterno al muro (Foto: Valeria Bellora)

Avversità e difficoltà costituiscono, però, anche la fortuna che ha permesso di conservare e preservare la bellezza del territorio e del paesaggio già tanto decantata in antichità nelle opere di Plinio Vecchio e nelle lettere di Plinio il Giovane, nell’Ottocento da Manzoni nei Promessi Sposi e poi dai poeti e musicisti del romanticismo, Stendhal, Byron e Listz, fino a giungere alle classifiche odierne che hanno eletto il Lago di Como come il «lago più bello del mondo». Il successo turistico sempre più d’élite, con la presenza di facoltosi stranieri, rende sempre più difficile la ricerca di nuovi appezzamenti edificabili dove costruire e fare buona architettura. Le ville storiche che si affacciano direttamente sul lago con i loro prestigiosi giardini sono ormai da tempo di proprietà dello Stato

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Le aper ture comunicano fra di loro e creano un gioco di luci e ombre (Foto: Giorgio Marafioti)

Sezione trasversale

Interno ed esterno diventano uno spazio unico (Foto: Giorgio Marafioti)

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LAGO DI COMO

Vista del soggiorno e della grande aper tura verso sud (Foto: ValeriaBellora)

Il focolare (Foto: ValeriaBellora)

o di ricchi privati. E oggi anche l’edilizia residenziale degli anni Settanta e Ottanta ha raggiunto quotazioni improponibili, soggetta a forti speculazioni. Non resta, quindi, che spostarsi nelle valli laterali, in Paesi più sconosciuti, ma che offrono spunti interessanti e luoghi stimolanti per i progettisti. VITA IN VALLE A Dizzasco, comune all’imbocco della contigua Valle d’Intelvi, il giovane architetto Lorenzo Guzzini è stato incaricato di realizzare una casa monofamiliare su un appezzamento posto sulla sponda della montagna, a ridosso del centro storico ma, allo stesso tempo, immerso nel verde. Il progetto è stato battezzato dal progettista Casa del Tè, in quanto «c’è la volontà di trasformare attraverso l’architettura la quotidianità dei gesti più banali in un rituale di attenzione e contemplazione della realtà». Il linguaggio architettonico utilizzato, molto semplice e lineare, si stacca completamente dal contesto e si contrappone con lo stile molto ricco e ostentato delle ville liberty presenti nelle vicinanze, ricche di decorazioni, colori e dettagli in rilievo, integrandosi al contempo nel tessuto residenziale. I colori tenui, i materiali tradizionali, la semplicità dei volumi e la pulizia delle linee richiamano il linguaggio razionalista di Giuseppe Terragni a Como, interpretato però in una forma archetipica e antica, come quello della capanna a pianta quadrata, che si integra con la cultura orientale del rituale del tè giapponese, di cui il progettista segue con esemplare naturalezza i principi. FIAMMA AL CENTRO Il focolare diventa il punto centrale della casa, con gli ambienti e vita familiare che ruotano intorno. Un ambiente centrale che diventa fulcro, dove si trova il camino a vista che è quasi abbracciato dal-

Plastico di studio

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Foto di dettaglio della maniglia fresata nello spessore della por ta (Foto: ValeriaBellora)

Le por te interne a tutta altezza creano spazi senza soluzione di continuitĂ (Foto: ValeriaBellora)

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LAGO DI COMO

Dettagli costruttivi

le altre stanze. Una sensazione enfatizzata dalla differenza di quota del pavimento, dalla presenza dell’unico soffitto ribassato presente nella casa e dalla luce naturale zenitale, perpendicolare al camino, proveniente dall’apertura inserita in copertura. Il disegno della casa, a pianta quadrata, porta ad un’organizzazione simmetrica degli spazi interni con le due camere da letto e gli spazi di servizio e la cucina posti su fronti opposti. L’organizzazione degli ambienti e le grandezze delle aperture creano un ritmo di luci e ombre che cambia continuamente durante l’arco della giornata. L’ampio serramento del soggiorno si apre e scorre esternamente al muro, permettendo di creare una relazione fra esterno ed interno senza soluzione di continuità. Modalità che è ripresa anche nel disegno delle porte interne a tutta altezza, realizzate in pannelli di legno multistrato.

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Il tetto a padiglione con manto di coper tura in Calcestruzzo drenante i.idro Drain (Foto: ValeriaBellora)

IN CERCA DI RAGGI La perfetta simmetria è però intelligentemente destrutturata dalla ricerca della miglior irraggiamento solare. Gli spazi comuni quali il soggiorno la cucina e la sala da pranzo sono esposti a sud, mentre gli spazi privati e le camere da letto restano esposte a nord. Per favorire l’ingresso della luce solare nel periodo invernale e semplificare il processo costruttivo della copertura in fase di cantiere, la forma del tetto, che in realtà è una piramide regolare, è stata ruotata sul proprio asse, creando un’ulteriore asimmetria in sezione che modifica l’altezza degli ambienti interni. Per il sistema di copertura il progettista ha deciso di utilizzare un materiale unico, capace di ridurre i tempi di posa e semplificare il processo costruttivo. L’utilizzo di panelli in legno lamellare a vista ha permesso di creare una superficie continua all’interno dell’abitazione. Il manto di copertura, che caratterizza e rende ulteriormen-

te originale il progetto, è costituito dall’uso maestrale, ma all’apparenza ardito, di un prodotto nato per la realizzazione di pavimenti e piazzali come il calcestruzzo drenante i.idro Drain prodotto da Italcementi. Lorenzo Guzzini ha dichiarato che questa soluzione ha permesso

