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Dora Albanese, ne 'La scordanza' il respiro antico della Lucania

La giovane autrice, con questo nuovo e bel romanzo, ci restituisce integro un territorio che non è solo geografia, ma antropologia

Dora Albanese, ne 'La scordanza' il respiro antico  della Lucania
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26 Ottobre 2017 - 09.46


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di Enzo Verrengia

La Lucania non è soltanto geografia, ma anche e soprattutto antropologia. Cioè preponderanza sul paesaggio di un’umanità viscerale, dedita a se stessa in un incrocio irripetibile di fisicità e moti interiori. L’avevano ben compreso Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli. Insieme a lui Leonardo Sinisgalli, Rocco Scotellaro, Albino Pierro, più di recente Andrea Di Consoli, Gaetano Cappelli, Mariolina Venezia e gli altri esploratori autoctoni del loro stesso territorio.
Vi si aggiunge adesso Dora Albanese con La scordanza, un’epopea per voce sola che non ha bisogno del realismo magico di Isabel Allende per costruire intorno alla sua protagonista, Caterina, lo spazio corale, per esempio, de La casa degli spiriti. La vicenda del romanzo è già tutta racchiusa nelle prime pagine, dove il presepe del tutto privo di suggestioni di un paese dell’entroterra, Muggera, rispecchia la disperazione dei suoi abitanti. Eppure si è negli anni Ottanta. Altrove, dopo il Riflusso, si prepara il nuovo miracolo economico italiano. La stessa Basilicata si colloca alla vigilia dell’oro nero scoperto nelle sue viscere.
Lì, invece, a Muggera, si trascinano destini da una generazione all’altra con la cadenza dell’inesorabile. La vecchia Eufemia, madre di Caterina, non ritiene che per la figlia possa esserci altro che la devozione obbligatoria e senza amore ad Antonio, il marito “fabbricatore”, cioè muratore, e l’accudire i due figli, Eustachio, detto Stachiuccio, e Francesco. Il lavoro al maglificio Centovallis non costituisce occasione di affrancamento e di emancipazione, bensì contributo alle finanze di casa.
Dora Albanese fa muovere la trama dal punto di vista di Eustachio, il primo e forse il solo a percepire l’inquietudine di Caterina, appunto fisica e interiore. Il bambino presente la perdita della madre, tanto da volersela legare portandone un ciuffo di capelli tagliatole di nascosto nel sonno alla magara Donna Agata. Quest’ultima lo scaccia, perché anche la stregoneria dell’arretratezza sta cedendo il campo all’avvento dei nuovi tempi. Ne è portatore Nadir, figlio di un italiano e di un’africana, scacciato con la famiglia dalla Libia alla presa del potere di Gheddafi, con il golpe del 1970.
L’uomo lavora con Caterina al maglificio e non tarda ad ammaliarla in termini più efficaci di un filtro preparato dalla magara. È l’inquietudine della donna che sfocia nell’impennata dei sensi e nella voglia di ribellione. Con uno straordinario taglio nella cronologia della trama, Dora Albanese narra tutto questo soltanto dopo che Caterina è fuggita di casa, abbandonando figli, marito e madre per diventare un’eco a perdere del suo nome gridato da tutte le strade di Muggera e campeggiante sulle fotocopie del suo ritratto, affisso dovunque per ritrovarla.
Nella ricostruzione dell’involarsi di Caterina c’è tutto quanto di lei fino ad allora si vedeva dall’esterno. Ora la si sente appieno nella sua età definita “catastrofica”, perché tutto vi può ancora verificarsi.
Infatti la tempesta sensuale consumata insieme a Nadir non esaurisce per lei un desiderio che travalica quello del corpo. Caterina vuole ben altro che attraversare la fiumara della scordanza che fluisce poco lontano da Muggera. Le vecchie credono che se la sarta non prende bene per loro le misure dell’abito da morte, da spiriti saranno incapaci di superarlo e rimarranno prigioniere. Caterina quel ruscello se lo lascia alle spalle da viva, quando nell’ultimo terzo del libro si scoprirà che di lei c’è ancora tutto da leggere. Tanto che La scordanza si apre a nuovi orizzonti, che sono quelli del presente e smentiscono ogni convinzione di trovarsi dinanzi a uno scorcio epocale.
Dora Albanese è una giovane scrittrice che parte dalle radici per salire lungo l’arco della storia nazionale di questo trapasso di secolo, ossia di millennio. Lei che è generazionalmente una millennial, come si definiscono quelli nati dagli anni Ottanta a oggi. Quindi La scordanza serve a ribadire l’antropologia lucana al farsi e al disfarsi delle cose in un’Italia che deve al sud la sua vera essenza di nazione ancora in fase di formazione, come un romanzo suddetto.

 

Dora Albanese, La scordanza (Rizzoli, pp. 238, Euro 19,00)

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