LA SCHEDA I NOMI Progetto: Lorenzo Guzzini Strutture: Claudio Sosio de Rosa Info: www.lorenzoguzziniarchitecture.com Impresa: Bianchi Costruzioni Progettazione: 2014 Realizzazione: 2015 I NUMERI Superficie totale: ca 100mq

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La veranda con il grande serramento scorrevole che si apre esterno al muro (Foto: ValeriaBellora)

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Il disegno simmetrico delle aper ture sul fronte nord (Foto: GiorgioMarafioti)

Componenti della coper tura

di avere una grande prestazione termica all’interno della casa perché questo cemento è naturalmente ventilato e, non essendo compatto, l’esposizione solare non aumenta la sua temperatura, come accade con tutti gli altri materiali di copertura esistenti. Data la forte pendenza della copertura è stata necessaria l’aggiunta di una rete elettrosaldata anticorrosione in acciaio inox ancorata alla sommità del tetto. La stessa piastra di ancoraggio è stata pensata dallo strutturista come unico punto di fissaggio per la manutenzione del tetto, una soluzione semplice ed elegante. Gabriele Tavasci, architetto, è collaboratore alla didattica presso il Politecnico di Milano. Dopo alcune brevi collaborazioni professionali, apre il proprio studio nel 2010, specializzandosi nella progettazione architettonica residenziale e di ambienti pubblici. Sperimenta utilizzando sia tecniche costruttive innovative sia tradizionali, rivolgendo il proprio pensiero progettuale alle esigenze dell’abitare contemporaneo e futuro, mantenendo profondo rispetto e attenzione agli insegnamenti provenienti dal contesto e da tutto ciò che è legato al passato.

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NEXT

TECNOLOGIA E NUOVI MATERIALI a cura di Veronica Monaco

LE NUOVE STRADE DELLA SICUREZZA Marco Imperadori

L’

Sistemi più leggeri in acciaio e legno, speciali cavi in fibra di carbonio, verifica dei tamponamenti secondari non portanti a secco: ecco le novità in materia di antisismica. Ma a volte è meglio ripartire da zero

edilizia del futuro non può prescindere dal tema della sicurezza. Sistemi di adeguamento sismico, nuove tecnologie costruttive, materiali più leggeri e resistenti e normative più stringenti, stanno segnando un punto di svolta nel settore, che deve investire per garantire soluzioni sempre più affidabili e innovative. Marco Imperadori, professore ordinario di Progettazione e Innovazione Tecnologica al Politecnico di Milano, illustra le ultime novità in materia, partendo da un’importante distinzione tra adeguamento e miglioramento sismico degli edifici.

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Domanda. Professore, qual è la differenza tra adeguamento e miglioramento? Risposta. Gli interventi di adeguamento sismico hanno l’obiettivo di raggiungere i livelli di sicurezza previsti dalle norme tecniche. Spesso sono interventi complessi ed economicamente onerosi. Il miglioramento sismico riguarda, invece, gli interventi che mirano a innalzare la sicurezza strutturale esistente, senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalla norma. D. Quando è necessario intervenire? R. L’adeguamento sismico è irrinunciabile per tutte le opere pubbliche


Kengo Kuma, Komatsu Seiren Fabric Laboratory fa-bo foto di Takumi Ota

sensibili, come scuole e ospedali. La normativa è chiara, ed è stata avvalorata anche da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione. I magistrati hanno stabilito che una scuola, anche se costruita in zone a basso rischio, se non adeguata sismicamente, non può essere aperta all’utenza. L’adeguamento è fondamentale anche per edifici con valore storico artistico, che vanno necessariamente tutelati con interventi di consolidamento e restauro. Gli interventi sono piuttosto impegnativi e partono da analisi molto approfondite sullo stato delle opere, per la maggior parte in muratura o in cemento armato, e l’applicazione di sistemi consolidanti quali controventature, protesi d’acciaio per rinforzare le strutture dall’interno, isolatori sismici in grado di dissipare le scosse. Sono tutti sistemi che gli strutturisti e le imprese di recupero conoscono bene, e che hanno costi piuttosto onerosi. Ci sono tuttavia anche situazioni in cui intervenire nell’ottica dell’adeguamento non è conveniente. D. In questo caso cosa si fa? R. Per agire velocemente, in edifici non tutelati e magari lesionati, converrebbe demolire e ricostruire adottando le nuove tecnologie disponibili sul mercato, cioè telai in latero-cemento rispondenti alla normativa antisismica o i sistemi a secco, in acciaio e legno. Questi ultimi hanno potenzialità enormi in termini di resistenza e dissipazione delle scosse, con migliori performance rispetto ai sistemi massivi: essendo più leggeri ed elastici, amplificano meno l’azione sismica sulle strutture. Ci sono inoltre interessanti sviluppi anche per i sistemi di supporto delle strutture di tamponamento, quindi non portanti. D. Di che cosa si tratta? R. Spesso notiamo che, in caso di sisma, il telaio in cemento armato non subisce molti danni, quello che cede è invece il tamponamento in laterizio: pura zavorra, senza alcuna funzione strutturale, che però in caso di crollo può rappresentare un vero pericolo. In questi casi una controparete in lastre a secco con adeguate strutture di rinforzo in acciaio interne ed esterne, consente di prevenire un eventuale crollo parziale delle strutture secondarie di tamponamento. Oppure per i

soffitti in laterocemento, la maggior parte delle volte si assiste allo sfondellamento delle pignatte. Con un controsoffitto, in aderenza o ribassato rispetto alla struttura superiore, a cui viene saldamente fissato, si può evitare questa problematica. D. A livello internazionale, ci sono altre tecnologie particolarmente innovative? R. I sistemi e i prodotti sono tanti. Per esempio, il sistema sviluppato dall’architetto Kengo Kuma per la sede della Komatsu Seiren in Giappone, che utilizza un’orditura di cavi in fibra di carbonio per proteggere l’edificio dai terremoti. La struttura in cemento armato è protetta da cablature interne ed esterne in trefoli di carbonio che consentono di controventare i telai esistenti, costituendo la cosiddetta parete di taglio, resistente allo sforzo orizzontale. Si tratta di una soluzione estremamente innovativa, molto leggera e resistente, oltre che esteticamente gradevole, anche se piuttosto onerosa dal punto di vista economico. D. E sul fronte della ricerca universitaria, a che punto siamo? R. L’Italia è molto attiva sul fronte della ricerca universitaria sui sistemi e tecnologie antisismiche. Per esempio, presso il polo di Lecco del Politecnico di Milano, il gruppo di lavoro di Marco di Prisco e Matteo Colombo sta studiando da tempo le caratteristiche dei calcestruzzi e dei cementi fibrorinforzati, sia per costruzioni nuove che per il consolidamento di edifici esistenti. In Italia un altro grande esperto di ingegneria sismica sulle strutture leggere in acciaio è Raffaele Landolfo, con Luigi Fiorino e il loro team, dell’Università Federico II di Napoli, protagonista del progetto di ricerca europeo Elissa, in partnership con Knauf, per lo studio e lo sviluppo di sistemi a secco in acciaio con elevate performance antisismiche. In particolare sono state svolte ricerche sulla resistenza ai carichi di strutture in acciaio dagli spessori sottili, le cosiddette balloon frame o platform frame, che però non hanno ancora una normativa di riferimento in Europa.

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World wide build ARCHITETTURE NUOVE NEL MONDO Dalla messa alla massa A Villeurbanne, cittadina vicino a Lione, un edificio di culto è stato trasformato in un edificio per il social housing. Il centro del progetto è il vuoto generato dall’assenza della chiesa, di cui riman-

gono solo la pavimentazione e parte dei muri perimetrali, sui quali nascono i nuovi volumi residenziali. Nel 2014 la diocesi ha deciso di vendere la Chiesa del Cuore Immacolato di Maria in rue Richelieu per un progetto di edilizia sociale. Lo studio di Saint Etienne, AMas, ha ripensato lo spazio radicalmente, rimuovendo il tetto e tagliando le pareti a un’altezza di 4,80 metri: quello che rimane è una piazza aperta su cui affacciano gli spazi abitati. A nord e a ovest, su due dei quattro muri tagliati, si appoggiano i 17 nuovi appartamenti con relative aree comuni. Il volume più alto, di sei piani, sovrasta il muro perimetrale est e affaccia su rue Richelieu: la sua presenza forma un contrasto con il vuoto della chiesa, sia per volume sia per materiale, accentuato dall’utilizzo nel prospetto sud di pannelli frangisole in metallo espanso di colore oro chiaro.

IL VUOTO DELLA CHIESA PREESISTENTE SI PERCEPISCE ANCHE DALLA PRESENZA DELLA PAVIMENTAZIONE ORIGINALE. © CYRILLE WEINER SOPRA, CHIESA DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA NEL 1990. A DESTRA, I PANNELLI FRANGISOLE IN METALLO ESPANSO DIALOGANO CON I MURI E LA PAVIMENTAZIONE DELLA CHIESA. © CYRILLE WEINER

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a cura di Giacomo Casarin

Luce e fluidità spaziale Gli edifici sono concepiti per un uso sociale e nella progettazione spaziale le aree comuni ricoprono un ruolo importante. Queste ultime si affacciano tutte sul cortile principale dove sorgeva l’ex chiesa, che è il punto di riferimento del progetto. A nord si apre un secondo cortile che porta luce a tutti gli appartamenti e agli spazi di circolazione affacciati. Grandi vetrate illuminano gli interni che sono stati progettati decompartimentati e funzionali alla circolazione, importante nella qualità del rapporto tra assistenti sociali e residenti.

Centro Residenziale E Di Reintegrazione Sociale Richelieu Progetto: A-MAS – www.a-mas.fr Team di progetto: Stéphanie David, Éric David Location: Villeurbanne, Francia


LA GRANDE MASSA DELLA COPERTURA IN AGGETTO NEL PROSPETTO SUD. © PAUL WARCHOL SOTTO, IL MODULO DELLA SALA DA PRANZO CONNETTE IL SOGGIORNO ALLE CAMERE DA LETTO. © PAUL WARCHOL

Il Giappone sul lago Michigan Lo studio Desai Chia Architecture ha collaborato con Enviroment Architects (Aor) per realizzare una grande casa su una scogliera ampia e isolata del lago Michigan, caratterizzata da alberi sparsi e un terreno ondulato. Il disegno del paesaggio è ripreso dal movimento sempre diverso della copertura, che ricorda anche l’architettura tradizionale dei vicini villaggi di pescatori. La casa è divisa in tre volumi sfalsati contenenti soggiorno e cucina, camera matrimoniale, camere dei bambini, tenuti insieme dallo spazio centrale della sala da pranzo. L’estremità meridionale della casa presenta uno sbalzo del tetto di circa 6 metri che estende lo spazio interno del soggiorno verso la terrazza esterna e proietta la vista verso il panorama. Materiale locale, tradizione giapponese, progettazione intelligente Il legno di rivestimento è trattato secondo un metodo tradizionale giapponese chiamato shou sugi ban, che consiste nella carbonizzazione del materiale per renderlo resistente alla muffa e agli insetti. Tutti

i mobili della casa, i pavimenti e i pannelli per il soffitto derivano dalla macinazione e lavorazione del legno dei frassini recuperati dal sito di progettazione: gli interni sono lo specchio del paesaggio indigeno esterno. L’edificio è disegnato per gestire il deflusso dell’acqua piovana trasportandola attraverso apposite gronde e racchiude nel suo design un sistema di riscaldamento geotermico. Infine le finestre sono state posizionate in punti precisi delle pareti in base a studi sui venti

prevalenti della zona, così da costituire un sistema di ventilazione naturale. Il progetto della Michigan Lake House ha vinto il premio internazionale Interior Design Best of Year Design Award.

Michigan Lake House Progetto: Desai Chia Architecture www.desaichia.com Location: Leelanau County, Michigan

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World wide build ARCHITETTURE NUOVE NEL MONDO Bosco verticale a Taiwan Sembra un filamento di Dna l’edificio progettato a Taiwan dallo studio belga Vincent Callebaut Architectures. La struttura a doppia elica che gira di 90 gradi attorno a un punto di base fisso trasfigura la classica forma della torre e appare nel centro urbano come una montagna contorta e verde. È evidente la relazione dell’opera con il Bosco verticale di Stefano Boeri a Milano. La filosofia è la stessa e sembra essere una chiave di lettura interessante per tutte i grattacieli futuri, a patto che le residenze all’interno non siano destinate esclusivamente ad ambienti di lusso. La facciata, il tetto e i balconi della torre contengono 23mila alberi e arbusti, progettati per assorbire 130 tonnellate di anidride carbonica all’anno, ovvero l’equivalente di emissione di circa 27 automobili.

L’edilizia autosufficiente Il progetto di Agora Garden è incentrato sul concetto di cradle to cradle per cui nessun materiale è buttato via, ma viene trasformato e riutilizzato. Il design della torre comprende pannelli solari sul tetto e il riciclaggio dell’acqua piovana, oltre a illuminazione e ventilazione naturale. L’obiettivo dei nuclei abitativi è quello di sensibilizzare le famiglie a curare un proprio orto personale, al fine di rendere i residenti coltivatori del loro stesso cibo. I grandi terrazzi sono

progettati con spazi per riutilizzare l’umido come fertilizzante organico, cisterne per l’acqua piovana per l’irrigazione, celle a combustibile per fornire energia elettrica.

Agora Garden – Tao Zhu Yin Yuan Tower Progetto: Vincent Callebaut Architectures www.vincent.callebaut.org Location: Taipei, Taiwan

L’EDIFICIO PRESENTA UN PROSPETTO SEMPRE DIVERSO A SECONDA DEI PUNTI DI VISTA. © VINCENT CALLEBAUT ARCHITECTURESNOME SOTTO, LA ROTAZIONE DELLA PIANTA CONSENTE DI DARE LUCE A TUTTI GLI APPARTAMENTI E LE PIANTE DEI TERRAZZI. © VINCENT CALLEBAUT ARCHITECTURESNOME LA ZONA NOTTE DEL SECONDO PIANO DEFINITA SOLO DAL PERIMETRO DELLE TENDE BIANCHE

L’AREA SPA. L’UNICO SPAZIO CHIUSO E NASCOSTO DEL PANZERHALLE LOFT, CON IL CAMINO E LE ZONE WELLNESS

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Spazio dinamico all’arte Il nuovo edificio dello studio Holl a Richmond, Stati Uniti, riveste un ruolo di centro creativo catalizzatore di arte contemporanea. La fluidità del design si presta come strumento adatto alla varietà e alla sperimentazione delle rappresentazioni artistiche. Da un forum centrale di accesso a doppia altezza si articolano diversi volumi a forma di parallelepipedi che ospitano una grande galleria, una caffetteria e l’auditorium da 240 posti al piano terra, mentre il piano superiore ospita due gallerie biforcute, un laboratorio didattico e una terrazza accessibile al pubblico. Tutti i blocchi rettangolari si prolungano a ovest in un giardino di sculture caratterizzato da uno specchio d’acqua. Dall’esterno il progetto si percepisce come insieme di volumi separati, ma all’interno le forme si fondono adattandosi a diverse possibilità di esposizione e circolazione spaziale. Luce e sostenibilità Le pareti vetrate creano continuità tra gli spazi interni ed esterni dell’edificio, mentre pannelli in vetro traslucido

L’INSIEME DI VOLUMI SEPARATI SI PROPAGA VERSO IL GIARDINO. © STEVEN HOLL ARCHITECTS SOPRA, PROSPETTO CON ACCESSO AL FORUM A DOPPIA ALTEZZA. © STEVEN HOLL ARCHITECTS

coprono alcuni prospetti e offrono visioni sfocate. Le finestre e i lucernai posizionati strategicamente per garantire abbondante luce naturale, insieme alle superfici complementari opache in pannelli di zinco prepatinato, formano un involucro progettato per mantenere il calore in inverno e fornire fresco in estate. La scelta dei materiali è supportata da un sistemo di pozzi geotermici che fornisce l’energia necessaria alla gestione del clima interno. Sulla copertura sono invece i tetti verdi, formati da piccole pianta-

gioni di piante autoctone, a massimizzare l’isolamento, assorbire l’acqua piovana e compensare le emissioni di carbonio. L’edificio è stato progettato per soddisfare gli standard di certificazione Leed Gold.

Istituto Di Arte Contemporanea Presso La Virginia Commonwealth University Progetto: Steven Holl Architects – www. stevenholl.com Location: Richmond, Stati Uniti

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World wide build ARCHITETTURE NUOVE NEL MONDO Architettura verde nello smog di Pechino Adiacente al parco Chaoyang, il più grande di Pechino, sorge un complesso architettonico che non forma barriere alla natura, ma ne diventa estensione ispirandosi ai paesaggi lontani dei dipinti tradizionali cinesi. Il complesso progettato dallo studio cinese Mad Ar-

chitects comprende due torri asimmetriche per uffici che ricordano montagne e altri cinque edifici più bassi, commerciali e residenziali, che appaiono come nere pietre levigate. Tutti i volumi sono modellati con superfici lisce e curve tipiche delle rocce che hanno subito un’erosione e sono collocati in un masterplan urbano aperto che presenta elementi naturali del paesaggio orientale come pini, bambù, stagni. Il paesaggio offre alle persone un luogo d’incontro nella natura nel mezzo della città, evocando l’atmosfera di un tradizionale dipinto cinese a inchiostro. Montagne che respirano Il valore naturale del progetto non si ferma al design dei volumi, ma è anche

incarnato dalla tecnologia innovativa, che gli è valsa la certificazione Leed Gold. Le linee di forza delle due torri sono rappresentate da alette in metallo che ne caratterizzano le superfici per tutta la loro altezza. Questi elementi, oltre ad enfatizzare la verticalità della forma e la levigatezza complementare delle vetrate, funzionano come sistema di ventilazione e filtrazione ad alta efficienza energetica: la cavità al loro interno infatti attira aria fresca dai lati e la riversa all’interno dell’edificio. Alla base dei prospetti c’è un laghetto che specchia le torri e le moltiplica all’infinito, trasformandole in due cime che sembrano nascere dal profondo e crescere fuori dall’acqua. Al tempo stesso la vasca funziona come sistema di raffreddamento dell’aria in estate, riducendo la temperatura all’interno degli edifici.

Chaoyang Park Plaza Progetto: MAD Architects – www.i-mad.com Location: Pechino, Cina LE TORRI SI SPECCHIANO NEL LAGO DEL PARCO CHAOYANG. © HUFTON+CROW SOPRA, IL MODELLINO EVOCA DELLE ROCCE LEVIGATE IN MEZZO AL VERDE

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Londra formato lamellare Il legno lamellare incrociato sta diventando sempre più un materiale utilizzato in costruzioni abitative urbane ad alta densità. Lo sviluppo in altezza e le dimensioni del Dalston Lane sottolineano come questo materiale possa diventare un’opzione con-

LA CORTE PRINCIPALE CONSENTE L’ILLUMINAZIONE DI TUTTE LE RESIDENZE. © DANIEL SHEARING SOPRA, LA SEZIONE ASSONOMETRICA MOSTRA L’ALTA DENSITA’ ABITATIVA DELL’EDIFICIO. © WAUGH THISTLETON

vincente nella fornitura degli alloggi del futuro. L’edificio dello studio britannico Waugh Thistleton Architects si instaura perfettamente nel Borough londinese di Hackney: il rivestimento in muratura mista richiama lo stile vittoriano delle abitazioni circostanti, mascherando il suo scheletro in legno realizzato in Austria. Il grande sito di progettazione è stato diviso in volumi riconoscibili di altezze variabili, tra cinque e dieci piani, orientati per massimizzare la luce del giorno attraverso corti e spazi aperti. Sostenibile leggerezza Un edificio di queste dimensioni costruito in cemento armato avrebbe avuto un

peso cinque volte superiore. Le fondazioni per un sistema in legno così leggero sono meno pesanti e profonde: potrebbero sostenere edifici ad alta densità in siti con problemi geologici o di falde acquifere. Nel caso del progetto Dalston Lane, le fondazioni consistono in una struttura di base a doppia altezza in calcestruzzo sostenuta da una zattera sempre in cemento, che isola l’edificio dal tunnel sotterraneo costruito per ospitare la nuova linea della metropolitana. Il sistema in Clt (Cross Laminated Timber) ha ridotto in modo significativo la spesa energetica, sia in termini di produzione del materiale sia in termini di tempo di montaggio in opera: il nume-

ro di consegne durante la costruzione diminuisce dell’80% rispetto a un edificio in calcestruzzo. La struttura utilizzata è composta da lastre di pavimento con spessore 140-200 mm e lastre da parete 100-140 mm e ha consentito la costruzione del 35% di alloggi in più rispetto alla densità abitativa che avrebbe potuto consentire una struttura tradizionale in cemento armato.

Complesso Residenziale Dalston Lane Progetto: Waugh Thistleton Architects – www.waughthistleton.com Location: Londra, Regno Unito

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eventi &notizie Premi

IL CENTRO D’ARTE FRAC

vince la terza edizione del BMIAA Allo studio francese Lacaton & Vassal il Gran Premio Internazionale di architettura BigMatcon per il progetto di riqualificazione del museo di Dunkerque. Nel concorso, promosso dal Gruppo di distribuzione edile, riconoscimenti anche agli italiani Maria Alessandra Segantini e Carlo Cappai di C+S Architects di Veronica Monaco

Gran Premio Lacaton & Vassal, Frac. Sotto, da sinistra, Jesus Aparicio, Anne Lacaton, Claude Coutant

L

o studio francese Lacaton & Vassal ha vinto il BigMat International Architecture Award ’17 con il progetto di riqualificazione e ampliamento del centro d’arte Frac (Fonds Regional D’art Contemporain) nella regione di Nord-Pas-de-Calais a Dunkerque, nel nord della Francia. Affacciato sul porto, il museo sorge nel vecchio arsenale Halle AP2. Il progetto di recupero ha duplicato i volumi, accostando al magazzino esistente una struttura prefabbricata completamente vetrata, libera e flessibile all’interno. I due edifici possono essere utilizzati in maniera separata o combinata, grazie a una passerella che li collega. Lo studio francese ha vinto sui

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I premiati e la giuria del BMIAA ‘17

I VINCITORI DI PREMI NAZIONALI BMIAA ’17 ITALIA: Studio C+S Architects, Uffici giudiziari a Venezia BELGIO: Studio Multiple Architecture & Urbanisme, EdificioPiazza a Herstal PORTOGALLO: Alvaro Siza Vieira + Eduardo Souto De Moura, Museo comunale Abade Pedrosa a Santo Tirso REPUBBLICA CECA: Studio A69 – Architeckti, Prototipo di una casa a Posazavi SLOVACCHIA: Studio Zerozero, Ponte pedonale a Sulin SPAGNA: Studio Mansilla + Tuñón Arquitectos, Museo delle Collezioni Reali a Madrid

14 finalisti scelti fra gli 87 team di architetti preselezionati a luglio scorso tra quasi 900 candidati. Oltre al vincitore assoluto, sono stati assegnati anche i premi nazionali e quelli di categoria. Per l’Italia si sono aggiudicati il titolo Maria Alessandra Segantini e Carlo Cappai dello studio C+S Architects di Treviso con il progetto Law Court Offices a Venezia, premiati con la seguente motivazione: «La qualità di questo progetto risiede nel modo in cui si integra nel contesto esterno, riprendendo l’archetipo degli edifici industriali e realizzando una costruzione ermetica che fa uso di materiali ossidati e arrugginiti, in perfetto accordo con il contesto». Ideatore e promotore di questo importante premio internazionale, BigMat «vuole in primis contribuire a migliorare il nostro settore delle costruzioni, dal momento che ne è uno dei protagonisti per quanto riguarda la distribuzione. I progetti, infatti, portano alla ribalta un costruire di qualità che rappresenta un vantaggio per l’uomo e per l’ambiente e in questo l’architettura svolge un ruolo fondamentale», ha ricordato il direttore di BigMat International, Matteo Camillini. La Menzione Speciale Giovani Architetti BigMat ’17 è stata assegnata agli sloveni di H3T per il progetto Casa nera sospesa, in Boemia, mentre il Premio del Pubblico, novità di quest’edizione che ha coinvolto anche gli utenti della rete, è andato al portoghese Pedro Mauricio Borges per il progetto Tenuta Da Tilia a Ponta Delgada, Portogallo.

Premio Nazionale Italia C+S Law Court Offices (VE). Da sinistra, Jesus Aparicio, Francesco Isidori, Rocco Alfano, Carlo Cappai con il figlio

PREMI DI CATEGORIA BMIAA ’17 STUDIO ÉRIC LAPIERRE EXPERIENCE, 86 Alloggi a Lione, Francia STUDIO MUOTO D’ARCHITECTURE, Condensatore pubblico a Saclay, Francia STUDIO JOÃO MENDES RIBEIRO ARQUITECTO LDA + MENOS É MAIS ARQUITECTOS, Arquipélago, Centro d’arte contemporanea a Ribeira Grande, Portogallo STUDIO PEDRO MATOS GAMEIRO, Casa nel quartiere Alfama a Lisbona, Portogallo JOSÉ MARÍA SÁNCHEZ GARCÍA, Stabilimento assemblaggio materiale elettrico in Spagna STUDIO MORALES DE GILES ARQUITECTOS, Consolidamento e adattamento dell’ex convento di Santa María de Los Reyes e relativi giardini in Spagna

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eventi &notizie TERRA MIGAKI DESIGN

arriva al Fuorisalone

Il concorso per la creatività di oggetti riservato al materiale terra cruda approda alla rassegna milanese. I progetti e i prototipi saranno esposti alla Cascina Cuccagna, assieme a workshop, convegni e mostre di Giacomo Casarin

Progetto di una stufa in terra cruda della designer francese Mathilde Béguin vincitore del concorso Terra Migaki Design 2017

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erra Migaki Design è un concorso che nasce nel 2015 grazie a una singolare collaborazione tra il mondo occidentale, e in particolare l’Italia, e il mondo orientale rappresentato dal Giappone. Il concorso è basato sulla lavorazione di un materiale naturale e sostenibile quale la terra cruda, utilizzata sia in campo architettonico sia nel design. La terra cruda è da sempre impiegata nell’architettura, come ha ben evidenziato il censimento del patrimonio Unesco e il recente concorso Terra Award, che ha messo in risalto la contemporaneità

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di questo materiale in tutto il mondo. Dopo aver sperimentato svariate tecniche costruttive e molteplici funzioni, la terra cruda è stata recentemente introdotta anche nel campo del design, grazie alle sue peculiarità e alla propensione di ibridazione e abbinamento con altri prodotti. Il concorso Terra Migaki Design 2018 valorizza questa scelta e trova la sua terza edizione nell’intento di esplorare le potenzialità funzionali ed espressive del materiale nella progettazione di oggetti e arredi mobili. Il progetto vincitore dell’edizione 2017 della desi-


Workshop sulle tecniche giapponesi di finitura in terra con il magister artis Kenji Matsuki durante gli eventi Terra Migaki Design al Fuorisalone 2017

Esposizione Terra Migaki Design alla Fabbrica del Vapore durante il Fuorisalone 2017

gner francese Mathilde Béguin è una colonna di blocchi di terra cruda che funge da radiatore come fosse una stufa, sfruttando la capacità della materia di accumulo del calore e di lenta dispersione termica nel tempo. L’oggetto rappresenta un caso emblematico dell’uso innovativo della terra cruda per una funzione appropriata, che mantiene le caratteristiche ecologiche della materia e ne esalta gli aspetti di green design. Il concorso è aperto a tutti ed è inserito nelle manifestazioni del Fuorisalone internazionale a Milano, dal 17 al 22 aprile. I

progetti e i prototipi del concorso verranno esposti alla Cascina Cuccagna, insieme a materiali, attrezzi e documentazione fotografica inerenti ai temi del green design, della terra cruda e della cultura giapponese. Le esposizioni sono affiancate da altri eventi culturali Terra Migaki Design che articolano workshop con i maestri giapponesi, conferenze internazionali, laboratori, mostre e viaggi culturali. Tutte le informazioni per partecipare al concorso sono riportate nel sito www.terramigakidesign.com.

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ARCHILEGGERE Recensioni di Cassandra Cozza, Politecnico di Milano

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BUILDING FOR A CHANGING CULTURE AND CLIMATE. WORLD ATLAS OF SUSTAINABLE ARCHITECTURE Ulrich Pfammatter Un’esortazione a ripensare il concetto di sostenibilità e a come costruire architetture sostenibili in un mondo in rapida trasformazione, dove cultura e clima stanno cambiando, riflettendo sui concetti di luogo e memoria, tecnologia e materiali, rischio, funzioni e uso dello spazio, quantità e qualità. Si sostiene che lo scopo della sostenibilità sia stato ristretto troppo e che le opere realizzate (architetture, paesaggi e infrastrutture) siano, innanzitutto, beni culturali. Una riflessione critico-teorica illustrata attraverso una ampia selezione di esempi capaci di stimolare la riflessione su un concetto ampio di sostenibilità finalizzato alla pratica progettuale. Un atlante mondiale di strategie sostenibili che coprono un arco temporale esteso, dagli esempi contemporanei alle architetture vernacolari, una ricca selezione di opere realizzate e progetti di varie scale suddivisi in cinque ambiti tematici: Genius loci, luoghi unici in stato di trasformazione; Costruire in situazioni estreme; Spazio, struttura e la sfida climatica; Natura dei materiali, e il futuro della tecnologia dei materiali; Memoria architettonica: cultura industriale e strategie di trasformazione. Un utile strumento per ripensare in modo critico e multidisciplinare a come affrontare le sfide della progettazione sostenibile. Versione rivista e ampliata, tradotta da Jim Hudson Lingua Inglese. Editore DOM publishers Anno 2014 Misure 23 x 28 cm, pp. 584 ISBN 9783869222820

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LIMBOLAND Pietro Valle Una riflessione sul paesaggio contemporaneo nella forma apparente di un diario di viaggio scritto con un metodo narrativo dove descrizione impersonale e soggettività dello sguardo si fondono rivelando la relatività del paesaggio stesso. Un libro che induce ad osservare con attenzione i luoghi in rapida trasformazione (la loro dimensione sospesa, il senso di spaesamento, eccetera) tenta di decifrarli, ponendo delle domande che vanno oltre i singoli luoghi descritti. Si articola in due capitoli principali dedicati a due grandi paesi, distanti eppure confrontabili come la Cina e l’America, descritti in due periodi diversi della vita dell’autore. Una raccolta fotografica di paesaggi e una conversazione sulla scrittura del paesaggio contemporaneo completano e accompagnano le descrizioni dove la dinamica delle trasformazioni viene restituita attraverso una minuziosa analisi della forma fisica e spaziale dei luoghi alla quale è sottesa una riflessione critica. Un libro, per definizione dello stesso autore, che si muove tra il saggio, il racconto e il report tecnico per imparare ad osservare e a decifrare i luoghi e per riflettere sul senso delle loro trasformazioni. A cura di Davide Tommaso Ferrando Editore Casa editrice Libria Collana Mosaico Anno 2016 Misure 21 x 15 cm, pp. 160 ISBN 9788867640799 Prezzo di copertina 16 euro


IL CLIMA COME FONDAMENTO DEL PROGETTO

PRECISAZIONI SULL’HOUSING SOCIALE IN ITALIA

Marco Bovati

Stefano Guidarini

Il saggio appartiene a una collana che indaga gli strumenti e i fondamenti dell’architettura e offre una riflessione teorica e metodologica sul rapporto tra architettura e ambiente, ovvero sul ruolo del clima nella progettazione architettonica. L’autore analizza alcune posizioni teoriche, storiche e critiche sulla relazione tra clima e architettura, e descrive come il clima abbia influenzato la costruzione dell’habitat. Analizza, poi, le metodologie d’indagine e gli strumenti di lettura e di rappresentazione dei fattori climaticoambientali per il progetto. Viene proposto un approccio progettuale integrato e soggettivo, capace di coniugare il sapere tecnico-specialistico con la componente critica e soggettiva e di integrare elementi quantitativi ed elementi qualitativi. Completato da una preziosa intervista, arricchita con disegni originali, a George W. Reinberg, pioniere dell’architettura bioclimatica e sostenibile, e da un «invito alla lettura» che contiene una interessante selezione critica di testi sul tema trattato.

Il libro analizza in modo preciso e sintetico lo stato dell’housing sociale in Italia rapportandolo ad altri paesi europei e presentando, a titolo esemplificativo, alcune recenti realizzazioni milanesi di particolare qualità urbana. L’abitazione è intesa come «servizio d’interesse pubblico», che coinvolge discipline diverse: l’architettura e il progetto urbano, le politiche sociali, le discipline economico-finanziarie. Infatti, si precisano le logiche di attuazione, di finanziamento e di gestione per, poi, soffermarsi sul rapporto tra città pubblica e housing sociale. L’autore descrive come il ruolo dell’architettura e del progetto urbano sia fondamentale per ottenere la qualità urbana, per costruire parti di città con valori estetici e ambientali. I casi studio milanesi presentati vanno oltre l’uso dei soli indicatori, lavorando sulla forma architettonica e urbana, sulle tipologie edilizie, sul principio insediativo, il progetto di suolo, le relazioni con il contesto e così via. Il libro si conclude con una ricca bibliografia sul tema e sullo stato dell’arte che include anche documenti istituzionali e riferimenti al quadro normativo.

Editore Christian Marinotti Edizioni Collana Confini. Strumenti e Fondamenti dell’Architettura Anno 2017 Misure 19,6 x 12,5 cm, pp. 136 ISBN 978882731663 Prezzo di copertina 15 euro

Cassandra Cozza, assegnista di ricerca al Dipar timento DAStU del Politecnico di Milano, dove si è laureata in Architettura e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana, svolge e ha svolto attività di ricerca in Italia (Prin Miur) e all’estero. Architetto, tutor del dottorato Pau, ha divulgato gli esiti dei suoi studi attraverso pubblicazioni, seminari e mostre. Insegna Progettazione architettonica e urbana presso la scuola Auic del Politecnico di Milano, dove è anche teaching coordinator dell’International PhD Summer School Heritage and Design.

Editore Maggioli Editore Collana Politecnica Anno 2017 Misure 19,8 x 11,9 cm, pp. 86 ISBN 9788891624161 Prezzo di copertina 9 euro

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DALL’ESTERNO

IN FRIULI ANCHE LA LUNA AVEVA PAURA Elena Commessatti, eclettica scrittrice e giornalista letteraria. Master in Tecniche della Narrazione alla Scuola Holden di Torino; a Milano, in Rcs, tra libri e uffici stampa. A lei si deve la riscoper ta dell’inventore Ar turo Malignani, con il volume Arturo Malignani. Con il futuro negli occhi. (Ritratto Privato) per Forum, 2015. Editor di narrativa di genere, il suo ultimo romanzo è Femmine un giorno (Bébert, 2013, rist. 2016). Dal 2014 è direttrice editoriale, per Odòs, della collana di guide turistiche italiane incentro. È la voce narrante dell’azienda di contemporary design furniture Moroso.

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Sono friulana e sono orgogliosa di esserlo. Il terremoto del 6 maggio 1976, con quasi mille vittime, è stata una sofferta tragedia, diventata per tutti esempio di solidarietà e modello di ricostruzione. Sono friulana e al tempo ero bambina, e come tutti i bambini in quei 50 secondi di quella calda notte di maggio si sono aperti i sogni e si è fatto buio. Si è aperto un varco, nerissimo, su ciò che significa sentire tremare la terra. Hanno ucciso i nostri sogni, e i bambini ne hanno. Vivevo a Udine e nella città il boato è stata un’onda anomala, che ai piani alti dei palazzi è stato percepito come lo spostamento di un gigante misterioso. Forse una zampata di King Kong, qua e là, come nel film più autentico. Ma io non mi sentivo certo Jessica Lange a otto anni. Anzi, alle 21.06, a ripensarci, guardavo in tv Braccobaldo Show. «Anche la luna aveva paura», scrissero i miei coetanei, nei quaderni dentro le tende, mentre gli adulti riversavano le loro angosce sulle sigarette. Mentre buttavano via la notte nella curva del giorno. «Non c’è niente di più ampio dell’immaginazione dei bambini», annota il poeta friulano Pierluigi Cappello, recentemente scomparso in Questa libertà (Rizzoli); lui che dalla sua Macondo, cioè Chiusaforte, era scappato in quei giorni, come tutti in paese, per non tornarvi mai più. Se è vero che gli artisti hanno il fiuto per interpretare il mondo, come il grande e indimenticabile Cappello, è Luciano Fabro, vissuto anche lui in Friuli in gioventù, che chiosa con lucidità quanto ci piace riportare. «Ciò di cui siamo responsabili è il senso di identità. L’arte (o l’artista) nasce nel momento in cui, nel caos totale delle cose, dell’esistenza, delle cose che non sono ancora cose (perché già cosa è uscire dal caos), l’artista comincia a definire qualcosa. […] E quando

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di quella cosa ci accorgiamo o la trasferiamo o la comunichiamo, automaticamente questa diventa coscienza comune, coscienza umana». (da Arte torna Arte. Lezioni e conferenze 1981-1997, Einaudi). Ecco, i temi di questa rivista e le sue due parole chiave: riqualificazione e antisismico, a me fanno venire in mente che sono friulana e sono orgogliosa di esserlo. Il carattere della mia gente sta nelle parole di Pierluigi Cappello, laicamente sante, come in quelle, giovani e timide, di Pier Paolo Pasolini, che sogna l’amore, cullato dalla brezza sottile del Friuli occidentale. Sono le lettere urlate, appese alla grinta di Tina Modotti, l’udinese più famosa del globo, su un piroscafo di fine Ottocento. Sono le voci degli emigranti, tanti, appesi al filo della famiglia, tornati qui ad aiutare durante il terremoto del ’76. Ecco perché riqualificazione ha per me un valore affettivo: di relazione. Se anche la luna aveva paura, i bambini in quell’estate giocavano insieme, all’aperto, davanti alle tende. Ai falò. E nell’autunno, trasferiti nei grandi alberghi vuoti di Grado e Lignano, località balneari, i friulani, giovani e vecchi, furono accolti da altri friulani. Con cura, e ordine. Il giro delle relazioni umane non fallì quella volta. Gli architetti, a volte pratici, a volte artisti, costruirono un nuovo ordine dal caos. Venzone, pietra su pietra, fu l’ordine per definizione: bianca e confortante anastilosi. Ecco, se penso a quel futuro, la parola che mi gira in testa è davvero antisismico. Ma sapete perché? Perché da allora tutte le case, create ad hoc, hanno i muri d’ascolto e le vite degli altri sono le vite di tutti. Dov’è finita la cristallina solitudine di quei vecchi montanari, chiusi nelle loro case di pietra, lassù in montagna, dove tutto è franato? Anche la luna aveva paura; ma in quei 50 secondi se ne è andata per sempre un’altra parola: riservatezza.



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